Banche, la grande ritirata: chiuso il 34% degli sportelli. Effetto dinosauri e 7 italiani su 100 non hanno una filiale
L'economista indignato. In dieci anni chiuse 11mila e 231 sportelli. E l'e-banking è sotto la media europea. Gli anziani nell'emarginazione finanziaria
Negli ultimi dieci anni, in Italia stiamo assistendo a un fenomeno silenzioso ma devastante: la desertificazione bancaria. Le aziende di credito continuano a chiudere filiali nel nostro Paese. L'ultima rilevazione della Federazione Autonoma Bancari Italiani, l’organizzazione sindacale del settore, evidenzia che in meno di un decennio sono stati chiusi 11.231 sportelli, pari a circa il 34% della rete.
Si è, così, passati da 32.881 sportelli (presenti alla fine del 2012) a 21.650 sportelli (presenti alla fine del 2021); con l’aggravante che, solo tra il 2020 e il 2021, complice anche la pandemia, le unità chiuse sono state 1.830.
Il 7% della popolazione vive in comuni senza istituti bancari
Ne consegue che oggi in Italia circa il 7% della popolazione vive in comuni privi di sportelli bancari, con distribuzioni diverse. Nelle regioni con bassa estensione geografica, come il Molise o la Valle d’Aosta, la percentuale di residenti in territori non coperti da filiali supera il 30%. Nei contesti a maggiore estensione, come Piemonte, Abruzzo e Campania, la percentuale oscilla tra il 12% e il 14% (ad eccezione della Calabria, con un dato prossimo al 30%). Tale percentuale cala fortemente in Emilia-Romagna e in Toscana, dove, rispettivamente, solo l'1,2% e l'1,5% dei residenti vive in comuni senza banche.
L'e-banking è sotto la media europea
È bene evidenziare che la penetrazione dell'e-banking nel nostro Paese è ancora sotto la media europea, a causa di motivazioni anagrafiche e della scarsa copertura della rete internet. Sempre secondo il FABI, infatti, solo il 45% degli italiani usa i canali digitali per accedere ai servizi bancari. Una percentuale che ci pone al livello della Grecia (42%) e della Turchia (46%), segnalando i problemi per i molti clienti rimasti senza un riferimento fisico per le operazioni finanziarie.
La morìa degli istituti di credito: 706 nel 2012, 456 nel 2021
Secondo la rilevazione del sindacato, anche il numero delle banche è drasticamente diminuito. Dalle 706 aziende di credito censite nel 2012, si è passati alle 456 di fine 2021. Una diminuzione frutto anche delle aggregazioni tra grandi gruppi ed enti creditizi minori, che in parte spiega anche la diminuzione degli sportelli fisici. Di conseguenza, sono calati i dipendenti bancari, passati dai 315.238 del 2012 agli attuali 269.625.
Sileoni, FABI: "Gli effetti sociali delle chiusure ignorati dalla politica"
“Il ruolo sociale che le banche stanno progressivamente perdendo, anche attraverso un progressivo disimpegno sui territori, con chiusure indiscriminate e inaccettabili di agenzie bancarie, è un argomento che non può essere sottovalutato dai partiti politici. La riduzione delle filiali sta creando e creerà non pochi danni al Paese e alla clientela. [...] in particolare, agli anziani, che hanno scarsa dimestichezza con gli strumenti digitali e a chi vive al Sud, dove non solo il fenomeno della chiusura delle agenzie bancarie è più marcato e preoccupante, ma anche per un evidente problema di accesso a internet”, ha affermato Lando Maria Sileoni, segretario generale della FABI.
Le conseguenze? Catastrofiche
In primo luogo, questa chiusura di sportelli sta emarginando intere fasce della popolazione. Gli anziani, poco pratici della tecnologia, e coloro che vivono in zone periferiche, sono costretti a percorrere chilometri per recarsi presso lo sportello più vicino. E chi non ha mezzi propri o risiede in zone scarsamente servite dai trasporti pubblici, si ritrova senza accesso a servizi bancari di base.
Il secondo problema è la marginalizzazione economica delle piccole e medie imprese. Gli imprenditori locali, che un tempo potevano recarsi in banca per avere un rapporto personale con il proprio gestore, oggi si vedono costretti a gestire rapporti freddi e impersonali con call center o servizi online. Questo mette ulteriormente in difficoltà realtà economiche che già faticano a restare competitive in un mercato sempre più globalizzato.
Una trasformazione in nome del profitto?
Le banche giustificano questa ritirata con la necessità di tagliare i costi e investire nella digitalizzazione. Eppure, c’è da chiedersi: a chi serve davvero questa digitalizzazione forzata? Non certo ai milioni di cittadini esclusi o alle piccole imprese che hanno bisogno di un supporto personalizzato. Le banche italiane stanno inseguendo un profitto sempre più lontano dalla realtà del Paese. Mentre le città principali si arricchiscono di nuovi servizi digitali, le zone rurali, i piccoli centri urbani e le aree meno densamente popolate sono abbandonate a se stesse. Eppure, di tutto questo non si parla abbastanza. I grandi gruppi bancari, con l’appoggio della politica, stanno sacrificando il territorio in nome della riduzione dei costi, incuranti delle conseguenze sociali devastanti. C’è una vera e propria frattura tra la politica finanziaria delle banche e le esigenze del territorio, una frattura che sta allargando il divario tra zone sviluppate e periferiche del Paese.
Un silenzio assordante
La desertificazione bancaria non è solo un problema di mancanza di sportelli. È la spia di una crisi più ampia che riguarda la coesione sociale, l’accesso ai servizi essenziali, e il ruolo del sistema finanziario nel supportare l’economia reale. Eppure, nessuno sembra voler affrontare questa questione in modo serio e approfondito. Le banche stanno trasformando il loro modello di business, puntando sempre più sui servizi digitali, ma stanno lasciando indietro milioni di cittadini, creando nuove forme di esclusione sociale e alimentando disuguaglianze. La desertificazione bancaria è un fallimento del sistema finanziario italiano, e il silenzio su questo tema è tanto preoccupante quanto inaccettabile.
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Alberto Frau è professore di Economia e gestione aziendale - Revisore legale e analista indipendente - Scrittore e saggista. Ricercatore universitario nell'Università di Roma "Foro Italico" è altresì professore a contratto in differenti master post laurea presso la Luiss Business School.
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