“Così ho inchiodato la Ferragni”. Rienzi, Codacons: “Far west influencer”

Carlo Rienzi, storico presidente del Codacons racconta il caso Balocco Ferragnez: “La coppia già denunciata nel 2020”

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Roma

Carlo Rienzi e il Codacons: 104 denunce in 104 diverse Procure sparse in altrettante città italiane e una serie di affondi giudiziari contro il duo Ferragni-Fedez simbolo del costume degli influencer e del ruolo che rappresentano nel mercato.

Rienzi non si accontenta delle denunce e di ciò che uscitrà dalle indagini e attende che il dossier presentato alla Guardia di Finanza dia i suoi frutti.

Presidente Rienzi, lei rischia di passare alla storia come l’uomo che ha piegato la regina degli influencer Chiara Ferragni. Ne è cosciente?

Carlo Rienzi, presidente Codacons
 

“Io in realtà penso che la Ferragni si sia piegata da sola, attraverso una serie di errori clamorosi, e con un marito, Fedez, le cui ultime uscite non fanno che peggiorare la situazione, ma di certo posso dire di essere stato profetico. Quando nel 2020 denunciammo che qualcosa non andava nella raccolta fondi dei Ferragnez per il Covid tutti, dalla stampa ai politici, hanno messo al rogo il Codacons, lanciando una caccia alle streghe contro la nostra associazione. Oggi, dopo 4 anni e alla luce degli ultimi scandali, posso dire che noi avevamo ragione e loro torto. E che in molti ci dovrebbero delle scuse pubbliche, a partire da Carlo Calenda”.

La strategia di presentare una serie di denunce in diverse procure è stata studiata a tavolino?

“Fa parte dei fini statutari della nostra associazione, che persegue la tutela dei consumatori attraverso gli strumenti legali. Dopo aver letto le carte dell’Antitrust sulla sanzione a Ferragni e alla Balocco, abbiamo valutato che la questione era più grande di un mero illecito amministrativo, e poteva configurare ipotesi penali. Si poneva tuttavia la domanda sulla territorialità: le società della Ferragni hanno sede a Milano, la Balocco ha sede legale a Cuneo, ma l’acquisto dei pandori è avvenuto su tutto il territorio nazionale, circostanza che giustifica l’esposto a 104 Procure di tutta Italia”.

Cosa ne pensa degli influencer e del loro ruolo commerciale?

“Credo che sia un far west dove mancano del tutto regole e paletti, e dove il consumatore è la parte debole che rischia di più. Una deriva che porta ad eccessi e scorrettezze nei confronti degli utenti, e che in alcuni casi possono diventare veri e propri reati, come la pubblicità ingannevole o quella occulta. Le aziende devono rivedere il loro rapporto con gli influencer, pesando più alla qualità dei messaggi che vogliono lanciare che alla quantità del pubblico da raggiungere. Anche perché, come insegna il caso Ferragni, quando qualcosa va storto il danno reputazionale per le società coinvolte è enorme”.

Pensa che ci siano altre sponsorizzazioni poco chiare?

“Assolutamente si. Basta aprire Instagram per vedere influencer che si fotografano in resort di lusso, spa, ristoranti, o che indossano griffe e marchi famosi senza indicare chiaramente la natura pubblicitaria di tali messaggi. Abbiamo presentato nei mesi scorsi un dossier alla Guardia di Finanza, proprio per verificare se in tali casi vi siano rapporti commerciali tra l’influencer di turno e la spa o il resort mostrato sui solcial, e in quale misura tali rapporti siano dichiarati ai fini fiscali e tassati come prevede la legge. E ci aspettiamo un intervento deciso in merito”.