Ex-Ilva Taranto, fumata nera: ArcelorMittal si tira indietro

Fumata nera, come previsto, dall’incontro del Governo con ArcelorMittal sull’ex Ilva di Taranto, Sindacati convocati per l'11 gennaio. Note di Fdi e Boccia-PD P

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Fumata nera, come era prevedibile, dall’incontro del Governo con ArcelorMittal sull’ex Ilva di Taranto, Gli indiani non intendono investire ancora sullo stabilimento ionico e all’orizzonte torna a profilarsi l’ombra del Commissariamento.

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Da una nota di Palazzo Chigi si apprende: “La delegazione del Governo ha proposto ai vertici dell’azienda la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva. Il Governo ha preso atto della indisponibilità di ArcelorMittal ad assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza, e ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale”.

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Mentre con altra nota i senatori pugliesi di Fratelli d’Italia, Filippo Melchiorre e Ignazio Zullo, provano a chiarire quanto sta accadendo e precisano: “L’ex-ILVA è la storia di un fallimento del PD e del Movimento 5 Stelle. Senza questa indispensabile premessa-verità non si può comprendere ciò che sta avvenendo oggi. Per questo riavvolgiamo il nastro con fatti incontrovertibili e dai quali dovrebbero partire tutti coloro che sono onesti politicamente e intellettualmente.

-           La gara per la vendita dell’ex-Ilva è stata avviata nel 2016 con Renzi presidente del Consiglio e Calenda ministro dello Sviluppo Economico.

-           L’aggiudicazione al gruppo Mittal è avvenuta a giugno 20217 con il Governo Gentiloni e sempre il ministro Calenda.

-           Il Governo Conte I, con ministro allo Sviluppo Economico Di Maio, dopo un’indagine sulla legittimità della procedura di affidamento a Mittal, a novembre 20218 cede ufficialmente l’ex Ilva a Mittal.

-           Nel 2019 il Governo Conte II, con il ministro allo Sviluppo Economico Patuanelli, elimina lo scudo penale e Mittal annuncia la volontà di recedere dal Contratto.

-           Nel 2020 lo stesso Governo sottoscrive un nuovo accordo di investimento che prevede l’ingresso dello Stato tramite Invitalia.

-           Nel 2021 il Governo entra nella società con 400 milioni di euro. L’accordo prevedeva un piano di investimento che doveva ridurre le emissioni, aumentare la produzione e realizzare gli investimenti per la decarbonizzazione. Lo stesso accordo prevedeva l’aumento al 60% dello Stato a maggio 2022.

-           Nel maggio 2022 Invitalia e Mittal rinviano al 31 dicembre 2024 l’aumento della quota dello Stato e la conclusione della fase di acquisto degli impianti.

-           Il 25 settembre 2022 il centrodestra vince le elezioni Politiche e il 22 ottobre Giorgia Meloni diventa presidente del Consiglio dei Ministri.

Una cronistoria secca, senza commenti e senza polemiche, ma che dimostra come siano stati i Governi di centrosinistra a scegliere Mittal, a diventare loro soci. Per questo gli esponenti del PD e del Movimento 5 Stelle, che ieri hanno fatto a gara a chi puntava il dito contro il Governo Meloni, avrebbero dovuto rimanere in silenzio. Anzi no, avrebbero dovuto battersi il petto e chiedere scusa a Taranto e all’Italia per le scelte e le decisioni scellerate prese in tutti quegli anni.

E veniamo a quanto fatto in meno di un anno dal Governo Meloni:

-           nel febbraio 2023 vengono stanziati 680 milioni di euro per garantire la continuità aziendale. La forma utilizzata è un prestito soci.

-           Nell’agosto 2023 Mittal completa gli interventi del Piano ambientale e con il Governo definisce un piano di decarbonizzazione.

-           Nel novembre 2023 approva un nuovo piano industriale comprensivo di 3,7 miliardi per la decarbonizzazione.

-           Nel 2024 il Governo intende definire le misure di rafforzamento patrimoniale per superare la crisi di liquidita di breve periodo, completare l’acquisto degli impianti e realizzare il piano industriale comprensivo degli interventi per la decarbonizzazione.

In sintesi: nel 2023 il Governo Meloni ha assicurato le risorse per far fronte al caro energia e sostenuto la continuità aziendale, oggi il nostro Governo vuole chiarezza da parte del privato sui tempi e sulle modalità di realizzazione del piano industriale comprensivo degli interventi di decarbonizzazione.”

Il governo ha convocato i sindacati per giovedì 11 gennaio. Non sarà semplice arrivare a una soluzione e gli studi legali già si preparano a un articolato contenzioso.

La reazione del Parito Democratico è affidata a una nota di Francesco Boccia presidente dei Senatori PD: “Quello che è accaduto ieri a Palazzo Chigi è molto grave, è l’epitaffio su un anno e due mesi di politiche industriali fallimentari. Riteniamo che il fallimento del memorandum Fitto sia stata l’ennesima dimostrazione della totale assenza delle politiche industriali del governo su questa vicenda".

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"Siamo molto preoccupati perché le notizie che arrivano da Taranto in queste ore confermano la totale incapacità del governo di affrontare questo nodo. Noi siamo vicini a lavoratori e sindacati che chiedono un intervento del governo. Pare di capire che tutte le cose che ci hanno detto Urso, Giorgetti e Fitto sui nuovi investimenti non siano realizzabili. Pretendiamo che il governo dica la verità su questa vicenda e informi il Parlamento su cosa è in grado di fare, perché l’Ilva va salvata".

"Hanno mentito sul memorandum e Mittal ha dimostrato ancora una volta che è stata una scelta sbagliata. Non hanno a cuore Taranto né la siderurgia italiana. Prima vanno via prima si riparte per costruire un nuovo percorso. L’azienda va nazionalizzata. Il governo ha frenato per un anno Invitalia, salvo tornare al punto di partenza, chiedendo ora a Invitalia di acquisire la maggioranza assoluta. Ma Mittal non è nemmeno in grado di fare il socio di minoranza - conclude Boccia - e l’ad Morselli non è credibile”. 

(gelormini@gmail.com)

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