Migranti, Vannacci: "L’accoglienza incondizionata mina le nostre società"

Caos immigrazione, su Affaritaliani.it la ricetta del generale Roberto Vannacci

Di Alberto Maggi
Politica

"L’emergenza c’è, è inutile e irrealista negarlo"

 

Il tema dell'immigrazione e il caos sbarchi tengono banco quotidianamente nel dibattito politico e su tutti i media, con il governo in palese difficoltà e l'Unione europea (come sempre) del tutto assente. Affaritaliani.it ha chiesto un parere al generale Roberto Vannacci che risponde dettagliatamente e punto per punto alle domande sul tema caldissimo dei migranti prendendo spunto dal suo libro 'Il mondo al contrario', attualizzandolo e contestualizzandolo con quanto sta accadendo nelle ultime settimane in particolare a Lampedusa.

Come pensa si possa fermare l'ondata di sbarchi di migranti in Italia?
"L’elogio della società multiculturale e multietnica e l’ineluttabilità dei flussi migratori rientrano appieno tra questi filoni ideologici e rappresentano uno degli ambiti in cui il mondo ci appare veramente al contrario. Se i flussi migratori si indirizzano tutti verso l’Europa il motivo c’è! Non a caso sono stati denominati “flussi” impiegando un termine che descrive il comportamento dei fluidi. Come i liquidi, che scorrono sempre verso il basso, i disperati vanno laddove è più facile e conveniente andare, a prescindere dalle distanze. Se esiste un’Europa che per statuto si è imposta di accoglierli incondizionatamente a braccia aperte in nome dei diritti più disparati e di elargire loro gratuitamente ogni beneficio, non vi è dubbio che le correnti non si invertiranno mai. Fintanto che il Vecchio Continente rappresenterà l’Eldorado dove si vive, si mangia, si dorme, si è curati vestiti e nannati senza dover lavorare e dove si può delinquere senza alcuna conseguenza è chiaro che nulla cambierà".

La soluzione è la redistribuzione negli altri Paesi europei?
"Se, forse in buona fede e credendo realmente in una trasformazione democratica del mondo, ci siamo dati delle regole sull’accoglienza incondizionata che ora minano le nostre stesse società e culture e che impongono cambiamenti nel tessuto sociale che la nostra collettività non è pronta ad accettare, allora è l’ora di cambiarle queste regole. La regola del divieto di respingimento forse è da rivedere o da declinare in modo diverso altrimenti i flussi continueranno inarrestabili. L’onere della prova di essere sfuggito da una situazione che metteva in pericolo la propria vita forse dovrebbe essere invertito e risultare in capo al richiedente e non a chi lo potrebbe ospitare. La semplice “autocertificazione” di appartenere ad una delle categorie cosiddette “protette”, come gli omosessuali, le minoranze religiose, i perseguitati politici, non dovrebbe essere considerata sufficiente a spalancare le porte dell’Europa. Ma non prendiamo la migrazione come una fatalità alla quale ci dobbiamo arrendere, è una balla madornale! Non c’è nulla di inevitabile. Accadrà se noi vogliamo che accada. Siamo noi a deciderlo quanto questo fenomeno debba essere considerato una fatalità. Se abbiamo disegnato noi un assurdo costrutto normativo che rende il fenomeno migratorio inevitabile, allora sarebbe il momento di svegliarsi (...)".

Pensa che l'Unione europea debba fare di più per aiutare l'Italia?
"In tutto questo marasma la risposta dell’Europa a trazione socialista è quella di prenderceli noi i disperati, o meglio, che se li prendano amorevolmente le nazioni di primo ingresso perché ogni tentativo di rivedere il trattato di Dublino è tristemente ed altrettanto ovviamente naufragato. È chiaro che il problema non è ripartirli i disperati, ma non farli arrivare!. Il fallimento del modello multiculturale della società ha la sua responsabilità nella situazione che si è venuta a creare perché se quelli che entrano clandestinamente si sentono solo portatori di diritti e non percepiscono la necessità di adeguarsi ad un sistema di valori e di doveri dello Stato in cui approdano allora sì che sono percepiti come un pericolo e come una minaccia. Peraltro, un’elementare analisi dei numeri e dei dati ci indica che il futuro è tracciato: se non modificheremo le condizioni attuali, l’incredibile natalità dei paesi in via di sviluppo combinata con il benessere dei paesi sviluppati e con l’impossibilità di regolare i flussi applicando la normativa vigente ci lascia presagire che le pressioni migratorie continueranno a crescere inasprendo i disagi sociali e le disuguaglianze e favorendo l’estendersi dei baraccamenti e dei ghetti. È altrettanto chiaro che se vorremo mettere un freno a questa immigrazione incontrollata dei provvedimenti dovranno essere presi".

L'immigrazione clandestina con questi numeri è un pericolo per l'Italia?
"Dovremo fare in modo che la “pendenza” che spinge i flussi di disperati diminuisca e ciò si può realizzare agendo in due direzioni: facendo in modo che i vantaggi percepiti nel raggiungere l’Europa siano sempre inferiori, in modo da non stimolare le partenze ed incrementando il livello delle condizioni di vita nei paesi di origine, in modo da incoraggiare a restare. Se l’impianto normativo e legislativo attualmente in essere in materia di immigrazione e asilo non è adeguato a contrastare il fenomeno lo dovremo emendare sia a livello nazionale che in sede europea. È anche e soprattutto su questo tema, combinato con le questioni energetiche, con la transizione verde e con il patto di stabilità, che si giocheranno le prossime elezioni europee del 2024 che, a giudicare dalla spinta che tutti i partiti sovranisti e anti-immigrazione hanno avuto nelle nazioni del Vecchio Continente, rischiano di cambiare gli equilibri che attualmente vigono a Bruxelles. Perché l’emergenza immigrazione c’è, è inutile e irrealista negarlo. Basta fare un giro alla stazione Centrale di Milano o a Roma Termini per accorgersene; basta fare una gita a Ventimiglia e poi oltrepassare il confine e andare a Calais; basta soffermarsi nelle baraccopoli cresciute a dismisura nelle banlieues parigine o dare un’occhiata a quello che avviene negli edifici abbandonati di qualsiasi centro urbano. Purtroppo, la politica dell’incondizionata accettazione attuata sino ad ora va esattamente nella direzione opposta. Innanzitutto stimola il pull factor: se accettiamo tutti allora chiunque se la tenta. In secondo luogo impoverisce i paesi di origine privandoli delle risorse più preziose: quelle umane. Perché chi scappa sono innanzitutto i laureati, i professionisti, quelli che sanno fare qualcosa, che conoscono le lingue straniere o che, al limite, si danno da fare".

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