'Conversazioni sul futuro', ricordando il sociologo Domenico De Masi

L’eredità del più grande sociologo italiano, Domenico De Masi, curata da Giulio Gambino: “In un mondo controllato dalle macchine e dai robot, è chi ha l’arte della vita che prevale, non chi ha l’arte del lavoro”.

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Lunedì 9 settembre, è il primo anniversario della scomparsa del sociologo Domenico De Masi. Il 10 settembre esce in libreria: 'Conversazioni sul futuro - L’eredità di Domenico De Masi' scritto dal giornalista  Giulio Gambino, edito PaperFirst.


 

Si tratta di conversazioni inedite, risultato di una serie di incontri tra Domenico De Masi e il giornalista e amico Giulio Gambino, avvenuti tra il dicembre 2021 e il maggio 2023 nella casa romana del professore. Dialoghi interrotti dalla morte improvvisa di De Masi.

Affrontano i temi più dibattuti della nostra epoca: l’inganno del lavoro, il tempo libero, i salari, l’ozio creativo, lo smarrimento delle nuove generazioni schiacciate dal mito del successo. (Quest'ultimo quanto mai attuale se pensiamo agli ultimi fatti di cronaca che vedono protagonisti adolescenti smarriti, storditi dai falsi miti del guadagno facile sul web e della felicità esibita sui social).

Le conversazioni ripercorrono quella mappatura sociologica dall'era rurale a quella post industriale che De Masi tracciò nel suo 'Mappa Mundi. Modelli di vita per una società senza orientamento'. (Rizzoli, Roma 2014)

La prefazione è scritta da Susi del Santo, moglie del prof. De Masi, che cita in chiusura la bellissima poesia del poeta greco Kriton Athanasulis, del 1957, 'Testamento': 'Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo. Ti lascio il sole che lasciò mio padre a me. Le stelle brilleranno uguali, e uguali t’indurranno le notti a dolce sonno, il mare ti riempirà di sogni. (...) Ti lascio accampamenti d’una città con tanti prigionieri: dicono sempre sì, ma dentro loro muggisce l’imprigionato no dell’uomo libero. Anch’io sono di quelli che dicono, di fuori, il sì della necessità, ma nutro dentro il no. Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio dolce al nostro crepuscolo amaro. Il pane è fatto pietra, l’acqua fango, la verità un uccello che non canta. È questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio d’essere fiero. Sforzati di vivere. Salta il fosso da solo e fatti libero. Attendo nuove. È questo che ti lascio'. 


 

Tanti gli aneddoti contenuti nel libro. Quello del nonno di De Masi, l’uomo che per primo portò la luce elettrica in Campania, a Sant’Agata de’ Goti, prima ancora che questa arrivasse a Napoli. Prezioso quello di un giovane Giulio Andreotti

Gambino: 'In che contesto nascono questi racconti di Andreotti?

De Masi: Perché ho avuto modo di incontrarlo a casa di una comune amica, a cena. In quelle occasioni mi sedevo accanto a lui e ne approfittavo per farmi raccontare mondi e storie che solo lui conosceva. Anche perché noi siamo vissuti nella leggenda che la monarchia in realtà vinse le elezioni e che il ministro dell’Interno imbrogliò, facendo apparire i voti a favore della Repubblica come superiori.

E invece? Quale fu la verità di Andreotti?

Andreotti era un superteste perché aveva vissuto quei giorni da sottosegretario, e siccome lui era calligrafico quando descriveva un fatto, ti diceva che era successo questo o quello all’ora X, era strepitoso. E mi disse: "Professore, guardi, noi il pomeriggio prima del referendum, che si tenne di domenica, ci siamo recati dal re che non stava al Quirinale, ma stava a Villa Ada (durante la guerra stava lì per sicurezza). E io posso assicurare una cosa: aveva già tutto imballato".  

Era già certo di aver perso?

Lo sapevano tutti, e lo sapevano anche loro, sì. Già quarantotto ore prima. E poi anche la fandonia che abbia vinto la monarchia è una sciocchezza per un fatto banale: arrivarono prima i voti dal sud, per cui si sparse la voce che stava vincendo la monarchia. Ma gli altri voti ribaltarono il risultato. E comunque c’era già nell’aria un senso di sfiducia: due anni prima, nel 1944, dopo l’armistizio, la monarchia cedette con il giuramento del primo Governo di unità nazionale a Ravello.

Queste Conversazioni sul futuro sono il risultato di un dialogo informale ma serrato, tra De Masi e Gambino - rievocativo e introspettivo, tra due generazioni divise da mezzo secolo, in cui De Masi ripercorre i primi anni della sua vita e la sua formazione, con aneddoti inediti ed esperienze personali che hanno plasmato il suo pensiero di intellettuale.

De Masi affronta con lucidità alcuni fra gli argomenti più divisivi del nostro tempo, offrendo una spiegazione, e in alcuni casi una possibilità di soluzione, ai problemi esistenziali dell’uomo nell’età post-industriale, i quali - nonostante le potenzialità introdotte dalla rivoluzione dell’era digitale - rimangono gli stessi dall’inizio dell’Ottocento: l’alienazione del lavoro e la riduzione dell’orario, ai quali si aggiunge ora lo smart working. Passando per il Rdc, il salario minimo, il tempo libero, l’ozio creativo, fino al diritto a essere felici.

Estremamente colto ma mai snob, affascinante e libero, in questo libro De Masi si rivela per ciò che era: un uomo che non ha mai avuto timore di mettere in discussione il proprio pensiero. Apprezzato ma scomodo, elogiato ma guardato con sospetto: nessuno in Italia, da destra a sinistra, ha voluto fino in fondo accogliere le idee di chi, come De Masi, ha saputo leggere il futuro prevedendo con largo anticipo fenomeni che, vent’anni fa, sarebbero stati inimmaginabili.


 

Domenico De Masi (1938-2023), sociologo, scrittore, è stato professore emerito di Sociologia del lavoro presso l’Università di Roma Sapienza dove era preside della facoltà di Scienze della Comunicazione. Ha
fondato la Scuola di cittadinanza del Fatto Quotidiano. Per PaperFirst ha curato il volume Destra e Sinistra.

Giulio Gambino (1987), giornalista, è fondatore e direttore di “The Post Internazionale“ (Tpi), sito d’informazione on line e dal 2021 anche rivista settimanale di approfondimento completamente indipendente. Ha studiato giornalismo alla Columbia University di New York.

(gelormini@gmail.com)