Forni, panifici e pescherie in mano alla 'ndrangheta calabrese: la retata

Smantellata a Roma una cellula della 'ndrangheta che acquisiva attività commerciali con prestanomi

Roma
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Una 'cellula' della 'ndrangheta radicata a Roma. E' quella su cui ha indagato la Dia capitolina su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, che a Roma e provincia, nella regione Lazio, a Reggio Calabria e in Calabria, sta eseguendo una ordinanza, emessa dal gip di Roma, nei confronti di 43 persone, alcune delle quali devono rispondere di associazione per delinquere di stampo mafioso.

La ‘ndrangheta della Capitale acquisiva la gestione o il controllo di attività economiche nei più svariati settori (da quello ittico, alla panificazione, della pasticceria, al ritiro delle pelli e degli olii esausti), facendo poi sistematicamente ricorso a intestazioni fittizie al fine di schermare la reale titolarità delle attività.

Sono tuttora in corso perquisizioni e sequestri nonché l’esecuzione di misure cautelari disposte dal gip di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, in coordinamento con la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.

“Noi a Roma siamo una propaggine di là sotto (riferendosi alla Calabria, ndr.)”: è quanto affermano in una intercettazione alcuni dei soggetti indagati. Tra questi, anche Vincenzo Alvaro, tra i capi assieme a Antonio Carzo. Alvaro era stato arrestato nel 2009 come “mente operativa” delle ‘ndrine a Roma nell’ambito dell’operazione “Café de Paris” che interessò il celebre locale di via Veneto. “Prima che arrivassi io tutta questa cosa bella non c’era” dice Carzo mentre descrive la sua "creatura". Prima c’erano insomma tanti calabresi, ma tutti sparpagliati. Ora invece “siamo una carovana per fare una guerra”, constata Alvaro

Ma non è tutto. Le indagini hanno disvelato che il legame tra la ‘casa madre’ sinopolese e la propaggine romana è stato sempre attivo e gestito con estrema cautela: secondo una strategia ben specifica, i due capi del "locale" di ‘ndrangheta limitavano al minimo gli incontri di persona con i vertici calabresi, facendoli coincidere con eventi particolari, quali matrimoni o funerali, in occasione dei quali si sono svolti incontri fugaci ma risolutivi; nei casi di estrema urgenza, poi, gli incontri sono stati concordati mediante l’intermediazione di "messaggeri".

 

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