Fitto all'Ue slitta, poltrona di Santanché a rischio. Governo, sostituzioni chirurgiche e diluite nel tempo

Così Meloni vuole evitare un ritorno alle Camere e il rimpasto. Il piano della premier. Esclusivo

Di Alberto Maggi

Raffaele Fitto e Giorgia Meloni

Politica

Ursula bis slitta al 1/12. Le ultime da “Radio Bruxelles”


Si allunga la partita della nuova Commissione europea. La Conferenza dei capigruppo dell’Europarlamento ha infatti ufficializzato ieri che le tanto temute audizioni dei candidati commissari davanti alle commissioni parlamentari si terranno soltanto agli inizi di novembre (dal 4 al 12), con conseguente slittamento del voto finale in plenaria a fine mese ed entrata in funzione del nuovo esecutivo comunitario dal 1° dicembre.

Una scelta non gradita da Ursula Von der Leyen, che avrebbe voluto avere la sua squadra operativa da subito, ma che ha ragioni più tecniche e di calendario che non politiche. E così, mentre nei giorni a cavallo del 5 novembre gli occhi del mondo saranno puntate sulle elezioni americane, a Bruxelles si consumerà il rito degli esami ai commissari. “Radio Bruxelles” vocifera che due o tre tra i 26 proposti potrebbero davvero rischiare. Tra questi a sorpresa non ci sarebbe il Commissario ungherese Oliver Varhely, confermato da Viktor Orbán e indicato da Ursula al delicato tema della salute. Un’eventuale bocciatura di Varhely porterebbe Orbán a una reazione imponderabile, sicuramente a prendersi tutto il tempo necessario per indicare un sostituto, ritardando ulteriormente l’entrata in funzione della squadra di Ursula. 

E tra quelli a rischio non ci dovrebbe essere nemmeno Raffaele Fitto, sul cui nome filtra ottimismo e che ieri ha addirittura incassato un inaspettato endorsement dal coordinatore francese del gruppo The Left (estrema sinistra, lo stesso della Salis per capirci) in commissione sviluppo regionale, quella incaricata di esaminare il luogotenente meloniano. E in fondo i veti incrociati sono la caratteristica principale di questo passaggio europeo: nonostante i toni dei giorni scorsi, tutti sanno - a destra come a sinistra - di essere indispensabili gli uni agli altri. La procedura di conferma dei Commissari dopo le audizioni prevede infatti che sia necessaria una maggioranza dei due terzi, non raggiungibile dai Conservatori o dai Popolari senza i voti socialisti; e non raggiungibili dalla sinistra senza i voti di Weber e Meloni. Simul stabunt, simul cadent, avrebbero detto i latini.

E così anche il destino di  Fitto viene rinviato di qualche settimana, che il navigato politico salentino utilizzerà per continuare a ripassare i complicati dossier della politica di coesione e per comporre il suo gabinetto, anche con gli opportuni inserimenti di funzionari indicati da altri Paesi europei. E in fondo questo rinvio non dispiace nemmeno a Giorgia Meloni. La premier in queste ore è ovviamente affaccendata sulla guerra in Medio Oriente. Sa che nei prossimi giorni però potrebbe arrivare il rinvio a giudizio di Daniela Santanché che la porrebbe di fronte al bivio se chiedere alla sua ministra del Turismo il passo indietro oppure no. 

In questo quadro, già appesantito dall’affaire Boccia-Sangiuliano, Meloni è ben felice che la sostituzione di Fitto al ministero slitti di qualche settimana. Meloni sa che in caso di rimpasto sostanzioso il presidente Mattarella potrebbe richiedere un passaggio alle Camere e la nascita di un nuovo governo, nel bel mezzo della discussione sulla Legge di Bilancio. Un incastro complicato che Meloni vuole assolutamente scongiurare e quindi meglio per tutti procedere a sostituzioni chirurgiche e diluite nel tempo. Così sarà quella di Fitto, forse lo stesso sarà - qualche tempo prima - per Santanché. Intanto nel partito della premier avanzano le autocandidature, tra legittime aspirazioni e paura di bruciarsi. È la “sindrome del rimpasto” che appassiona i peones e i maggiorenti dei partiti ma che - assicura chi la conosce bene - non appassiona affatto Meloni cui, come sempre, spetterà l’ultima parola.




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