Corteo Pro Palestina 5 ottobre: tensione altissima, il nuovo Questore blinda Roma. I Comitati: “Ci saremo”
Il nuovo responsabile di San Vitale, Roberto Massucci: "I controlli, inizieranno fin dai caselli, diventando più stringenti nei luoghi delle iniziative"
Roma blindata già da venerdì 4 per fermare eventuali cortei Pro Palestina. Lo ha detto il nuovo Questore di Roma, Roberto Massucci, raccogliendo la sfida dei Comitati guidati dai Giovani Palestinesi che prima hanno annunciato il ricorso al Tar e poi si preparano alla disobbedienza.
Di fronte alla sfida Massucci ha chiarito: “Noi abbiamo già iniziato a lavorare sulle informazioni e faremo un tavolo tecnico il 4 ottobre. Ci stiamo organizzando per pianificare servizi specifici a Ostiense e, i controlli, inizieranno fin dai caselli, diventando più stringenti nei luoghi delle iniziative per le quali, lo ricordo, esiste un divieto che va fatto rispettare anche utilizzando il dialogo. Questa è una gestione che inizierà già nelle prossime ore e poi proseguirà anche nelle giornate successive".
La sfida dei promotori: "Saremo comunque in piazza"
La manifestazione, indetta tra gli altri dall'Unione democratica arabo-palestinese (Udap), e dai giovani palestinesi italiani si potrebbe tenere comunque, visto che i promotori promettono di essere in piazza, ma hanno deciso in ogni caso di portare la questione al tribunale amministrativo, per contestare una decisione che per loro è "arbitraria e di natura politica".
"Il divieto è una decisione politica"
"Riteniamo che quella della Questura di Roma sia una decisione politica che nulla ha a che vedere con l'ordine pubblico, ed essendo stata una decisione unilaterale abbiamo deciso di non sottostare a questo diktat e mantenere l'indicazione per il 5 ottobre, avviando l'iter per un ricorso al Tar", ha detto Khaled El Qaisi, rappresentante Udap, che aggiunge: "Siamo fiduciosi che il Tar possa intervenire e sventare quello che riteniamo possa essere un grave precedente antidemocratico". I palestinesi quindi non staranno certamente a casa accettando il diniego: in piazza o al festival della cultura della resistenza nazionale, organizzato a Roma da una parte dei movimenti al circolo Angelo Mai, promettono di far sentire la loro voce
Il comunicato diffuso da Giovani Palestinesi d’Italia
“La questura di Roma ha vietato formalmente ogni manifestazione prevista il 5 ottobre a Roma, coerentemente con le dichiarazioni del ministro Piantedosi. La prescrizione da parte della questura di Roma è un divieto politico, come si evince dalle motivazioni espresse da parte delle autorità. Ancora una volta il governo italiano, forte della sua complicità con “Israele”, utilizza gli strumenti della repressione per mettere a tacere ogni forma di solidarietà nei confronti del popolo palestinese.
Dietro alla questione dell’ “ordine pubblico” si cela invece la volontà politica di censurare la nostra mobilitazione in un clima di repressione politica mai visto prima. Dopo il divieto del 27 gennaio e le ripetute violenze da parte delle forze dell’ordine durante le manifestazioni in solidarietà al popolo palestinese, questo divieto ribadisce la posizione del governo italiano ad un anno dall’inizio del genocidio.
La gravità di questo provvedimento è inaudita
Dopo un anno di Genocidio in Palestina, mentre assistiamo al massacro in Libano, è il movimento italiano di solidarietà alla Palestina ad essere colpevole. Dopo più di 42mila vittime in Palestina e 600 in 3 giorni di attacchi indiscriminati in Libano, è la nostra resistenza il colpevole. È il movimento di solidarietà con la Palestina, non i macellai di Tel Aviv, quello da fermare, solo perché diciamo: è giusto resistere al colonialismo e all’oppressione. A questo punto il problema non è solo “Israele”, che da 76 anni porta avanti coerentemente il progetto coloniale sionista. La democrazia è malata e sta fallendo, e il problema è l’Italia, che arma e protegge il regime genocidario, mentre cerca di reprimere chi si oppone alla guerra.
Questo divieto non è altro che il preludio dello stato di guerra che entrerà in vigore con il ddl 1660, il nuovo decreto sicurezza del Governo Meloni, messo a punto per reprimere brutalmente qualsiasi forma di protesta e di dissenso, come nel nostro caso. Un precedente pericoloso per chiunque si batte per il diritto alla libertà di manifestazione e di espressione.
Scendere in piazza il 5 ottobre è un atto minimo di disobbedienza, contro “Israele” e i suoi crimini, contro la NATO che ci ha portati nel barato della guerra, contro il Governo Meloni, prima che sia troppo tardi, prima che non esistano più le libertà fondamentali. Contro l’accanimento nei confronti del nostro popolo e di tutte le nostre forme di resistenza al colonialismo che ci priva di vivere la nostra terra e le nostre famiglie da più di un secolo e che oggi colpisce ancora una volta, i nostri fratelli libanesi. Scendiamo in piazza, non ci renderanno complici della protezione e impunità di “Israele”. Il 5 ottobre in piazza denunceremo a voce alta l’illegittimità dell’intoccabile alleato italiano e ricorderemo i nostri martiri palestinesi e libanesi.”