"Vi spiego il piano centrista di Renzi. FI? Tajani è sotto il tacco di Meloni"

Intervista al capogruppo di Italia Viva al Senato Enrico Borghi

Di Alberto Maggi
Matteo Renzi Enrico Borghi
Politica

"Calenda, immaginando per se’ il ruolo degli azionisti del dopoguerra che avevano l’ambizione di guidare le forze popolari ritenendole immature per il governo, preferisce ritagliarsi un ruolo da Partito Repubblicano di la malfiana memoria"

 

"Il centro riformista cui pensiamo non è né la riedizione del galleggiamento doroteo della Prima Repubblica, ne’ la terza scelta dopo il nazionalismo di destra e il populismo radicale di sinistra. Per questo serve una forza politica che riprenda al tempo stesso il concetto dell’equilibrio e della maturità di governo unita ad un processo riformatore per sbloccare l’Italia dalle secche dove si è infilata". Lo afferma ad Affaritaliani.it Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva al Senato.

Il divorzio tra Italia Viva e Azione è ormai definitivo?
“Sul piano politico, le dichiarazioni ormai non si contano più e le scelte adottate da Azione sono precise. A fronte di una nostra proposta tesa a identificare le prossime europee come momento della sintesi di tutti i riformisti italiani, ha ritenuto di imboccare una strada diversa. Al di là delle stucchevoli ricostruzioni, o  degli aspetti personali, resta il punto politico. Noi riteniamo che si debba dare vita ad un centro riformista, aperto al contributo di molti. Calenda, immaginando per se’ il ruolo degli azionisti del dopoguerra che avevano l’ambizione di guidare le forze popolari ritenendole immature per il governo, preferisce ritagliarsi un ruolo da Partito Repubblicano di la malfiana memoria. Ma i tempi in cui i voti si pesano e non si contano sono finiti. In ogni caso, ne discuteremo certamente nei gruppi al rientro”.

Matteo Renzi ha un progetto centrista?
“Intendiamoci sul concetto. Il centro riformista cui pensiamo non è né la riedizione del galleggiamento doroteo della Prima Repubblica, ne’ la terza scelta dopo il nazionalismo di destra e il populismo radicale di sinistra. Per questo serve una forza politica che riprenda al tempo stesso il concetto dell’equilibrio e della maturità di governo unita ad un processo riformatore per sbloccare l’Italia dalle secche dove si è infilata. Legandoci ad un percorso politico e storico. Diceva il filosofo spagnolo Jose’ Ortega y Gasset che l’uomo non ha natura, ma solo storia. Se recuperiamo il senso della nostra dimensione storica,  ci accorgiamo che l’Italia è stata grande quando i migliori riformismi (quello cattolico popolare, quello liberal-democratico, quello socialista riformista) hanno cooperato fra loro. Oggi i riformisti sono frammentati dentro un quadro politico che però non è più quello della Seconda Repubblica. E se vogliamo avere una visione del futuro, dobbiamo recuperare la dimensione storica e ridare voce e ruolo alle culture politiche. In modo dinamico e innovativo, non stantio e ripetitivo. Questo è il percorso del centro riformista, per ridare una opportunità all’Italia. E a chi dice che siamo velleitari, rispondo che Blair, Obama, Clinton sono stati riformisti che governavano dal centro, come lo sono oggi Macron o Biden. E non ci arrendiamo all’idea che il futuro italiano sia solo tra gli epigoni cisalpini di Madame Le Pen o Jean Luc Melenchon”.

Italia Viva potrebbe dialogare con Forza Italia?
“Con loro dialoghiamo su molti temi, ad iniziare dalla giustizia, o in tema di politica estera, di difesa e sicurezza, e c’è accordo su diversi aspetti ma al dunque loro stanno con i sovranisti e sotto il loro tacco, come ha dimostrato l’incredibile patrimoniale imposta al mondo del credito per decreto, roba da Venezuela dì Chavez. In questo, si sta palesando in Tajani una leadership poco decisa nel distinguersi”.

Pensate di incrementare il numero di parlamentari e mettere in difficoltà il governo?
“Bisogna riflettere sul cambio del quadro politico. Non ci sono più centrodestra e centrosinistra, come negli anni della Seconda Repubblica, ma il bipolarismo oggi pretende di essere imperniato a destra su un nazionalismo sovranista in cui la gara è fra chi sta più a destra, e a sinistra su un populismo radicaleggiante innaffiato da massimalismo. I riformisti dei vari schieramenti sono silenziati e messi sotto scacco. Può durare una situazione simile? Noi pensiamo che nel Paese esista la domanda di una politica diversa rispetto a cui gioca a spararla sempre più alta, trascinando in ciò il Paese nella palude come si vedrà bene nella prossima legge dì bilancio. Una politica che, lungi dall’immobilismo o dai proclami, affronti il tema dell modernizzazione del Paese per costruire in ciò le ragioni di una maggiore giustizia sociale. Chi condivide questa lettura, e decide di non restare inerme alla finestra, trova in noi un interlocutore naturale in quell’ottica di apertura a cui facevo riferimento in precedenza”.

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