A Roma un anno dura 359 giorni: 6 giorni si vivono prigionieri del traffico

Vivere a Roma con i trasporti da ridere: il Mims alla guerra soft alle auto e alle aziende non efficienti

Roma
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A Roma un anno solare dura 359 giorni. E questo perché dal primo gennaio al 31 dicembre, i romani perdono prigionieri del traffico ben 160 ore, pari a 6 giorni e qualche ora. E per l'Atac si aprono tempi duri: tra gli obiettivi il “miglioramento delle modalità di affidamento e di gestione del servizio” di trasporto pubblico.

E' quanto emerge dal Rapporto presentato dal Ministero Infrastrutture e trasporti ms "Verso una mobilità locale sostenibile", che riporta i dati di Inrix, una società specializzata nell'analisi dei flussi di traffico. Nel 2019 Roma era la città italiana più congestionata, con 166 ore annuali perse nel traffico per automobilista, seguita da Palermo e Torino. Tali valori sono elevati anche nel confronto internazionale: le tre città avevano tempi di spostamento doppi rispetto a città dell'Europa occidentale aventi una dimensione simile. Sebbene in termini relativamente più contenuti, la maggiore congestione rispetto a città europee simili caratterizza quasi tutte le principali città italiane.

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Inoltre, secondo i dati del Censimento del 2011, circa metà della popolazione che si sposta per motivi di lavoro impiega al massimo un quarto d'ora a fronte di uno su venti che impiega più di un'ora. Il dato medio nasconde significative differenze tra le regioni: è molto più elevato nel Lazio e in Lombardia e più basso nelle regioni più piccole che non hanno importanti fenomeni di agglomerazione urbana 1. Tra le aree metropolitane, i tempi di spostamento più elevati si rilevano a Roma, dove i residenti del comune che si spostano all'interno dello stesso comune impiegano in media più di mezz'ora, mentre le persone che provengono dai comuni limitrofi impiegano circa un'ora.

Aumento di almeno 10 punti percentuali del ricorso a sistemi di mobilità sostenibile e calo del tasso di motorizzazione; riduzione della congestione nelle principali aree urbane; dimezzamento del divario territoriale in termini di accessibilità, efficienza e qualità del trasporto pubblico; miglioramento dell'accesso ai mezzi pubblici e della soddisfazione dell'utenza; sostituzione totale degli autobus di classe inferiore a Euro 5 e transizione verso veicoli a emissioni zero, in linea con gli impegni di decarbonizzazione del settore; riduzione delle emissioni di gas climalteranti e di inquinamento dell'aria; diffusione dell'approccio Mobility as a Service (MaaS). Sono questi i principali obiettivi strategici da conseguire entro il 2030 per rendere la mobilità locale sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale indicati nel Rapporto "Verso un nuovo modello di mobilità locale sostenibile", realizzato dagli esperti del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili e presentato oggi nel corso di un evento online.

Il ministro Giovannini: "Disincentivare l'uso delle auto"

"E' necessario stimolare l'uso del trasporto pubblico, ancora molto basso soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree suburbane e periurbane dove la qualità del servizio è insoddisfacente e c'è una maggiore propensione a ricorrere all'auto privata", dichiara il Ministro Enrico Giovannini. "Una recente indagine dell'Istat mostra segnali di un'inversione di tendenza e bisogna cogliere il momento. E' perciò necessario stimolare la domanda di mobilità sostenibile, come il Governo ha fatto di recente introducendo il bonus sugli abbonamenti, disincentivare l'uso dell'auto e creare piattaforme digitali per facilitare la pianificazione degli spostamenti e la scelta dei mezzi anche in base alle emissioni inquinanti e climalteranti prodotte. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la legge di Bilancio 2022 e il Fondo Sviluppo e Coesione mettono a disposizione risorse per migliorare in modo significativo il sistema di mobilità locale, ma è necessario rivedere anche la regolazione del settore".

Gli strumenti in campo

Tra gli strumenti per raggiungere gli obiettivi indicati, il Rapporto distingue quelli per stimolare la domanda e quelli che mirano a rendere più efficiente e sostenibile l'offerta. I primi includono incentivi (monetari e non) per favorire il ricorso al trasporto pubblico locale o altre forme di mobilità sostenibile, nonché disincentivi (monetari e non) all'utilizzo del mezzo privato, campagne di comunicazione e altre misure che possono incidere sui comportamenti individuali, non ultima la sensibilizzazione sulle esternalità negative causate dall'uso dell'auto privata e sui benefici prodotti dalla scelta di mezzi di mobilità sostenibile, l'uso di strumenti di pianificazione che evitino picchi di congestione della viabilità. Sul lato dell'offerta di mobilità, gli strumenti comprendono maggiori finanziamenti al Traporto Pubblico Locale (TPL), investimenti infrastrutturali (tram, metropolitane e ferrovie urbane) per aumentare l'offerta di modalità su ferro, nodi di trasporto rafforzati per favorire l'intermodalità, ciclovie e percorsi ciclopedonali, sostituzione dei mezzi più inquinanti con quelli elettrici o a idrogeno, interventi per integrare, anche grazie a piattaforme digitali, i servizi di mobilità a livello locale, miglioramento della regolamentazione, rafforzamento del ruolo del mobility manager, miglioramento delle modalità di affidamento e di gestione del servizio.