Riforma Csm, nessuna rivoluzione copernicana, ma...

Una panacea per un sistema-Giustizia malandato

Marta Cartabia e Valter Verini
Politica
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Riforma Csm, su Affaritaliani.it il testo della relazione in Aula di Walter Verini (relatore - Pd)


L'aula della Camera ha concluso la discussione sulle linee generali del testo di riforma del CSM e dell'ordinamento giudiziario. L'esame del provvedimento, secondo quanto previsto, riprenderà nella seduta di venerdì. Si ipotizza, tuttavia, che l'ordine del giorno dei lavori, nei prossimi giorni, potrà subire delle modifiche per favorire l'approvazione della riforma entro giovedì. Il ddl delega è infatti atteso in aula a Palazzo Madama per la prima settimana di maggio.

Su Affaritaliani.it il testo integrale della relazione presentata in Aula da Walter Verini, relatore della riforma, deputato e tesoriere nazionale Partito Democratico e membro Commissione Giustizia e Antimafia.

 


In poco più di un anno questo Parlamento ha approvato le Riforme del Processo Penale e Civile e ora vede in dirittura d’arrivo questa dell’Ordinamento Giudiziario e del Consiglio Superiore della Magistratura.

Tutte e tre - avviate con il precedente Governo - sono state completate (e in diverse parti sostanzialmente modificate) dal Parlamento e dall’attuale Governo e naturalmente dall’attuale Guardasigilli Marta Cartabia, dopo un lungo e faticoso lavoro di commissioni di studio, audizioni, confronti, riunioni di maggioranza, riunioni di Commissione, dibattiti pubblici che hanno visto e vedono tanti protagonisti, a partire dalle principali componenti della Giurisdizione: la Magistratura e l’Avvocatura.

Un lavoro complesso, nel quale si sono cercate e trovate sintesi tra posizioni molto diverse tra loro, tra punti di vista e di partenza molto distanti, a volte opposti.

Per questo - lo diciamo subito - non si tratta di una rivoluzione copernicana, di una panacea per un sistema-Giustizia malandato.

Ma si tratta di tre riforme di sistema, che questo Paese non conosceva da decenni.

Almeno da quando la Giustizia è stata usata come clava di un terreno di scontro politico.

La guerra dei trent’anni, è stato detto.

Ci sono, come si sa, idee diverse sulle ragioni di questa guerra.

Su come e perché da qualche parte si sia cercato di minare il principio costituzionale della separazione dei poteri, l’indipendenza della Magistratura.

Su come e perché pezzi della Magistratura abbiano reagito con invasivitá e invasioni di campo.

Su perché negli anni si siano fronteggiati - semplifichiamo così - da una parte una concezione della Giustizia populista e poco attenta al cardine della presunzione di innocenza e dall’altro un garantismo che di questa così nobile espressione aveva poco, essendo praticato a corrente alternata, quasi alla carta.

Ma non vogliamo, ovviamente, andare oltre su questi giudizi.

Le riforme approvate e quella che l’aula della Camera avvia a discutere oggi, infatti, vanno oltre questa guerra, cercano di guardare al futuro, provano a rendere più civile e moderna - più europea - la Giustizia italiana. E a queste aggiungerei anche il recepimento della Direttiva Europea sulla presunzione di innocenza, che offre maggiori garanzie, che cerca di frenare il grave fenomeno delle "gogne mediatiche".

Anche se nessuno può pensare che una libera e corretta informazione - libera e corretta - non sia un diritto fondamentale da tutelare.

Non sono riforme a favore o contro qualcuno: la scommessa è quella di un sistema giudiziario più rispettoso dei principi costituzionali, della durata ragionevole dei processi, delle garanzie per gli indagati, per gli imputati ma anche per le vittime dei reati ( di cui nei dibattiti pubblici si parla sempre poco).

La scommessa è anche quella, con la riforma di cui discutiamo, di aiutare la Magistratura a rinnovarsi, a ritrovare quella credibilitá e autorevolezza di cui essa stessa e il Paese hanno urgente bisogno.

Sono principi ed esigenze che il Presidente della Repubblica Mattarella ha sempre richiamato con forza in questi anni difficilissimi anche per la Magistratura, per il Consiglio Superiore, che ha affrontato vere e proprie tempeste anche grazie alla misura ed all’equilibrio del Vicepresidente Ermini.

E questi principi sono stati al centro del forte e applauditissimo discorso pronunciato dallo stesso Sergio Mattarella alle Camere riunite dopo la sua nuova elezione a Capo dello Stato.

Questa riforma, anche per questo, non è, non può essere contro la Magistratura.

Affermiamo questo mentre in contemporanea si sta tenendo una iniziativa della Associazione Nazionale Magistrati, di contestazione e opposizione a questa legge delega di riforma.

Noi rispettiamo davvero l’indipendenza della Magistratura, anche se ci auguriamo che non venga scelta la strada dello sciopero. Che rischierebbe, tra l’altro, di non essere compreso, oggi più che mai, dal Paese.

Non condividiamo toni e contenuti di un dissenso così radicale.

È vero, c’è stato e c’è in giro chi avrebbe voglia di assestare colpi all’indipendenza della Magistratura. Di “regolare” qualche conto e qualche scoria della guerra dei trent’anni.

Al di là delle volontà soggettiva di singoli parlamentari, questi rischi avrebbero potuto esserci se nella riforma fosse contenuto il sorteggio per i candidati.

Sarebbe stato come certificare: tiriamo a sorte, ogni magistrato vale come un altro, la Magistratura non è in grado di sapere scegliere i più adatti.

Ma questo nella riforma non c’è.

O se ci fosse stata la responsabilità civile diretta dei giudici, che potrebbe per molti rappresentare un limite serio all’esercizio dell’azione penale (e questo, naturalmente, non vuol dire sottovalutare e risarcire i frequenti casi di malagiustizia per dolo o colpa grave…).

Ma anche questo nella riforma non c’è .

C’era e c’è chi avrebbe voluto o vorrebbe azzerare il passaggio di funzioni in vista di una radicale separazione delle carriere.

Posizione legittima, di cui si discute da tempo. Per noi non condivisibile, perché la cultura della giurisdizione tutta ( esperienza requirente e giudicante) arricchisce e rende più completo il punto di vista di un magistrato.

Peraltro, non va dimenticato che negli ultimi anni i casi di passaggio di funzione sono stati poco più di trenta ogni anno, su oltre novemila magistrati. E gran parte di questi passaggi hanno riguardato giovani magistrati che avevano dovute accettare sedi di prima nomina disponibili e desideravano sedi meno disagiate o meno lontane dai propri legami familiari.

Questo per dire che si tratta di un tema di rilievo politico-culturale, di grande impatto mediatico, ma di limitata consistenza effettiva.

E comunque nella rifroma anche l’azzeramento non c’è e la soluzione trovata può rappresentare una sintesi accettabile per tutti.

Ci sono altre cose che sono state oggetto di durissime critiche ma, sinceramente, noi non le vediamo come rischi e pericoli, ma come opportunità, innovazioni.

Alcune delle principali innovazioni le vogliamo citare.

Ci sono norme che premieranno, nelle carriere, il merito, le performances, senza quegli automatismi che troppe volte hanno promosso magistrati che a valutazioni più attente avrebbero avuto esiti diversi.

In questo senso crediamo sia da guardare come stimolo utile anche la possibilità data all’Avvocatura ( all’Avvocatura, non ai singoli avvocati) di esprimere con il voto una valutazione dentro i Consigli Giudiziari.

Abbiamo fatto e sostenuto questa proposta perché non va guardata con timore, ma come un arricchimento dei punti di vista e della collaborazione tra le componenti fondamentali della Giurisdizione.

E l’Avvocatura, come è stato sottolineato, non è certo un ospite nella casa della Giustizia.

Lo stesso “fascicolo” ( che di fatto già esiste) rappresenta per noi uno stimolo a valutazioni sempre più fondate sulla professionalità, il rigore, le capacità organizzative, le performances.

Noi stessi, in riunioni preparatorie, abbiamo detto: “Guai al rischio di concepire il fascicolo come uno strumento di schedatura”, che rischierebbe - se fosse così, ma non è così- di burocratizzare i magistrati, di limitare l’esercizio dell’azione penale. Ma anche in questo caso, al di là delle polemiche, l’interpretazione che ne diamo è quella di stimolare sempre più il merito, le capacità, la responsabilità, l’interpretazione più efficace delle norme di legge.

Nessuna volontà punitiva, dunque, ma stimolo e contributo a svolgere sempre più anche questo ruolo fondamentale con onore e disciplina, capacità e dedizione, trasparenza e assoluto senso dello Stato.

Ma andiamo avanti.

Ci sono novità importanti per regolamentare meglio il rapporto tra Magistratura e impegno nella Politica e le Istituzioni.

Qui si è fatto giustamente prevalere il principio della imparzialità ( effettiva e percepita ) del magistrato, imparzialità che può venire messa in discussione da scelte elettorali politico-partitiche.

Si sono trovate soluzioni equilibrate, che distinguono i magistrati che si candidano nei diversi livelli istituzionali, che assumono ruoli politico-istituzionale.

Ma anche qui, senza far passare demonizzazioni inaccettabili ( del resto c’è anche stato chi ha fatto notare come in questo attuale Parlamento i magistrati eletti siano appena tre, a fronte, per esempio, di oltre centoquaranta avvocati, naturalmente candidati ed eletti con piena e assoluta legittimità e che danno un contributo importante ai lavori parlamentari).

Nessuna demonizzazione, dicevamo, distinguendo anche chi sceglie liberamente di esercitare ruoli e funzioni politiche da chi invece, fuori ruolo, svolge e svolgerà funzioni e compiti apicali e dirigenti - per un tempo limitato - nei Gabinetti, negli Uffici Amministrativi.

Del resto sono questi incarichi al servizio dello Stato e quindi della collettività e sarebbe stato sbagliato e non accettabile lasciar passare visioni anche involontariamente criminalizzanti nei confronti di questi magistrati. Altra cosa invece è, giustamente, sostenere come vada incentivata e rafforzata la presenza di tutte le culture della giurisdizione, e accademiche, nelle strutture di supporto ministeriali e dello Stato

Ma non c’è dubbio come i limiti contenuti alle cosiddette “porte girevoli” siano tra le innovazioni da citare.

E ancora, c’è da rilevare la novità del sistema elettorale che, pur riprendendo la formula del sorteggio dei collegi (già sperimentata oltre vent’anni fa) prova a individuare e sperimentare un sistema misto, tenendo più articolata la rappresentanza, aumentando il numero dei membri del CSM.

Ciò potrebbe contribuire a combattere non tanto le correnti come tali, quanto correnti che degenerano nel correntismo e nel carrierismo.

Qui vorrei esprimere anche una soddisfazione particolare per gli elementi normativi e regolamentari introdotti con lo scopo di garantire la parità di genere.

È pure questa una innovazione di grande valore, che potrá portare ad un CSM più ricco, più articolato, più rappresentativo dal punto di vista dei generi, con evidente salto di qualità e dì contemporaneità.

Non vanno sottovalutate, tra le novità, anche quelle che riguardano il funzionamento interno del Consiglio. Si è già detto per esempio dell’aumento del numero, che consentirà tra l’altro, di evitare la contemporanea presenza di consiglieri nella commissione che si occupa delle questioni disciplinari e in quella che si occupa degli incarichi direttivi e delle valutazioni di professionalità.

Più in generale anche il funzionamento del CSM potrá trarre beneficio da meccanismi di maggiore trasparenza, da criteri di merito e professionalità per le nomine e gli incarichi, dallo stop di nomine cosiddette “a pacchetto”.

A questo punto una cosa sentiamo di ribadirla: anche le migliori riforma e legge elettorale, di per sé, non garantirebbero quella necessaria autorigenerazione della Magistratura di cui il Paese ha bisogno.

Autorigenerazione, la stessa espressione usata, lo stesso invito rivolto più volte dal Capo dello Stato.

Ecco perché, lo diciamo con rispetto, ci aspetteremmo un atteggiamento più aperto e coraggioso dalle associazioni che rappresentano i magistrati italiani.

Che altro deve accadere per spingere a coraggiosi segni e gesti di rinnovamento e, appunto, autorigenerazione?

Indipendenza e autonomia, secondo noi, non possono in nessun modo coincidere con autoconservazione, pigrizie, mantenimento delle situazioni che hanno fatto perdere credibilità.

Il Paese, l’ordinamento hanno bisogno di una Magistratura che ritrovi il meglio delle sue tradizioni e del suo servizio. Il meglio dei tanti esempi che - pagando anche con la vita - hanno contribuito ieri o quelli che contribuiscono oggi a rendere l’Italia migliore, combattendo la attualissima e gravissima penetrazione delle mafie, la piaga attualissima e gravissima della corruzione, il terrorismo, e tanti altri gravissimi fenomeni che colpiscono il nostro Paese.

Ecco, questi sono per noi alcuni elementi qualificanti la riforma, le riforme. L'auspicio è che il Parlamento faccia presto e bene il suo lavoro, garantendo segnali innovativi per il Sistema Giustizia, eleggendo il nuovo Consiglio Superiore con le nuove regole, rispettando le scadenze del PNRR. Provando a scrivere, insomma, una pagina di futuro ancorata a quel caposaldo di ieri, ma ancora attualissimo oggi, che si chiama Costituzione della Repubblica.

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