"Una fetta della Magistratura vuole far cadere il governo". Intervista-bomba

"Dopo le parole di Crosetto è arrivata la decisione su Delmastro"

Di Alberto Maggi
(foto Lapresse)
Politica

"Azioni delle toghe contro la maggioranza prima delle Europee". Nel mirino dei pm, tra gli altri, proprio il sottosegretario alla Cultura Sgarbi

 

Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro rinviato a giudizio, allora aveva ragione il ministro Guido Crosetto? "No, Crosetto faceva riferimento ad altro. Il caso Delmastro è diverso, il pm aveva chiesto l'archiviazione e il Gip ha deciso di procedere comunque con il rinvio a giudizio. Si tratta certamente di una anomalia", risponde ad Affaritaliani.it il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi. Che aggiunge: "Anche se sono due cose diverse, la conseguenza logica fa pensare che dopo le parole di Crosetto sia arrivata la decisione su Delmastro".

Alla domanda se una parte della Magistratura voglia colpire il governo Meloni per farlo cadere, Sgarbi risponde: "Non c'è il minimo dubbio che sia così, è una volontà che esiste da sempre quando governa il Centrodestra. Gli atti vengono interpretati in un determinato modo come nel caso Delmastro, ma comunque è un processo inutile che finirà nel nulla".

E infine, da qui alle Europee del 9 giugno 2024 si aspetta azioni della Magistratura nei confronti di Fratelli d'Italia o in generale di tutta la maggioranza di governo? "Sì, certo. Non solo su Fratelli d'Italia ma sull'intera maggioranza. I magistrati non si muovono per arbitrio ma su carte che possono essere interpretate in un determinato modo e quello che potrebbe essere archiviato non sempre  lo sarà, proprio per non agevolare  il governo e la maggioranza di Centrodestra", conclude il sottosegretario alla Cultura.

I "CASI" GIUDIZIARI CHE AGITANO LA MAGGIORANZA

Quello del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro non è l'unico caso giudiziario che coinvolge gli esponenti del governo: i fronti aperti riguardano, direttamente, la ministra del Turismo Daniela Santanchè e il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, entrambi indagati, e indirettamente il presidente del Senato Ignazio La Russa, sfiorato dall'inchiesta in cui suo figlio, il più piccolo, è accusato con un amico di violenza sessuale.

I guai per Daniela Santanchè arrivano da Milano. Da un anno è sotto indagine per la gestione di Visibilia, il gruppo che ha fondato, e in cui ha detenuto quote e cariche fino al febbraio 2022. La senatrice di Fratelli d'Italia risponde con altri ex amministratori di false comunicazioni sociali, mentre le accuse di bancarotta sono in sostanza decadute dopo la revoca delle richieste di fallimento da parte della Procura delle società che compongono il gruppo stesso e il ricorso alla composizione negoziata. Mentre si è in attesa della chiusura dell'inchiesta, i pm milanesi hanno aperto altri fascicoli, al momento ancora contro ignoti, che lambiscono l'esponente di Fratelli d'Italia: oltre a quello su Ki Group-Bioera, il gioiello del bio da lei creato, ci sono una presunta truffa ai danni dello stato in relazione al ricorso, da parte di Visibilia Editore, della cassa integrazione a zero ore nel periodo del covid per alcuni dipendenti, e un filone del caso Negma, fondo con base negli Emirati e alle British Virgin Islands.

Sempre la magistratura di Milano ha istruito una inchiesta in cui Leonardo Apache La Russa e un suo amico, Tommy Gilardoni, sono accusati di violenza sessuale in seguito alla denuncia di una ex compagna di scuola del figlio della seconda carica più alta dello Stato. Gli accertamenti stanno arrivando alle battute finali, dopo di che i pubblici ministeri tireranno le somme. A meno che non sia necessario chiedere un'autorizzazione a procedere al Senato per alcuni approfondimenti istruttori.

Infine proprio Sgarbi. Rischia il processo per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte in quanto, ipotizza la Procura di Roma nell'indagine chiusa lo scorso 22 novembre, nel 2020 avrebbe acquistato un dipinto all'asta facendo figurare la fidanzata come acquirente e con denaro di una terza persona. L'intento, secondo l'accusa, sarebbe stato mettere l'opera al riparo da eventuali aggressioni da parte del Fisco con cui il politico e critico d'arte ha un debito per un totale di circa 715mila euro.

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