Lecce, in mostra le sculture di Francesco De Matteis

In mostra a Lecce le sculture riscoperte dello scultore salentino Francesco De Matteis tra verismo e simpatico folklore, al Museo Storico di Lecce (MUST).

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PugliaItalia
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di Daniela Rucco

Dalla penuria di opere e da una considerevole quantità di informazioni, solo velatamente indagate, nasce l’esigenza di studiare la produzione scultorea dell’artista salentino Francesco De Matteis e di realizzare una mostra antologica per divulgare e promuovere i risultati raggiunti. L’esposizione è allestita negli spazi del Museo Storico di Lecce (MUST) ed è curata da Claudia Branca e da Massimo Guastella. Resterà aperta sino al 13 settembre 2022. Ospita 50 opere plastiche e due caricature autografe ed è corredata da un catalogo di alto spessore scientifico, curato da Massimo Guastella.

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Le tappe principali della vicenda storico-artistica di Francesco De Matteis, (nato a Lecce nel 1852 e morto a Napoli nel 1917) si ripercorrono visitando l’allestimento, ideato in gran parte da Claudia Branca, direttrice del MUST di Lecce. L’elemento di novità è dato dall’impianto espositivo e dalla collocazione delle opere. Si susseguono nella visita le diverse aree tematiche, ben collocate, a partire dalla sala che potremmo chiamare della Musica, vero e proprio fulcro conoscitivo dell’arte di De Matteis da cui si snoda tutto il progetto espositivo. Scugnizzi e giovincelli in festa sono ambientati in un pregevole raffronto con le originali musiche popolari d’epoca delle feste di Piedigrotta, con i video dell’Istituto Luce, con le riproduzioni di documenti e copertine di canzoni che erano in voga nell’evento, poi divenuto festival della canzone napoletana.

L’esposizione è stata pensata anche per accogliere un’area didattica, caratterizzata dalla riproduzione di rilevanti documenti d’archivio riscoperti e pubblicati in catalogo.

Lo scultore e decoratore Francesco De Matteis ricevette i primi rudimenti di un apprendistato in Terra d’Otranto, presumibilmente presso la bottega di Achille De Lucrezi a Lecce, per poi partire da giovinetto alla volta di Napoli, così annotano i biografi, ed avviare una formazione accademica presso il Reale Istituto di Belle Arti nel 1877, seguendo i corsi di Tito Angelini e di Tommaso Solari, come si evince dalle carte d’archivio.

Fotoritratto.De.MatteisGuarda la gallery

La città partenopea offriva un ambìto turbinio di stimoli per il vigoroso ambiente artistico che andava a delinearsi nella metà dell’Ottocento. Come precisa Isabella Valente, attorno ai due poli attrattivi, le mostre Promotrici di Belle Arti e l’Accademia riformata, gli artisti imbastivano i propri rapporti con gli esponenti di spicco della pittura e della scultura, un ricercato punto di riferimento per il rinnovamento che era in corso, e con i collezionisti, i borghesi e i reali. In tale «sinergico sistema culturale» si inserì Francesco De Matteis.

Non poteva che assimilare la tendenza artistica e il gusto in voga in quegli anni e appropriarsene sviluppando una predilezione per la misura terzina dei soggetti, che divenivano tali da essere annoverati tra le opere «da salotto» o «da camera». Egli adottava materiali come il bronzo, il gesso e la terracotta, più confacenti con la moda dell’epoca. Il saggio di Isabella Valente inquadra diligentemente l’ambiente entro il quale De Matteis iniziò a produrre opere d’arte.

Allestimento della mostra 1 Guarda la gallery

Il valore filologico della ricostruzione biografica e critica relativa all’artista è dato dal saggio a firma di Guastella che del catalogo è il curatore. Sin dalle prime pagine, egli tiene a specificare che la ricerca non ha mai un punto d’arrivo e che le indagini svolte rispecchiano solo un «primo accurato riordino filologico» dell’intero itinerario artistico di De Matteis, offrendo al lettore un prodotto scientifico avente un «taglio storiografico» e un «fine critico». Di fatto, i risultati dello studio corrente non sono solo un primo importante contributo organico utile a disvelare l’arte di De Matteis, rimasta misconosciuta per vario tempo, ma offrono nuovi strumenti e indizi per comprendere appieno la sua cifra stilistica, la sua formazione leccese e la sua sfera personale e privata, segnata anche da dolori familiari per la perdita della figliuola, e sono propedeutici per continuare a indagare gli esiti del suo operato artistico nel vasto panorama della cultura verista meridionale del secondo Ottocento e dei primi anni del Novecento.

Simpaticamente l’artista è indicato con il suo appellativo amicale "Ciccio", che si estrapola dalle sue corrispondenze private con l’amico Alberto Franco, il che restituisce all’artista il suo valore di uomo a tracciarne una personalità più rispondente alla realtà.

De.Matteis.Acquaiola.bronzo.collezione.privataGuarda la gallery

Tra i primi critici a recensire le opere di De Matteis, vi fu Ferdinando Russo nel 1888 tra le pagine del periodico "Fortunio". Egli, ammirando l’opera Idillio spagnolo, la considerava «un bel lavoro, accurato, indovinato, simpaticissimo» e attribuiva al suo modo di scolpire e modellare «l’eleganza sicura della linea, la felicità della trovata» e un gusto scandito da «spirito mirabile». I primi biografi che hanno ricostruito le vicende artistiche di De Matteis, seppur con dati, non sempre adeguatamente verificati, sono Enrico Giannelli in Artisti napoletani viventi del 1916 e Amilcare Foscarini il cui manoscritto, scritto nella metà degli anni ’30 del Novecento, è pubblicato solo nel 2000. Non meno rilevante, tra i vari contributi è la recensione critica di Carlo Siviero databile al 1950.

Le sculturine di De Matteis erano apprezzate anche dal collezionismo e, con particolare attenzione, da Matteo Schilizzi, affarista livornese che soggiornava a Napoli e da Antimo Di Martino, suo committente principale negli anni della maturità. I rapporti amicali con Di Martino sono ben delineati nel contributo di Lia Venere presente in catalogo.

Dallo studio è emerso che tra le prime opere prodotte dallo scultore vi fu Allegoria della terra, una terracotta brunita databile al 1876, con timbro della “Manifattura Paladini” di Lecce, raffigurante una figura femminile che ricorda le icone allegoriche della fertilità che per la prima volta viene esposta al pubblico.

Per i getti fusi nel bronzo, l’artista attinse a Napoli dalla Fonderia Artistica Laganà, dalla Fonderia artistica industriale di Francesco e Giuseppe De Luca e dalla Fonderia Chiurazzi.

Quel che più caratterizza le singole creazioni, sono le minute proporzioni dei soggetti, le tematiche di genere e dei mestieri, come nelle terrecotte del Conoscitore e del Ciabattino, i contesti d’ambito bucolico, atti a ritrarre pastorelli per i quali mirabile è il Gruppo agreste che affiora con tratto bozzettistico dalla materia plasmata, in una moltitudine di particolari, ed ancora scugnizzi con animali quale il minuzioso lavoro dello Scugnizzo con gatto e gallina, pregevole nella fattura. Caratteristici sono anche i bambini ritratti nei momenti di gioco (L’altalena), gli scolaretti e i giovani innamorati. Lo scultore, ispirato probabilmente dalle opere di Gemito, ritraeva sovente le acquaiole, attingendo ad una chiara rispondenza al Vero.

Tuttavia, le opere che hanno lasciato un segno preponderante nella produzione artistica dello scultore d’origine salentina ma napoletano d’adozione, al punto da rendere il suo stile facilmente riconoscibile agli studiosi e ai collezionisti, è l’accurato studio che egli eseguì per comporre le bande musicali dedicate a Piedigrotta, il carnevale folkloristico napoletano, che si teneva in estate. Dal bronzo rivive un tripudio di fanciulli in festa, che immaginiamo passeggiare per le vie della città partenopea a suon di tamburrelli, putipù, fisarmoniche, tammorre e scetavajasse. L’esemplare più rappresentativo della serie, A Piedigrotta, è di proprietà del Comune di Lecce sin dal 1899, donato dall’artista. L’attenzione per la colorata realtà popolare partenopea ben si evince dall’esecuzione dei tipi studiati nei piccoli particolari, in quelle smorfie caricaturali che si animano a suon di musica.

De.Matteis.Pierrot.Museo.Scuole.Pieve.di.Cento.donazione.AlberghiniGuarda la gallery

De Matteis fu anche un abile decoratore d’interni. Non solo collaborò alla decorazione del Caffè Gambrinus di Napoli, ma intervenne anche nell’adozione di stucchi e tempere nei nobili palazzi leccesi di Carrozzini e Garzya - Famularo. Inoltre, realizzò il monumento dedicato al pittore Gioacchino Toma, collocato in Piazzetta Falconieri a Lecce e inaugurato nel 1898, ma poi distrutto e fuso negli anni Quaranta del Novecento per poter sopperire ad esigenze belliche. Dell’opera ne offre un’attenta ricostruzione storico-artistica la studiosa Federica Coi, nella puntuale ricerca d’archivio svolta e pubblicata in catalogo.

Ad oggi non è dato sapere a quanti esemplari sia riconducibile la produzione dello scultore per l’alto numero di opere disperse ma, anche, per il fatto che spesso non riportino firme. Lo storico dell’arte e collezionista Diego Esposito riflette su tali aspetti, analizzando con piglio, in catalogo, le «insidie attributive del mercato antiquario», relative al bronzetto Il chitarrista, attribuibile con certezza all’artista salentino, ma maldestramente firmato «Amendola». Questi repliche potevano di frequente essere inserite «con dolo» sul mercato antiquario, per trarne dei profitti.

In definitiva, la mostra, supportata nella comprensione dal catalogo, ha oggi l’intento di offrire al fruitore un gradevole affondo tra le vicende artistiche e personali di un artista che, col suo tocco e con la sua maestria, amava realizzare "figurine e gruppi nati dai ricordi e dalle emozioni raccolte nelle vie di Napoli".