Nomine Ue, affondo di Sapelli: "Meloni non tocca palla. Draghi senza capacità"

L’economista e docente universitario Giulio Sapelli: “Nomine Ue, Von der Leyen bis sicuro. L’Italia? Siamo nani, dobbiamo tornare vassalli”. L'intervista

di Stefano Marrone
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Politica

Nomine Ue, l’affondo di Sapelli: “Meloni non toccherà palla, Draghi? Non ha capacità

Dopo la prima cena informale tra i 27 leader europei nell’Ue regna lo stallo sulle nomine della nuova legislatura. Le trattative stanno entrando nel vivo, ma trapela il caos. Giulio Sapelli - già docente di Storia economica e Politica all’Università di Milano, tra i massimi esperti di economia e affari internazionali, nonché “quasi premier” nel 2018 dopo essere finito sul taccuino dei "papabili" di Di Maio e Salvini - interpellato da Affaritaliani.it, ha espresso senza giri di parole il proprio giudizio sulla situazione caotica della massima istituzione europea.

Professor Sapelli, tra ottimismo e stallo, dove sta andando l’Unione europea?

Sta andando dove era prima, ma senza più un focus. L’Ue è un po’ come Gae Aulenti a Milano, un grattacielo vuoto. Mancano una Costituzione e un regolamento condiviso. Nel frattempo, si stanno provando a costruire i piani alti con le nomine dei vertici, ma i piani intermedi che sono Francia e Germania stanno crollando. La Francia è paralizzata, con i gollisti – che rappresentano l’esercito e la burocrazia – che hanno fatto la scelta divisiva di legarsi all’estrema destra. La Germania con le sue sanzioni alla Russia sta trascinando l’intero continente – Italia compresa – nella crisi economica.

L’unica certezza al momento sembra la riconferma di Ursula von der Leyen?

Non c’è alcun dubbio, sarà sicuramente riconfermata. I liberali hanno già dato l’assenso al secondo mandato. Una decisione che mette fuori gioco i conservatori, con Giorgia Meloni che non toccherà palla sulla questione. Von der Leyen conferma la regola che in Europa nelle posizioni apicali si piazzano dei signori e delle signore nessuno. La tedesca è un’erede, figlia d’arte di Ernst Albrecht, un intellettuale che ha contribuito alla nascita dell’Unione. Segue le orme del padre, in modo minore. Come quasi tutti i quadri della burocrazia europea. Anche a Bruxelles si è innescato un processo all’italiana: come i barbieri, ereditano l’attività.

Tra tutti i nomi dei papabili non ne è stato fatto uno: quello di Mario Draghi

In Europa lo conoscono già, sanno che non sa fare nulla. Intendiamoci, il professor Draghi è un uomo per bene. Una persona integra, senza scheletri nell’armadio, ma che non ha capacità. Un uomo cresciuto in Bankitalia, dove si mettono in 50 per fare un rapporto. La sua candidatura è un’invenzione dei mass media americani. Draghi ha avuto un grande ruolo nel salvarci dall’austerità tedesca, anche se dirigendo una macchina già fatta. Le uscite pubbliche che ha fatto dopo Palazzo Chigi, però, hanno mostrato la sua debolezza politica.

Cosa dovrebbe fare l’Ue per uscire dallo stallo?

Potrebbe fare molto. Per cominciare, cercare di opporsi alla strategia sulla guerra per procura in Ucraina. Bisogna negoziare, tutti devono cedere qualcosa. L'Ucraina è russa, basta leggere Taras Bulba, il racconto di Gogol, scrittore ucraino ma di lingua russa. La Crimea è stata regalata da Kruscev ubriaco negli anni Sessanta, poi i russi hanno rotto il diritto internazionale. Ma bisogna tornare a studiare la storia, smettendo con la geopolitica.

E l’Italia: può tornare ad avere un ruolo di spicco in Europa?

Sì, se torna a essere un buon vassallo. Al momento siamo nani, completamente schiacciati al volere degli Stati Uniti. Dobbiamo tornare a essere mediatori. Lo abbiamo fatto durante la Guerra fredda coi russi (quando abbiamo costruito Togliattigrad) e con gli arabi. Ma per ora siamo nani, speriamo di tornare vassalli.