Ue, SURE permanente e strutturale per il rilancio post pandemia
Il momento decisivo in Europa
SURE è stato il seme che ha permesso il germogliare del piano più ambizioso che sia mai stato concepito finora dopo il Piano Marshall
Di Daniela Rondinelli, Deputata Europea M5S
È passato appena un anno dall’acceso dibattito politico, stile calcistico: MES “sì”, MES “no”.
In quell’occasione la miope ideologia sovranista del leader della Lega, Matteo Salvini, dipingeva l’Unione europea come “una matrigna pronta a strozzare l’Italia”, con una martellante campagna social sul rischio, infondato, di aderire al nuovo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in emergenza (SURE).
Allora come oggi, Salvini è stato costretto a scontrarsi con Giancarlo Giorgetti, anima moderata della Lega e di un centrodestra in cui anche con Meloni si preferisce dialogare con il premier ungherese Viktor Orbàn e il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki per la costruzione di un asse sovranista europeo sprezzante verso l’Unione e soprattutto verso il processo di rinnovamento iniziato con i lavori della Conferenza sul Futuro dell’Europa.
SURE si è dimostrato una certezza salvaguardando il futuro di milioni di lavoratori e di aziende. La Commissione europea nel rapporto “Un anno di SURE” ha pubblicato dati incontrovertibili.
Un lavoratore europeo su quattro ha beneficiato di SURE. Un numero enorme pari a 31 milioni di occupati, di cui 22,5 milioni di dipendenti e 8,5 milioni di autonomi.
Con questo strumento, siamo riusciti a proteggere un milione e mezzo di posti di lavoro e sostenuto 2,5 milioni di aziende, la gran parte piccole e medie imprese.
Abbiamo di fatto scongiurato un collasso economico e sociale che mesi di lunghe restrizioni e limitazioni avrebbero potuto causare al Paese e all’Unione europea.
Proprio l’Italia, che ha ricevuto in totale 27,4 miliardi di euro di prestiti agevolati dalla Commissione europea, è riuscita a ottenere un cospicuo risparmio di risorse pubbliche, a oggi pari a circa 4 miliardi di euro di interessi, ma anche a scongiurare una lotta fratricida con altri Stati Membri per collocare sul mercato nuovi titoli di debito pubblico che avrebbe solo accresciuto lo spread e i tassi d’interesse.
Dobbiamo essere orgogliosi che l’Unione europea abbia compiuto un passo in avanti ed abbia optato con coraggio per una politica solidaristica che - per la prima volta in tempo di crisi e dopo vent’anni di sola stabilità macroeconomica e rigore di bilancio – ha deciso di mettere al centro la dimensione sociale. Rifiutando di aggrapparsi all’austerità che ha generato disastri ancora oggi evidenti e di cui il MES ne rappresenta uno strumento.
Ricordiamo ai sovranisti d’Italia e d’Europa che la condivisione del debito pubblico per arginare gli effetti della pandemia, iniziata proprio grazie allo SURE, rappresenta la carta vincente per la ripresa post Covid.
Questo strumento, che considero una delle grandi intuizioni della “Nuova Europa”, è stato il seme che ha permesso il germogliare del piano più ambizioso che sia mai stato concepito finora dopo il Piano Marshall.
Delle risorse del Next Generation Eu beneficeranno tutti i Paesi membri e tutti i governi, compresi quelli sovranisti che vedono l’Europa come una minaccia alla identità nazionale ma anche una “mucca da mungere”, all’occorrenza.
SURE ha generato fiducia. L’Europa ha dimostrato di potere di essere pronta a non lasciar spazio agli egoismi e di rafforzare le politiche sociali per favorire tutti i cittadini europei.
Non siamo ancora del tutto usciti dalla pandemia. SURE, che resta per il momento una misura emergenziale, dovrà essere finanziata fino a quando non avremo sconfitto la pandemia sanitaria e sociale.
Ma non basterà. SURE deve potere diventare uno strumento permanente e strutturato. Deve potere diventare un ingranaggio in più per la crescita e il benessere dell’Europa.
La Commissione europea ha stimato che 16 Stati su 19 hanno già speso gli interi importi erogati o hanno programmato la spesa delle risorse ottenute. Una cifra pari a 94 miliardi di euro sui 100 disponibili. Inoltre, sei Stati beneficiari hanno chiesto un sostegno supplementare e integrativo.
Il dato più significativo riguarda il confronto con il 2008, quando la crisi economico-finanziaria aveva avuto sì un minor impatto sul Prodotto Interno Lordo, ma aveva generato una fortissima disoccupazione pari quasi il 3 per cento. Con SURE, nel 2020 la riduzione dei posti di lavoro è stata dello 0,2 per cento.
Le forze europeiste che hanno riportato la vittoria sul MES, devono farsi trovare pronte per scrivere una nuova pagina in cui gli strumenti sociali, a partire da SURE, siano concepiti come progresso.
Che l’eccezione dunque diventi la regola. Perché per lasciarsi alle spalle questa crisi abbiamo bisogno di tutte le forze. Di tempo e soprattutto di visione politica e di un profondo cambiamento all’interno dell’Unione europea.