Carcere Regina Coeli: detenuto psichiatrico dà fuoco alla cella, il Sappe: “Caos nell'inerzia dell'Amministrazione”

Nel rogo della cella due agenti della Penitenziaria sono rimasti intossicati. Somma: “Siamo sconcertati dall’assenza di provvedimenti”

La pianta del carcere di Roma di Regina Coeli
Roma

Maurizio Somma, segretario per il Lazio del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, racconta quanto è avvenuto nelle ultime ore nella struttura detentiva di Roma: “Sabato 17, un detenuto psichiatrico ha dato fuoco alla cella: due poliziotti sono prontamente intervenuti per spegnere l'incendio, ma sono rimasti intossicati con il fumo e hanno dovuto portarli in ospedale”.

Il sindacalista evidenzia, ironico e tagliente, che “il Sappe, in più occasioni ha chiesto pubblicamente che chi di dovere tenga in considerazione le criticità dei penitenziari laziali che evidentemente non sono più in condizione di gestire le troppe tipologie di detenuti, tra cui molti psichiatrici. Non a caso, buona parte dei gravi eventi critici violenti che accadono vedono protagonisti proprio questa tipologia di detenuti. Questo è inaccettabile! E siamo sconcertati dall’assenza di provvedimenti in merito contro chi si rende responsabile di queste inaccettabili violenze, determinando quasi un effetto emulazione per gli altri ristretti violenti. Aggressioni, colluttazioni, ferimenti contro il personale, così come le risse ed i tentati suicidi, sono purtroppo all’ordine del giorno”.

Donato Capece: "Da tempo denunciamo le violenze"

Per Donato Capece, segretario generale del Sappe, è necessario intervenire sulla carenza di organico, sulle aggressioni al personale di Polizia penitenziaria, sull’adeguamento delle risorse contrattuali e la dotazione del Taser e della tecnologia a supporto della sicurezza. Per questo evidenzia che “da tempo, come Sappe, denunciamo le inaccettabili violenze che si verificano nelle carceri: dal 2023 si sono registrati 1.760 casi di violenza e 8.164 atti di minaccia, ingiuria, oltraggio e resistenza”.

Il leader del SAPPE evidenzia i problemi connessi alla gestione dei detenuti stranieri (“da espellere per scontare la pena nelle carceri dei Paesi di provenienza”), di quelli tossicodipendenti e degli psichiatrici, che non dovrebbero stare in carcere ma in Comunità adeguate: “La loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all'interno di un ambiente di per sé così problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta. Non vi è dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare tale intervento”.

Infine, il leader del Sappe ha ribadito la necessità “di potenziare gli uffici per l’esecuzione penale esterna attraverso le articolazioni territoriali della Polizia Penitenziaria, con personale opportunamente formato e specializzato”. “Di fatti, secondo il Sappe, è proprio questa la mission futura dell’esecuzione penale, che dovrà concentrare tutti i propri sforzi sulle misure alternative alla detenzione che si prevede potranno interessare decine e decine di migliaia di affidati”, conclude.

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