Amatrice 7 anni dopo, Pirozzi: “La polvere, le grida e la morte sempre con me”
Esclusivo. Sergio Pirozzi, ex “sindaco eroe” di Amatrice ricorda la notte della tragedia: “Inutile esorcizzare, il dolore torna sempre”. E sull'Emilia Romagna..
Sette anni fa la prima scossa di terremoto, poi la morte e la devastazione che ha trasformato Amatrice in un deserto. Il sindaco del tempo era Sergio Pirozzi, che all'epoca fu soprannominato “il sindaco eroe”.
Pirozzi cosa le è rimasto del 24 agosto del 2016?
“Tutto, tutto. La sera prima eravamo a festeggiare l'Amatrice Calcio e finimmo all'una di notte. Alle 3 la scossa. Tante di quelle persone che erano con me non le ho più viste o hanno perso familiari. Poi la sensazione che il paese non c'era più: una delle porte della cinta di mura illuminata dalla luna piena; io che esco di casa per portare in salvo la famiglia; c'era solo polvere. Poi alle 4 il primo mezzo dei Vigili del Fuoco che era arrivato da Posta che ha illuminato quella parte del Centro con la gente che strillava, urlava, piangeva. Poi la seconda scossa alle 4,30 ed è calato il silenzio”.
Quando ha capito le dimensioni della tragedia?
“Subito, quando ho visto che la porta del 1400 non c'era più e ho capito che il paese non c'era più. Pensavo di essere sotto choc anche perché non esiste nessun tipo di allenamento alle tragedie. Ebbi solo la fortuna di essere lucido e così il primo pensiero è stato per i miei cittadini. Allora scrissi su un pezzo di carta che non c'era solo Amatrice ma c'erano 69 frazioni e che tutta la zona doveva essere dichiarata “zona rossa”. E lì nelle frazioni non rispondevano ai telefoni. E proprio in una di quella frazioni c'era anche mia figlia della quale non ho avuto notizie sino alle 6,30 del mattino”.
Le prime azioni che ricorda?
“Ho chiamato l'ente gestore del gas perché c'era una puzza di metano asfissiante. Poi ho chiamato l'Enel per la diga dello Scandarello; poi siamo andati all'elisuperficie a portare il gasolio per illuminarla. Era l'unico posto dove sarebbero potuti arrivare i primi soccorsi. E abbiamo pensati ai figli, ai figli di tutti”.
Che odore ha un terremoto?
“Ha l'odore della polvere, tanta polvere e del metano. Sono cose che rimangono impresse nelle narici per sempre. E poi il rumore: gente sperduta e sanguinante che vagava nelle strade e strillava cercando chi la moglie, chi i figli. Ecco, odore e rumore sono parte di quel dolore che rimane dentro e che si cerca di esorcizzare e dimenticare ma che ti rimane dentro perché ormai è parte della tua vita”.
All'epoca fu soprannominato il sindaco eroe. Si sente ancora un eroe?
“Io ho cercato di fare il mio dovere e sono stato solo lucido. Sono cose che non puoi allenare. Ho avuto solo la forza e un pizzico di incoscienza nel pensare non solo am e ma a tutti i cittadini. Come detto, non trovavo mia figlia ma non trovavamo tutti i nostri figli. Se essere un padre di tutti i figli ed essere incosciente significa essere un eroe... Io ho solo avuto la fortuna di essere lucido”.
Parliamo di Ricostruzione. Secondo lei l'Emilia Romagna rischia di fare la fine di Amatrice?
“Sì' e no. Lì' c'è un tessuto economico importante che chiede il massimo impegno. ;a dico sì perché se non si fa tesoro dell'esperienza del passato e non si lascia mano libera ai sindaci, i ritardi ci saranno. Mi auguro per loro che avendo un Pil così alto a differenza di Amatrice, ci sarà più attenzione”.
E per Amatrice? Di chi è la colpa dei ritardi?
“Oggi non è il giorno delle polemiche ma del lutto. Dico solo che le immagini del paese e delle frazioni parlano da sole. Le immagini, non la rappresentazione o la narrazione: carta canta”.
E dopo il terremoto e l'esperienza politica cosa sta facendo?
“Eheheh, sono tornato al mio vecchio, grande amore; il calcio. Alleno l'Atletico Ascoli promosso in Serie D e il calcio, i giovani, sono la grande emozione e un antidepressivo naturale”.