Omar Di Monopoli 'Brucia l'aria' tra Taranto, Brindisi e Lecce

L'intervista a Omar Di Monopoli, l'artista bolognese stabilitosi in Salento, sul suo romanzo "Brucia l'aria": ambientato nel triangolo Taranto, Brindisi, Lecce.

di Lucia Pulpo
DiMonopoli (1)
PugliaItalia
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Leggere Omar Di Monopoli è come fare un viaggio dalla realtà all’immaginazione, andata e ritorno. Un viaggio dove il tempo perde la sua linearità e il presente è passato e futuro contemporaneamente. “Brucia l’aria”, il suo nuovo romanzo, si svolge come le storie precedenti, nel triangolo fra Taranto, Brindisi e Lecce, anche alcuni personaggi ritornano, come Precamuerti, per tenderci uno specchio su cui riflettere a prescindere dall’apparenza dei corpi e dei nomi. 

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Di questo mondo parallelo al nostro vissuto, ne abbiamo parlato con l’autore Omar Di Monopoli autore di diversi romanzi come: Uomini e cani, Ferro e fuoco, La legge di Fonzi, Nella perfida terra di Dio, Brucia l’aria; I racconti di Aspettati l’inferno. Il radiodramma L’Uomo Termoionico. Collabora con testate giornalistiche quali: La Stampa, La Gazzetta del Mezzogiorno, la Repubblica, Rolling Stone, il Fatto Quotidiano):

In queste pagine, dove lo scrittore si pronuncia, usi una lingua aulica … per condividere sapere come fai su fb? Differenze fra lingua parlata dai personaggi e lingua scritta dall’autore per prendere distanze dal loro mondo?

Mai userei le "armi" a mia disposizione in un romanzo per condividere alcunché. Diffido della sola idea di  una letteratura didattica, o pedagogica, o peggio ancora informativa. Io racconto storie e la lingua - che nel mio caso è una giustapposizione di registri, il dialetto da una parte, un italiano barocco e profondamente lirico dall'altra - serve a rendere quelle storie credibili, reali, vere più del vero. I miei sono personaggi spesso appartenenti alle classi più infime della società, e quindi parlano "sporco", brutalizzano la lingua facendola aderire ai loro istinti elementari.

Ma poi il narratore racconta i loro destini attingendo all'epica biblica, infiorettando di pathos le loro vite miserrime che per questo si elevano, diventando lo specchio di qualcosa di più universale, che riguarda tutti. Ciò che faccio sui social è invece un'altra cosa, lì mi permetto di lanciare suggestioni culturali perché non credo nel gossip e nella propagazione ego-riferita del proprio privato. Preferisco su quei canali mostrare film, fotografie e libri che mi piacciono, divulgare l'arte che mi ispira o che mi affascina contribuendo al mio lavoro di ricerca. Sperando possa interessare a qualcuno.

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”Brucia l’aria” parla anche d’affrancamento dalla malavita, di seconda possibilità. Scrivi del malaffare in Puglia ma credi nella rinascita del territorio o è solo una questione individuale come per alcuni dei tuoi protagonisti?

Credo che l'uomo debba sempre combattere coi suoi peggiori istinti ma ricordandosi di essere, inevitabilmente, fatto di sangue e merda. Siamo animali feroci, talvolta biechi e pieni di risentimento, ma capaci di nobiltà e trascendenza. Questa è, in fondo la materia di tutte le storie mai raccontate dalla notte dei tempi.

Chi sono i papaveri incravattati?

Sono le miriadi di prepotenti che da millenni prevaricano i deboli, sono gli amministratori corrotti, gli industriali senza scrupoli, i criminali celati e gli impiegati disonesti. Sono quelli che credono gli sia tutto dovuto in virtù del censo, dell'aspetto fisico, o dei beni posseduti. Sono l'ostacolo al progresso politico, sociale, etico.

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In questo romanzo e prima “Nella perfida terra di Dio”, i capitoli sono inframezzati da capitoli brevi in corsivo che raccontano l'antefatto. Che rapporto hai tu con il tempo, e le radici giustificano sempre i frutti della stessa pianta?

Ti risponderò con le parole di uno scrittore che ammiro tantissimo, il sommo William Faulkner, che a un suo personaggio faceva dire: “Il passato non è morto e sepolto. In realtà non è neppure passato”

Storia ispirata da vero incendio. Che parte ha la realtà nelle tue storie?

Parto sempre da episodi reali, da geografie reali, persino da personaggi reali, per le mie storie. Poi però manipolo le informazioni, allungo e dilato i tempi a seconda delle mie necessità, mostro personaggi che si ispirano a più persone vere, fondendo i caratteri, celando i difetti o esagerandoli . È la grande libertà dello scrittore, del narratore onnisciente che gioca a fare Dio. Solo tra le pagine, ovviamente, poi, chiuso il romanzo, chi scrive torna nella faticosa meraviglia della quotidianità.