Giallo, ‘Il delitto della montagna’ l’opera matura di Chicca Maralfa
Chicca Maralfa con il suo ultimo lavoro "Il delitto della montagna" dà vita a una trama arabescata degna della migliore tradizione giallistica europea.
Mi ero preso tutto il tempo necessario per una lettura analitica e per certi aspetti anche ‘speculativa’, che evitasse l’ansia da soluzione del caso e la distrazione da trama avvincente. E bene ho fatto, perché Chicca Maralfa col suo ultimo lavoro “Il delitto della montagna” - Newton Compton Editori non solo dà testimonianza di ulteriore maturità letteraria, ma fa anche esercizio di architettura narrativa, moltiplicando per tre gli omicidi, con cui si cimenterà il suo Gaetano Ravidà, e dando vita a una trama arabescata degna della migliore tradizione giallistica europea.
Il senso di appagamento e di soddisfazione alla fine del libro - del quale si leggono con piacere persino i ringraziamenti finali - è la risultante di una struttura narrativa solida e ben articolata: dove i dialoghi e le riflessioni sono sempre ricchi di contenuti e non scadono mai nel banale. A testimonianza di un rispetto per il lettore che si rinnova, per favorire una fidelizzazione non da scaffale, ma da palati fini: merce sempre più rara nel profluvio di pubblicazioni d’ogni genere e argomento.
Uno stile asciutto e incisivo che si confronta con sicurezza e rispetto con le trame e gli intrecci investigativi delle pagine più coinvolgenti di Andrea Camilleri o Manuel Vázquez Montalbán, della dinamica Alicia Giménez-Bartlett o del compassato Georges Simenon, fino alle eccentricità raffinate di Agatha Christie e Sir Arthur Conan Doyle. Senza perdere, al contempo, la radice meridiana del racconto: pur scegliendo, come contesto ambientale, l’Altopiano veneto di Asiago.
Un presidio ricco di storia e di fascino, in cui ricerca e ricostruzione si esaltano nella rigorosa e meticolosa attività di assemblaggio e coinvolgimento delle comunità locali, che per l’autrice diventano vere e proprie fonti ispiratrici, tanto da farne scenario, fondale e set cinematografico di vicende e passioni che continuano a segnare quell’Amor loci diffuso, in quella parte d’Italia che tanto ha sacrificato agli ideali di Patria, a tal punto da farsi Genius loci e trovare espressione e ammirazione nel ricordo di Mario Rigoni Stern e nei cammei riservati alla sua ‘pernice bianca’.
Una narrazione piacevole, armoniosa nel suo delinearsi e in grado di rapire il lettore come le note di una composizione musicale dal taglio sinfonico, che fa presa - allo stesso tempo - sui ritmi più moderni ed emozionanti di Leonard Cohen e dei The National, che nelle pagine di Chicca Maralfa perdono il taglio "oscuro, malinconico e difficile da interpretare".
Un giallo ricco di colpi di scena, caratterizzato dalle tematiche ambientaliste relative sia alla salvaguardia della natura che alla piaga dello smaltimento dei rifiuti tossici. Il sequel nelle atmosfere e nei paesaggi vicentini del precedente successo “Lo strano delitto delle sorelle Bedin”, in cui l’enogastronomia pugliese continua a tener vivo il legame del luogotenente Ravidà con quel Sud che tanto ha immolato per il Paese, soprattutto tra quelle montagne: quando con la Grande Guerra si completò il percorso Risorgimentale verso l’Unità d’Italia.
E come ogni lettore, anch’io ho provato a dare un volto ai diversi protagonisti de Il delitto della montagna e tra “la spessa coltre di neve, che rende bianca e lattiginosa la luce del chiarore di un’alba che sembra nascere da sé stessa”, i lineamenti di Gaetano Ravidà hanno preso forma nei tratti somatici di Antonio Albanese in alcuni momenti e di Pierfrancesco Favino in altri frangenti.
Alleluja, Chicca!
(gelormini@gmail.com)