‘Il lamione dei briganti’ le romantiche simmetrie laertine di Francesco Lopane
Il romanzo storico di Francesco Lopane, tra gravine, speranze risorgimentali e delusioni gattopardesche, lette nei tratti autoctoni di Domenico Cantatore.
Un volo nelle gravine meridiane della storia, per essere conquistati dalla suggestione dei paesaggi e dal fascino dei ricordi, dalla forza delle tradizioni e dalla resistenza della speranza, trasportati da una sorta di deltaplano silenzioso rappresentato dal piacere della lettura de “Il lamione dei briganti” il romanzo di Francesco Lopane - Scorpione Editrice, 2021.
Nel contesto storico di Laterza (Ta) e dintorni, in quella che all’epoca era ancora provincia di Lecce, segnata insieme all’intero Mezzogiorno dall’intervento dei Savoia - I Fratelli d’Italia - e dalla decadenza dei Borbone, lo scenario si apre sul mondo degli ‘eternamente vinti’ e sul tentativo di arginare gli effetti di un disegno politico necessario, ma perverso, teso a tirare le fila di una serie di “strumenti ciechi di occhiuta rapina” (G. Giusti).
E in linea, forse inconsapevole, con le evoluzioni architettoniche del Rosone della Chiesa Madre di San Lorenzo Martire, la trama fa perno sui due protagonisti Lorenzo Russo e Maria Navarrete; i tre formatori Mustazzone il padre di Lorenzo, la nonna Annina, il Regio Collegio Gioacchino De Gemmis di Altamura; gli otto Capi dei Briganti: Prichillo, Tagghjarine, Chiappino, Coppolone, Pizzichicchio, Sergente Romano, Ninco Nanco e Carmine Crocco; e su una ventina di località dell’entroterra appulo-lucano, dove tanti furono i paesi cancellati dalle truppe piemontesi, durante gli anni bui post-unitari, tra il 1861 e il 1870: quelli del Brigantaggio.
Tra l’illusione mazziniana, la delusione garibaldina e la rivoluzione gattopardesca dei Savoia, Lorenzo è il personaggio in cui si immedesima il lettore, che come Dante - pagina dopo pagina - Lopane/Virgilio guida tra gravine, lamioni, briganti e scorci di vita quotidiana del Sud a fine XIX secolo, con gli amori, i pudori, le ambizioni e le mortificazioni che ne hanno - da sempre - temprato i caratteri e scavato le rughe identitarie.
In pratica, i tratti somatici che emergono dalle pagine del romanzo di Lopane, che rimandano ai paesaggi, ai tramonti e ai “nodosi” - come i suoi ulivi - uomini del Sud, nelle diverse declinazioni di contadini instancabili, donne monumentali, taciturne ma caparbiamente volitive: talvolta, a loro modo, persino sensuali. Proprio come le gravine o virili come i lanioni che il tratto marcato e i colori intensi e decisi di Domenico Cantatore hanno immortalato, esaltando la nobiltà rupestre dei ‘cafoni’.
Insomma, lo spaccato di un Sud resiliente che veste ora i panni di Lorenzo - il protagonista del romanzo, cresciuto nella Murgia della Masseria Melodia, che doveva farsi prete ma diventò brigante - ora quelli dei suoi amici o del suo parentado, o ancora quelli di briganti e brigantesse in lotta dichiarata contro i piemontesi predatori.
L’istantanea di un pezzo di storia dura e poco conosciuta, che ben si riconosce nella pittura dell’artista di Ruvo di Puglia, Domenico Cantatore, amico fraterno del poeta siciliano Salvatore Quasimodo, che di lui diceva: “E’ il pittore della tenerezza umana”.
Quella che trasuda dall’epilogo oltreoceano, a cui vanno incontro Lorenzo e Maria, costretti ad emigrare, ma rinnovano - come i due artisti entrambi lontani dalla loro terra - nell’amore per le radici che tenendoli uniti sarà la vera forza del loro futuro nel Nuovo Mondo.
(gelormini@gmail.com)