Ucraina e piano di difesa comune, l'importanza di Fitto alla Commissione Ue (che fa da sponda a Meloni)

Per Meloni avere una sponda come Fitto alla coesione e alla vicepresidenza esecutiva diventa un’arma in più da usare al tavolo diplomatico europeo... Il commento

di Vincenzo Caccioppoli

Raffaele Fitto

Politica

Ue, l'importanza di avere Fitto alla Commissione 

Nel Consiglio europeo straordinario tenutosi ieri a Bruxelles, per parlare di difesa europea, c’era molta attesa per quello che avrebbe detto e fatto Giorgia Meloni. Sulla difesa europea e sul come sostenerla, infatti, sia nella maggioranza che nelle opposizioni, esistono alcune evidenti divergenze di opinioni. La premier italiana, come suo solito, ha saputo destreggiarsi molto bene sul tavolo della diplomazia europea.

Ha evidentemente appoggiato il piano “Riarm Europe”, che vorrebbe destinare 800 miliardi di euro alla difesa europea, cosa a cui assai difficilmente avrebbe potuto opporsi, ma, allo stesso tempo., ha chiesto precise garanzie sulle modalità di spesa da destinare alla difesa. La prima di queste, non poteva che essere quella, concordata con il ministro Giorgetti, di stabilire che le spese fossero scorporate dal patto di stabilità (almeno per un certo periodo tempo, su cui presto probabilmente si aprirà un'altra discussione). È innegabile, infatti, che un paese indebitato come il nostro, non può certo nemmeno immaginare di spendere ulteriori miliardi di euro in difesa, appesantendo le già traballanti finanze pubbliche con la scure degli assurdi vincoli di bilancio imposti dalla Ue.

Su questo punto sembra che la premier abbia trovato in Merz, il cancelliere tedesco in pectore, un insperato alleato. E questo è un particolare che a Palazzo Chigi è stato visto con un cauto ottimismo, perché questo vorrebbe poter dire che, in futuro, si possa lavorare anche ad un allentamento degli stessi vincoli di bilancio, per altri investimenti. Il secondo punto, invece su cui la premier ha preteso garanzie, è stato quello di chiedere che i fondi di coesione non fosse spesi in armi, o almeno che questo possa essere una scelta volontaria di ogni singolo paese. E non si tratta di un argomento di poco conto, dal momento che i fondi di coesione sono un importante leva per aiutare il mezzogiorno d’Italia. I fondi di coesione resteranno vincolati agli obiettivi, per cui sono stati fissati, ovvero la competitività, la creazione di posti di lavoro, lo sviluppo sostenibile e la crescita economica, ma i Paesi che ne avranno più esigenza – ad esempio quelli al confine con la Russia – potranno attingervi per la difesa. Ad ogni modo, non sarà il caso dell'Italia.

"Noi non possiamo impedire che altri la facciano, soprattutto Nazioni più esposte, ma per quello che mi riguarda proporrò al Parlamento di chiarire fin da subito che l'Italia non intende dirottare fondi di coesione sull'acquisto di armi", ha dichiarato.  "Sarà una decisione che prenderemo insieme al Parlamento e sarà una proposta che porterò avanti", ha aggiunto. Stranamente sul punto anche la segretaria del pd Schlein si è trovata concorde con la premier. Anche se sulla tema della difesa, la Schlein, durante la consueta assise dei socialisti europei a Bruxelles, prima del Consiglio europeo, si è trovata isolata e spiazzata. I socialisti europei, infatti, si sono schierati, a cominciare proprio da Pedro Sanchez (una sorta di icona per la segretaria Pd), compattamente a favore del piano di riarmo della Von der Leyen.

La segretaria Pd invece nel suo stentato tentativo di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, è rimasta sostanzialmente  isolata, nel portare avanti la sua bislacca tesi di sostanziale contrarietà al piano ( anche se ha ribadito la necessità di riarmarsi per la difesa comune), Isolata non solo perché ha parlato di fronte ad un aula ormai quasi deserta, dal momento che i big, come per esempio Sanchez e il presidente del Consiglio europeo, Costa erano già andati via da un pezzo, ma anche perché ha suscitato sorpresa e malumori, anche all’ interno della sua stessa delegazione di partito a Bruxelles. La più netta è stata la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, che già in passato aveva avuto screzi con la Schlein: «La linea Pse è inequivocabile: il piano è l'atto iniziale della Difesa comune Ue». Persino il capogruppo Pd a Bruxelles, Nicola Zingaretti, spiega che il piano deve essere «più ambizioso», ma certo non respinto come dice Elly. Ecco allora che per la premier anche su un tema così delicato come quello del riarmo, ancora una volta sembra aver rimarcato le sostanziali differenze di leadership rispetto alla leader dell'opposizione.

La stessa leadership che le ha permesso di portare a casa un successo, che anche in questo frangente, mostra tutta la sua importanza. Stiamo parlando della nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della Ue, e commissario proprio alla coesione. Una scelta, quella della delega sulla coesione, che da sinistra era stata giudicata allora come riduttiva e poco gratificante, e che invece sta mostrando, adesso, tutta la sua importanza a livello di equilibri europei.

Fitto, che da molti a Bruxelles, viene considerato il più vicino e ascoltato tra i sei vice dalla presidente Von der Leyen (che d’altra parte non hai mai nascosto la grande stima che nutre per il politico di Maglie)il più importante vicepresidente della Ue, considerando come le nuove regole sul Green deal, abbiano messo la Ribeira in una posizione ormai marginale, mentre il francese Stephane Sejourne, paga la debolezza di Macron e la sua inesperienza nei difficili tavoli diplomatici europei.

Ambito in cui invece Fitto è un maestro e il suo lavoro in questi primi mesi lo sta ampiamente dimostrando. Ieri in Italia in visita ufficiale, il vicepresidente esecutivo dopo l’incontro con i rappresentanti delle Regioni è stato chiarissimo sul punto dell’uso della coesione per la difesa  “Il piano europeo ha diverse fonti di finanziamento, un'opportunità che viene data agli Stati membri è quella di utilizzare anche le risorse della coesione in questa direzione, ma è una scelta volontaria dello Stato membro e come è evidente questo aspetto riguarda diversi Stati che hanno diverse esigenze, i Paesi del Nord e dell’Est Europa hanno priorità diverse rispetto a quelli del Sud. Mi sembra fuorviante costruire una polemica su questo, è una esigenza che c’è e ci sono Stati che la vogliono e la possono utilizzare”.

Ecco allora che per Giorgia Meloni avere una sponda come Fitto alla coesione e alla vicepresidenza esecutiva, diventa un’arma in più da usare al tavolo diplomatico europeo, come ampiamente visto durante il consiglio straordinario di giovedì. Ma questo evidentemente fa parte di quella strategia concordata in estate e portata avanti con maestria per arrivare al risultato di avere uno dei suoi uomini più fidati e migliori, a controllare le leve più importanti del potere della commissione, soprattutto per quanto riguarda gli interessi del nostro paese, che spesso sono stati messi in secondo piano, rispetto a quelli di francesi e tedeschi.

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