Concessioni balneari: “Se lo Stato incasserà di più pagheranno per primi i cittadini che vanno al mare”

L'analisi economica del professor Paolo Rubini: “Il dibattito è da ombrellone, perché nessuno sinora si è occupato della qualità dei servizi e dei prezzi”

di Paolo Rubini
Roma

Il dibattito estivo nazionale è comprensibilmente impegnato, oltre che sulle ben più rilevanti crisi internazionali, anche sulle procedure di rinnovo delle concessioni demaniali balneari, alla luce della ormai quasi ventennale emanazione della controversa Direttiva Bolkestein.

 

Le varie fazioni si confrontano, proprio sotto l’ombrellone, sui bassi canoni incassati dallo Stato per le concessioni in essere e per gli elevati prezzi pagati dai bagnanti per una giornata in spiaggia con ombrellone e lettini e tutti sono concordi con il fatto che il rinnovo delle concessioni con gara pubblica sarà la soluzione per ogni problema. In realtà non potrà essere così.


Il rischio che le Concessioni facciano la fine delle privatizzazioni

Siamo già passati per semplificazioni di questo tipo all’epoca delle privatizzazioni, quando attraverso questo unico strumento, abbiamo perseguito l’obiettivo della massimizzazione delle entrate per lo Stato e la riduzione del debito pubblico, e l’apertura ai piccoli risparmiatori del mercato dei capitali. Come è andata a finire è oramai storia. L’incongruenza degli almeno duplici obiettivi con l’unico strumento – le privatizzazioni – non ha consentito né l’uno, né l’altro. Infatti, per la massimizzazione delle entrate dello Stato, si sarebbero dovute privatizzare le aziende pubbliche cedendo la maggioranza o la totalità delle azioni ad un investitore che avrebbe pagato un prezzo più alto, comprensivo del premio di controllo, mentre per avere il coinvolgimento del maggior numero di risparmiatori nel mercato borsistico nazionale, si sarebbe dovuta privilegiare la strada della public company e dell’azionariato popolare.

Il teorema di Jan Tinbergen, sconosciuto alla politica

Come ha ben spiegato e dimostrato nel 1966 dall’economista Jan Tinbergen, premio Nobel per l’Economia nel 1969, con il teorema che porta il suo nome, la condizione necessaria (ma non sufficiente) perché un problema di politica economica abbia soluzione univoca è che il numero delle variabili obiettivo sia uguale al numero delle variabili strumento. Per questo motivo, (due obiettivi) le nostre privatizzazioni (un solo strumento) sono andate come ben sappiamo.

Se l'operatore pagherà di più la concessione perché dovrebbe offire prezzi bassi e più qualità?

Ora, con il problema delle procedure di rinnovo delle concessioni demaniali balneari, mi sembra ci si stia indirizzando nella stessa direzione. Per quale motivo, un operatore che sia riuscito ad aggiudicarsi una concessione demaniale a seguito di “procedura Bolkestein” ad un prezzo magari il triplo di quello pagato dal precedente gestore, dovrebbe offrire al mercato servizi di maggiore o uguale qualità, ad un prezzo uguale o inferiore? La teoria economica non sa spiegare un simile comportamento, ma forse nemmeno il buon senso popolare.

Una giornata in spiaggia costa il 5% dello stipendio di molti lavoratori

Quindi, senza voler entrare nel complesso delle argomentazioni giuridiche sulla derogabilità o meno della Direttiva Bolkestein, sulla esigenza di tutela o meno di chi ha finora sviluppato e gestito le attuali attività balneari, sulla attuale qualità dei servizi e della equità e sostenibilità sociale ed economica del rapporto qualità/prezzo degli stessi (una giornata in spiaggia per una famiglia, può costare il 5% dello stipendio netto mensile di molte categorie di lavoratori?), per non alimentare false aspettative ed anche magari strumentali movimenti di opinione, ricordiamoci tutti le enunciazioni del teorema di Tinbergen e prendiamo atto del fatto che se avremo un incremento del prezzo pagato allo Stato per le concessioni demaniali, nessuno potrà aspettarsi una riduzione del costo dei servizi balneari o un miglioramento del rapporto qualità/prezzo.

Per raggiungere entrambi gli obiettivi, servono duplici strumenti e finora nessuno se ne sta occupando seriamente.

Paolo Rubini, docente di Economia del Turismo a La Sapienza

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