Chiusi 5 mila negozi, la grande depressione del commercio romano: è emergenza

Una moria di attività che vede il centro storico al primo posto per saracinesche abbassate: il 65% delle chiusure è stato registrato nel cuore di Roma

di Franco Pasqualetti
Chiusure dei negozi
Roma

Cinquemila negozi chiusi in meno di tre anni anni, 1500 nel solo 2023, incassi crollati in media del 35% e un tasso di nascita di nuove imprese ai minimi storici. È il terribile andamento del commercio a Roma, fotografato da un reoport fatto dalle maggiori associazioni di categoria. 

Una moria di attività che vede il centro storico al primo posto per saracinesche abbassate: il 65% delle chiusure è stato registrato nel cuore di Roma.

Perché tante chiusure

Alla base delle tante chiusure il caro affitti, l'incremento dei costi energetici, tasse soffocanti e politica poco incline alle attività commerciali. Come il resto d’Italia, anche a Roma e nel Lazio gli imprenditori sono scoraggiati e poco propensi ad avviare nuove attività. Nel Lazio sono state avviate appena 2200 nuove imprese. Un numero esiguo che, secondo gli studi, crollerà nel 2030, attestando sulle 1000 unità. Per il 2023 si stima che in Italia abbiano tirato su la saracinesca per la prima volta solo poco più di 20mila attività, l’8% in meno del 2022 e il numero più basso degli ultimi dieci anni. 

I comparti

Il crollo delle nuove aperture riguarda quasi tutte le tipologie di commercio in sede fissa, con cali particolarmente rilevanti per i negozi di articoli da regalo e per fumatori (-91%), per i gestori carburanti (-80%), per edicole e punti vendita di giornali, riviste e periodici (-79%), ma anche per i negozi di tessile, abbigliamento e calzature (oltre il 65% in meno). Tra le attività del commercio, le nascite di imprese aumentano solo nel commercio via internet. È in caduta libera anche il commercio ambulante. Se nel Lazio, nel 2013, aprivano circa 900 attività, nel 2022 sono state appena 300. E su questo fronte la situazione potrebbe addirittura peggiorare se il Campidoglio volesse andare alla rottura totale con gli ambulanti mettendo a bando tutte le licenze.

Bar e ristoranti

Quello che apparentemente sembra un settore trainante, e parliamo di ristorazione e bar, è invece un altro settore in profonda crisi. Nella Capitale, secondo uno studio della Fipe Confcommercio, in dieci anni hanno chiuso circa 12mila bar, con numeri altissimi nel centro storico di Roma. una desertificazione commerciale che, a quanto pare, riguarda settori diversi.

La spinta del Giubileo

Secondo gli esperti una risollevata al settore commercio potrebbe arrivare con il Giubileo ma, paradossalmente, le stime di crescita riguardano solo attività di souvenir e negozi automatizzati (i punti vendita che al posto di commessi e negozi hanno i distributori di panini, bibite e snack: a Roma si registra un vero boom con nuove aperture di questa forma anomala di commercio pari al 72%).

Strade fantasma

Ci sono dei casi emblematici nella Capitale come quello di via Nazionale dove, dal 2022 a oggi, hanno chiuso i battenti circa il 60% dei negozi. Discorso analogo per via del Tritone e viale Marconi. Streade che un tempo erano delle miniere di clienti e dove oggi le commesse sono invitate dai proprietari anche a spegnere le luci delle vetrine per risparmiare sulle bollette.

La denuncia di Confartigianato

Altro dato allarmante su scala regionale è quello legato all'artigianato. Non si arresta “il calo delle imprese artigiane nel Lazio, si registra una riduzione del numero totale di 670 unità in 12 mesi. Una tendenza decennale, che ha portato l'Albo delle imprese Artigiane dalle oltre 101mila del 2012 alle circa 90mila attuali. Lo si legge in una nota di Confartigianato Lazio. L'analisi dei dati sull'andamento dell'Artigianato nel Lazio nel 2022-2023 “conferma la crescita del settore edile, dei servizi per la cura della persona e della produzione di software. Sostanziale riduzione invece negli altri settori, con un vero e proprio crollo nella manifattura (Lavorazione Ferro, Legno, Materia Plastiche)”. Nel dettaglio, è sceso a 515 il numero delle imprese manifatturiere, meno 104 dell'autoriparazione, meno 120 della ristorazione artigiana. Tra le altre, crescono le imprese edili di 67 unità e dei servizi per la cura della persona di ben 151.

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