Quando le montagne cantano: la storia del Vietnam nell’epopea di una famiglia

Nguyen Phan Que Mai racconta la storia della sua gente e della sua patria, consegnandoci un ritratto toccante del Vietnam dagli anni Cinquanta ad oggi

di Chiara Giacobelli
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 Sono molte le saghe familiari che, attraverso la storia di più generazioni, ci permettono di scoprire il passato, gli usi e i costumi di un determinato Paese, ma quasi nessuna riguarda il Vietnam, paese tanto salito alla ribalta delle cronache durante la celebre (e terribile) guerra americana, quanto successivamente caduto nel dimenticatoio. Che cosa ne è stato dei reduci del conflitto armato? Come sono riuscite tante famiglie mutilate e traumatizzate a ricostruirsi un futuro? Nessuno aveva mai raccontato prima questa storia alquanto nota dal punto di vista di una ragazzina vietnamita, che all’epoca dei fatti era poco più di una bambina.

Ecco allora che Quando le montagne cantano, romanzo subito divenuto un bestseller e venduto in tutto il mondo, è l’opera più importante che probabilmente sia stata scritta fino ad oggi sul Vietnam nell’ambito della narrativa contemporanea, capace di arrivare a un pubblico di massa grazie a uno stile fluido, scorrevole e molto toccante.

Ne è autrice Nguyen Phan Que Mai (NdA: il lettore ci perdonerà se alcune lettere non coincidono esattamente con i caratteri originali della lingua vietnamita), nata in Vietnam proprio nel 1973, nonostante nel libro la protagonista – Huong, detta Guava – appare più grande rispetto all’età del suo alter ego reale. Prima di dar vita a questo romanzo Nguyen ha lavorato per anni come venditrice ambulante e coltivatrice di riso, esperienze che le hanno permesso di dare una forma verosimile alla figura della nonna. Oggi vive a Giacarta e ha deciso di raccontare questa storia per far rivivere, seppur con una certa licenza narrativa, l’epopea della sua famiglia, ma anche per riportare alla luce i fatti del Vietnam dagli anni Cinquanta agli Ottanta dal punto di vista di chi era presente e ha vissuto tutto sulla propria pelle. (Continua a leggere nella pagina successiva)

Editrice Nord ha tradotto e pubblicato in Italia quello che può essere considerato uno dei romanzi più belli, toccanti e interessanti degli ultimi anni, tanto inatteso quanto apprezzato da pubblico e critica. “Nguyen ha il talento di trasportare i lettori in un mondo lontano in cui vorranno tornare anche dopo aver girato l’ultima pagina”, scrive il Library Journal. E ha ragione, perché nonostante questa vicenda sia profondamente intrisa di sofferenza, ci si affeziona così tanto ai personaggi da voler restare con loro, per confortarli delle ferite ricevute o anche solo per bere un tè in una pagoda.

Tre sono le donne centrali del romanzo. La prima è la nonna Diêu Lan, la quale narra le vicissitudini della famiglia dagli anni Cinquanta, quando sono ancora ricchi proprietari terrieri che non conoscono la povertà né i patimenti: sarà lei la vera eroina del libro, una lottatrice che riuscirà mille volte a rialzarsi, nonostante la vita le farà lo sgambetto tante, troppe volte. La seconda figura femminile di rilievo è Ngoc, la madre di Huong, un medico che sceglie di partire per il fronte nella convinzione di aiutare il proprio Paese: ciò che vivrà, gli orrori a cui assisterà e le violenze che subirà la trasformeranno però in un’altra persona, il fantasma di sé stessa che non troverà mai più la pace interiore. Infine Huong – chiamata affettuosamente dalla nonna Guava – è la bambina alter ego dell’autrice: di fatto vive in prima persona solo la guerra del Vietnam nella capitale Hanoi, devastata dai bombardamenti; è però un personaggio fondamentale nel romanzo poiché rappresenta la speranza, la rinascita e il superamento dei conflitti tra individui di ideologie diverse.

Scrive l’autrice attraverso le parole di Huong a proposito della tanto attesa fine della guerra: “Ripensandoci adesso, vorrei che allora avessi compreso a pieno il significato di quel giorno. Segnò la fine di un bagno di sangue che aveva piagato il nostro Paese per quasi vent’anni, portandosi via tre milioni di persone e lasciando altri milioni ancora senza una casa, con traumi e con ferite tremendi. Una volta lessi un articolo sulle bombe che erano state sganciate durante la guerra, e i numeri m’impressionarono: sette milioni di tonnellate. Eppure, nel giorno in cui la guerra finì, io e la nonna non festeggiammo. Per noi la pace sarebbe davvero arrivata solo quando tutti i nostri cari fossero tornati”.

Sono molti i personaggi coinvolti in qualche modo facenti parte della famiglia e ognuno ha la propria storia, una personalità ben delineata e un destino da affrontare. Tuttavia, oltre al Napalm, alla carestia, alla riforma agraria contro i proprietari terrieri, all’invasione francese e poi giapponese, alle bombe degli americani e alla totale distruzione di un Paese che aveva sempre vissuto in pace, Quando le montagne cantano è anche una finestra aperta sulle tradizioni e i costumi di un popolo ancora troppo poco conosciuto: dal rito di omaggiare i defunti sugli altari ai fiori di loto ai lati delle strade, dalla dieta basata prevalentemente sul riso e sul pesce alle feste convenzionali festeggiate in famiglia.

In questo bellissimo romanzo pubblicato da Editrice Nord, consigliato per l’intensità emotiva e la verità storica in esso contenuta, il messaggio forse più significativo che resta al lettore è il superamento delle ostilità, il perdono del nemico e la volontà di mettere da parte il rancore, l’odio, la vendetta per andare avanti in pace. Solo così l’essere umano sarà in grado di progredire e di evolversi, rompendo il circolo vizioso della violenza, che quasi sempre porta ad altra violenza.