Vertice africano, pur di menare su Meloni i media calpestano anche Mattei

Il Piano africano ha basi concrete e numeri certi, ma i media trasformano un successo in un flop

di Salvatore Passaro
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Politica

Successo diplomatico, Flop mediatico

La differenza fra opinioni e fatti di solito sta nella trasparenza dei dati. Invece in politica un fatto diventa un fattoide cioè un racconto comunque e sempre opinabile. Anche quando ci sono delle evidenti analisi extrapolitiche e/o geopolitiche, la lotta che ogni secondo si consuma in questo paese trascura l'evidenza dei fatti.

Nel recente vertice di Roma che ha visto coinvolti l'Italia e numerosi stati africani abbiamo assistito a una dimostrazione di diplomazia efficace, che ha però dovuto fare i conti con un'accoglienza mediatica meno che favorevole. Mentre la presenza significativa e la portata degli accordi sottolineano un successo diplomatico, il racconto mediatico pare averne offuscato la luce.

Eppure, le presenze e la loro magnitudo giustificano la qualità della iniziativa che convince la diplomazia. Nell'aula del Senato presenti tutti i paesi coinvolti ai massimi livelli si sono aggiunti i più alti vertici di rappresentanza dell'Unione Europea e il sostegno di figure di spicco mondiale come Bill Gates venuto personalmente a Roma nei giorni precedenti il vertice a parlare proprio del programma Italiano. Questo non solo legittima l'operato e l'iniziativa del governo italiano ma dimostra anche la serietà e l'impegno con cui gli accordi sono stati perseguiti e raggiunti.

Il programma ha basi concrete e numeri certi: Italia, UAE e Saudi Arabia si impegnano con quasi 400 milioni di dollari di prima dotazione. E si firma l'impegno con i due paesi arabi, cioè con i padri finanziari putativi di quella parte di Africa. Ergo: il presidente Meloni posiziona l'Italia su un piano di nuova presenza in Africa, la UE incoraggia e sostiene la nuova posizione, gli alleati UAE e Saudi Arabia dimostrano l’appoggio importante delle potenze collaterali di area.

La Francia, ostica vicina soprattutto in Africa, per il momento si accoda e lancia una velina delle sue: "La presenza del presidente nigeriano a Parigi". Che non c'entra nulla col vertice perché non fa parte del gruppo di paesi coinvolti e quindi non doveva essere presente. Ma questo, si dice, incrinerebbe i rapporti col paese africano. Non è vero, la recente vittoria del nuovo schieramento in Nigeria ha consolidato i rapporti con l'ENI.

Nonostante il successo sostanziale dunque la narrazione mediatica sembra aver preso una direzione differente. Organi di stampa come "Repubblica" fanno il loro mestiere di oppositori a oltranza, e lo fanno bene spostando la luce dei riflettori verso una visione che mina l'azione del governo, presentando titoli contro su articoli neutrali, sfiorando il confine della disinformazione, creando una differente 'percezione' del fatto ossia una nuova verità 'percepita'.

Per esempio, prendiamo il modo in cui sono state presentate le critiche dai partecipanti: non siamo stati coinvolti. Sarebbe calato il gelo. Sarebbe stata la sconfessione totale del piano a leggere alcuni articoli. Niente di più falso. E' un'esegesi sbagliata e non corrispondente al vero e per farlo si deve leggere la dichiarazione testuale e contestuale, e poi tradurla in termini diplomatici: "Prima di tutto siamo qui, quindi approviamo il piano. Non possiamo dirvi grazie con cappello in mano, lo facciamo nel codice della diplomazia internazionale in fatto di aiuti e cioè con la dovuta 'soffusa' umiltà ma senza umiliazione. Quindi come da prassi chiediamo un maggiore coinvolgimento e libertà assoluta di schieramenti interazionali”. Insomma, il minimo sindacale del protocollo e del tutto in linea con la necessaria diplomazia che un paese deve tener di fronte a chi gli offre un aiuto e quindi denaro. Libertà e dignità perlomeno di prammatica.

O ancora: con l'Africa basta trovare qualche riferimento colonialista in un governo di destra che si pensa nostalgico, sollecitare l'universo sensoriale dell'impero mussoliniano e il gioco è fatto: i paesi africani si sentirebbero offesi per il nome colonialista di Mattei dato al piano. Pare quasi una boutade. Cosa aveva di colonialista la figura di Mattei?

Semmai è vero il contrario. Mattei era contro lo strapotere delle due grandi potenze colonialiste del mondo, il Regno Unito e la Francia (con gli Stati Uniti sempre nella backdoor). Ed ha pagato con la vita per questo. Dal punto di vista simbolico Mattei rappresenta la ribellione italiana all'assoggettamento internazionale. Per i paesi africani il nome di Mattei dovrebbe evocare proprio un cambio di direzione, una libertà ottenuta dal non allineamento (rivendicata peraltro con forza nelle dichiarazioni degli stessi durante il vertice).

Invece questo vertice di Roma è un esempio lampante di come il dialogo e la collaborazione internazionali possano condurre a risultati tangibili per il nostro paese e come tale andrebbe vissuto e raccontato perché ha un valore extrapolitico.

Le ricadute elettorali interne sono sempre inesistenti, i propositi trascendono la politica partitica elettorale, rivestendo un'importanza strategica per il paese e per il suo posizionamento nel panorama internazionale a medio termine (ossia al di là delle urne). Tradotto: si muove il sistema del paese, va avanti li governo e seguono le aziende. Cioè l'economia. La mancanza di una comunicazione efficace, libera da interpretazioni distorte o tentativi di minimizzazione, è un deficit che rischia di sminuire i meriti ottenuti sul campo della diplomazia.

Qui si è inaugurata una politica fondamentale per gli equilibri dell'area nei prossimi anni. E lo ha fatto l'Italia in anticipo su tutti. Vuol dire moltissimo per chi sa leggere le mappe del Mediterraneo.

Servirebbe una comunicazione chiara e autentica che ne illustri i meriti. Serve una narrazione che non si trasformi in eco di polemiche, ma che sappia valorizzare gli sforzi e i risultati ottenuti. L'attuale compagine politica è chiamata a colmare questa lacuna informativa per garantire che i successi diplomatici dell'Italia siano pienamente riconosciuti e apprezzati sia a casa che all'estero.

Se non accade e se anzi dal punto di vista dei risultati non raggiunti si trasforma dunque in un flop (che non è una sconfitta, sia chiaro un flop è un risultato inferiore ai meriti) è perché servono strumenti, capacità e soggetti che lo sappiano fare senza trasformarsi in aedi o senza prestare il fianco all'accusa di esserlo.