Carceri, la rivolta dei secondini: “Siamo prigionieri dei detenuti, ora basta”
I sindacati della Polizia Penitenziaria dichiarano lo stato di agitazione nelle carceri del Lazio: “Lavoro compromesso da carenze di organico”
Nelle carceri di Roma e del Lazio, la rivolta è al contrario. Stavolta sono gli agenti della Polizia Penitenziaria a dichiarare lo stato di agitazione poiché “ordine e sicurezza, sono compromessi dalle gravissime carenze di organico e per una mancanza di politiche che diano certezze a chi deve garantire il rispetto delle regole penitenziarie”.
In una lunga nota le associazioni di categoria Sappe, Sinappe, Osap, Uilpa, Uspp, Fncisl Fp Cgil a firma di Somma, Pierucci, Proietti, Tuzi, Nicastrini, Costantino e Di Domenico , denunciano le “le continue aggressioni che il personale deve subire dai detenuti più violenti che non accettano il rispetto delle regole penitenziarie, per la quale non esiste alcuna possibilità di difendersi senza conseguenze sullo stato psico-fisico”.
L'età media del personale è 50 anni
Scrivono le organizzazioni sindacali: “Il personale è sempre più anziano anagraficamente avendo superato oltre la metà di essi l’età anagrafica dei 50 anni, chiamato a raddoppiare turni, straordinari e posti di servizio, con ricadute sullo stress psicofisico, dovendo altresì’ gestire detenuti con varie problematiche legate al comportamento etero-aggressivo, conseguenze anche di disturbi mentali sofferti da soggetti che trovandosi ristretti in ambienti non idonei alle loro patologie, diventano mine vaganti all’interno delle sezioni detentive”.
La Sanità Penitenziaria gestita territorialmente dalle Asl
Secondo i sindacati, le Asl non “mantengono univocità delle dovute attenzioni per garantire l’assistenza necessaria, con ulteriori ricadute alla gestione della Sicurezza Penitenziaria, di competenza della Polizia Penitenziaria che Deve come da normativa vigente garantire anche l’incolumità fisica dei detenuti, con l’emanazione di disposizioni che vanno dalla grande alla grandissima sorveglianza fino alla sorveglianza a vista, la cui esecuzione è forzatamente loro demandata e a cui in caso di possibili atti autolesionistici, se non suicidari, diventano i primi a doversi difendere da eventuali contestazioni dell’A.G”.
Il dramma delle sezioni Covid che fanno paura
Sacrivono ancora: “Nelle sezioni Covid sono reclusi centinaia di detenuti ritenuti positivi asintomatici, con il rischio di poter contrarre il patogeno seppur vaccinati allo stesso. La mancanza di consegna dei DPI (Mascherine FFP2) destinati solo ad alcuni servizi, quando di fatto la possibilità di affollamento in alcuni spazi è una circostanza assodata (sezioni detentivi, colloqui famiglia, passeggi per le ore d’aria ecc.), dove l’amministrazione non sembra aver alcuna voce in capitolo su come devono essere gestite tali situazioni trattandosi di competenze in seno alle ASL territoriali. Una presenza costante di detenuti cosiddetti psichiatrici che implica ulteriori esigenze operative che non competono alla Polizia Penitenziaria che di fatto invece e chiamata ad adempiere come un “assistenza” assidua per evitare i loro comportamenti "disturbanti" che possono provocare ulteriori conseguenze alla loro incolumità e degli altri ristretti.
L'attacco alla politica e alle amministrazioni
Infine, “A causa di quanto sopra segnalato il personale Polizia Penitenziaria fortemente provato nelle incombenze quotidiane, risulta altresì fortemente demotivato, sentendosi abbandonato da chi dovrebbe assicurare loro vicinanza come l’Amministrazione Penitenziaria, il Ministro della Giustizia e gli organismi politici; che invece sembrano essere solo interessati ad altro. Tutto questo non può essere più tollerato. Diventa quindi necessario attivare lo Stato di agitazione con conseguenti atti di protesta più incisivi, sempre nel rispetto delle normative vigenti, davanti ai siti istituzionali presenti territorialmente”.