Bari , l'imposizione del 'pallio' a Mons. Satriano e il privilegio troiano
L'imposizione del pallio all'Arcivescovo di Bari-Bitonto, Giuseppe Satriano, da parte del Nunzio Apostolico Emil Paul Tscherrig e il privilegio in serbo a Troia
Domenica 12 settembre, nella Cattedrale di Bari, l’arcivescovo Emil Paul Tscherrig, Nunzio Apostolico per l’Italia - nel corso di una solenne liturgia eucaristica - ha imposto "il pallio" sulle spalle dell’Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto, Mons. Giuseppe Satriano.
Si tratta di una stola: un piccolo paramento liturgico, prerogativa degli Arcivescovi Metropoliti. Una striscia di lana bianca posta sulle loro spalle, che rappresenta un grande simbolo: testimonianza della giurisdizione diretta e in comunione con il Santo Padre.
Pochi sanno che la Storia, in Puglia - a tal proposito - registra un caso particolare: "Il Pastore della Diocesi di Troia (oggi Diocesi di Lucera-Troia) dal 1189, quando vescovo era Gualtiero di Palena detto il Paleario, Cancelliere del Regno di Sicilia e membro del Consiglio di Reggenza durante la minorità di Federico II, gode del privilegio del “pallio”: sacro cimelio papale (conferito da papa Clemente III), di solito riservato alla nomina arcivescovile, simbolo tangibile di una relazione diretta del Vescovo con il Pontefice.
Un simbolo destinato a rendere evidente e duratura la scelta papale strategica e diplomatica di circa un secolo prima, come racconta Mons. Mario De Santis ne La “Civitas Troiana” e la sua Cattedrale - Centro Grafico Meridionale Foggia, 1986: 'La questione delle investiture, non ancora scoppiata in conflitto, concentrava già tutte le preoccupazioni della Chiesa. Non era possibile che al Papa sfuggisse la probabilità di un pericolo: dal momento che Roberto il Guiscardo intendeva fare del Vescovato di Troia uno dei pilastri del suo dominio sull’Alta Puglia, la scelta dei suoi Vescovi sarebbe stata in avvenire sottoposta a un’ipoteca laicale tanto più insidiosa quanto più i tempi si preannunciavano tremendi per la Chiesa Romana. Vicino ad Alessandro II vegliava, fremeva e pregava, pallido e severo, Ildebrando…(il futuro Papa Gregorio VII)”.
“Non conveniva, tuttavia, alla Santa Sede mettersi in contrasto col Guiscardo, proprio ora che essa intendeva impegnarlo come difensore della Chiesa. Occorreva una soluzione di compromesso che fronteggiasse il pericolo senza irritare la suscettibilità del Duca. E la soluzione fu trovata: Il Romano Pontefice riservava a sé, personalmente, la consacrazione del Vescovo di Troia.
Parve un privilegio di onore, e lo fu: come tale permane, sì che oggi ancora il Vescovo di Troia viene consacrato per ‘delegazione specialissima del Romano Pontefice’. Ma in realtà era un accorgimento di saggia politica ecclesiastica, il quale, senza sollevare una questione di principio che poteva degenerare in contesa, garantiva per via di fatto uno dei più gelosi diritti della Santa Sede.
Da questo privilegio derivò alla Sede Troiana il beneficio di avere, in quel periodo di così grave perturbazione ecclesiastica, una serie di Vescovi intemerati, fedelissimi alla cattedra di Pietro, sì che ad essi si guardò da Roma come ad uno dei più validi sostegni dell’autorità papale in terra di Puglia.
La Bolla di Alessandro II si colloca accanto al patto di dedizione della Città a Roberto il Guiscardo come il secondo dei due coefficienti della missione di equilibrio civile e religioso che veniva affidata ad essa. Quel giorno entro la cerchia delle sue mura Troia piantava accanto alla robusta quercia delle sue libertà riconsacrate l’argenteo virgulto dell’olivo'.
Lungo 2 metri e largo 6 centimetri, il “pallio” è una stola di lana bianca su cui sono applicate croci di seta, nera per gli arcivescovi e rossa per il Papa, e ornato con frange alle estremità. Ha un doppio valore simbolico: rappresenta il Buon Pastore che porta la pecorella sulle spalle, ma anche lo stesso agnello immolato, il Crocifisso, le cui piaghe sono le croci ricamate. La lana proviene da ovini cresciuti all'Abbazia delle Tre Fontane di Roma. Un tempo erano gli stessi frati ad allevare gli agnelli, ma da anni ormai comprati da qualche pastore. Gli agnellini non restano molto con i trappisti. Il 19 o il 20 gennaio sono consegnati alla Basilica di San Giovanni in Laterano.
Da qui, la mattina del 21, festa di Sant'Agnese, vengono portati in Vaticano per la benedizione. Per trasportarli, i piccoli ovini sono posti all'interno di due cesti decorati con nastri: uno rosso con le iniziali "A. M.", che stanno per "Agnese martire"; l'altro bianco con "A. V.", "Agnese vergine". Gli agnelli passano poi nelle mani delle benedettine del monastero di Santa Cecilia in Trastevere.
Alle suore, anticamente, toccava farli crescere, tosarli, filare la lana e confezionare il Pallio. Oggi i compiti sono ripartiti diversamente. Da alcuni anni della tessitura si occupa il laboratorio “La tela” di Macerata. Qui si tessono a mano i fili di ordito per poi metterli in trama, utilizzando telai dell'800. (tratto da "EPISCOPIVS TROIANVS" di A. Gelormini - Gelsorosso Edz. 2012)
(gelormini@gmail.com)
*Il video dell'evento è a cura di TRM Network