Virginia Raggi cerca di sfruttare il Gay Pride ma da Sindaca non se lo filava
“Virginia la furba” la si potrebbe chiamare ma non è certo una novità: ecco le tante giravolte della Raggi sui diritti civili
Virginia Raggi e il caso del gay Pride: ora fa la paladina ma da sindaca.... L'analisi
“Virginia la furba” la si potrebbe chiamare ma non è certo una novità che molte scelte della ex sindaca di Roma, Virginia Raggi, siano dettate unicamente da piccoli calcoli di bottega per lucrare il consenso del momento. È il caso del Gay Pride e, più in generale, della questione dei diritti civili della comunità Lbgtq+.
Infatti dal 2016 la Raggi non solo non aveva mai preso parte a qualche evento organizzato dai Lbgtq+ ma neppure si era mai filata il Gay Pride nella Capitale, provocando, a quel tempo, molte astiose polemiche.
Però qualche giorno fa la Raggi, quando la Regione Lazio tramite il suo governatore Francesco Rocca ha ritirato il sostegno alla manifestazione, ha subito sentito l’insopprimibile stimolo a solidarizzare con i manifestanti.
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Dunque l’ex sindaca si è fiondata al computer ed ha vergato un comunicato stampa insieme ai Cinque Stelle e alla sua lista Civica Raggi: “Aderiamo ed esprimiamo sostegno al Roma Pride 2023. Bisogna tutelare i diritti civili, contro ogni discriminazione e garantire sempre la libertà di manifestare ed esprimere il proprio pensiero. Sarà una giornata all’insegna della convivenza, inclusione e rispetto reciproco".
La Raggi non è certo nuova a questo tipo di comportamenti opportunisti, come cambiare improvvisamente idea quando le convenga, basti solo pensare alle vicende dello stadio della Roma ma questa volta la cosa ha veramente del clamoroso e così Luca Bergamo, ex vice – sindaco della Raggi ha replicato al quotidiano online RomaToday: "Di polemiche tra Raggi e la comunità Lgbtq+ ce ne sono state diverse anche pubbliche. Io avevo un buon rapporto con gli organizzatori del Pride e con la comunità, sono sempre andato anche dopo, quando non dovevo più indossare la fascia da Sindaco, ci ho sempre tenuto”.
Virginia –come riporta RomaToday- cominciò il 2 giugno 2016 quando ad un evento Lgbtq+ alle Tre Fontane organizzato dal Gay Village diede buca alla sua partecipazione pur essendo stata invitata in campagna elettorale al dibattito.
La comunità se la prese molto ma la Raggi fece finta di niente e così disertò anche alle altre edizioni successive del Gay Pride con la motivazione di “altro impegno istituzionale”, una motivazione che spesso si usa quando non si vuole fare qualcosa che potrebbe essere compromettente.
Nel 2018 ci furono molte polemiche perché la Sindaca mandò come al solito Bergamo ma l’attivista Imma Battaglia sbottò: "Non si è mai capito che posizione abbia la Sindaca e il M5S sui diritti Lgbtq+ -. Inoltre, ogni anno invito tutti gli esponenti del Movimento al Gay Village, anche questa volta, ma nessuno viene e nemmeno si degnano di una risposta".
Ma allora, il “Movimento” era al potere a livello nazionale con la Lega e c’era il governo giallo – verde; così la Raggi pensò bene di non generare problemi a Matteo Salvini e a Luigi Di Maio e quindi adottò la solita tecnica di fare finta di niente e di non filarsi nessuno facendo la scelta che più le conveniva.
Il 2018 fu anche l’anno in cui la Raggi non trascrisse l’atto di nascita di una bambina figlia di due mamme come invece la sua collega Chiara Appendino aveva fatto a Torino. Mentre nel 2016, quando c’era al governo Matteo Renzi, si precipitò a trascrivere la prima unione civile di una coppia omosessuale maschile e la Raggi così li salutò: "Benvenuti, vi vedo emozionatissimi e giustamente, è un momento importante. Nasce una nuova coppia e una nuova famiglia".
Un’altra giravolta perché evidentemente allora le conveniva essendoci la sinistra al governo. Neppure nel 2021 la Raggi partecipò al Roma Pride ma quella volta non le servì a nulla l’ennesima piroetta in campagna elettorale perché comunque i romani la punirono duramente per la sua gestione di Roma e la fecero classificare all’ultimo posto tra i candidati sindaci.