Bf&st, 'Lubo' di Giorgio Diritti visto da Silvia Viterbo

“Lubo” il film di Giorgio Diritti, con Franz Rogowski con il suo viso affascinante e gli occhi intensi.

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PugliaItalia

di Silvia Viterbo

“Lubo” di Giorgio Diritti, con Franz Rogowski con il suo viso affascinante e gli occhi intensi. Lubo e’ un artista di strada che fa divertire la gente vestito da orso, per poi uscire dalla pancia dell’animale con l’abito rilucente di gemme e lustrini. Ha una moglie amata che mette il rossetto sulle guance di tutti prima dello spettacolo e tre bambini.

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Vivono in una casetta di legno trascinata dai  cavalli e sono felici, ma l’esercito elvetico lo chiama alle armi per difendere i confini nazionali da un’invasione tedesca. Saprà più tardi che la moglie è stata uccisa nel tentativo di impedire ai gendarmi di prendere i loro bambini strappati alla famiglia in quanto Jenisch. Non c’è pace per gli zingari e i popoli nomadi, i loro figli vengono presi per affidarli ad altre famiglie o per metterli in istituti interrompendo il sogno della loro infanzia e rendendoli ribelli o fuggitivi.

Lubo lascia i soldati e raggiunge un uomo conosciuto nel posto dove va a bere, che ha bisogno di aiuto per trasportare dei sacchi pesanti con i gioielli affidati a lui da chi teme le razzie del nemico. Lo uccide, ne prende l’identità, i gioielli, i soldi e inizia la sua vita borghese fra quelli che hanno preso i suoi figli. E’ amato dalle donne, ma non ama, e la scena più intensa e’ di lui che riesce a penetrare in un archivio e vede le schede di centinaia di bambini sottratti ai genitori, ma non i suoi. Il regista parla col pubblico.

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Ha fatto apprendistato con Olmi e Fellini e preso premi infiniti, la sua cifra è l’importanza della riflessione sulla capacità di convivere con persone con culture diverse, l’assurdità delle guerre, la differenza etnica. Chi ha il potere calca su queste differenze compiendo azioni efferate. Il film racconta di un uomo che ha subito torti infiniti, che ricerca i figli per dare un senso alla propria vita, e che la prigione allontana dall’unica donna che ama e dal bimbo che sta per nascere.

Il figlio di questa donna brucerà le lettere che lui scriverà al suo amore dal carcere dove è finito, e quando lo rivedrà manifesterà tutto il suo odio. Il bene e il male, il male come sottrazione dalla vita normale e la madre penalizzata dal figlio perché si è sentito privato della speranza di una vita diversa, e lui odia per amore, La madre però ha lasciato a Lubo il racconto dolcissimo del loro bambino che cresce, che disegna, che la rende felice. Lubo ha uno sguardo forte, incisivo, e’ persona capace di sorridere, amare e un istante dopo uccidere. Il film permette un viaggio negli spazi, in luoghi dove il paesaggio crea situazioni emotive.

Il regista ha cambiato 140 location perché il cinema permette un viaggio negli spazi, nei luoghi, e il paesaggio da una sensazione emotiva a secondo dei posti in cui andiamo, quindi la cifra stilistica è di camminare sulle emozioni più che sulle parole. Lubo finisce i suoi giorni in carcere, dopo aver affidato la testimonianza di ciò che viene fatto ai bambini con la speranza che cambi qualcosa, e la scena finale e’ di lui solo nella sua cella che suona la fisarmonica con l’intensità di quando era felice.

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