Il gas metano: tradita l'Italia che puntava dal 1980 sull'energia green. Il caro-gas era prevedibile

L'economista indignato. Il professor Alberto Frau analizza le politiche energetiche del Paese. Ora conviene più l'elettricità meglio se da fonti sostenibili

di Alberto Frau
Roma

Erano gli anni a cavallo fra il 1980 e 1990 e la tv italiana trasmetteva uno spot con questo slogan: “Il metano, ti dà una mano!”.  In atto c’erano importanti investimenti con lo scopo di metanizzare la maggioranza dei comuni italiani.

Una felice eterogenesi frutto di una scelta strategica Green fatta molti anni fa allo scopo di risparmiare e soprattutto di inquinare meno possibile ma ahimè fortemente penalizzata dal rincaro subito da fine 2021. Il conflitto russo-ucraino e le successive (paradossali) politiche dei governi hanno infatti dato una pesante mazzata al gas naturale. Questo ha fatto sì che le oscillazioni dei prezzi internazionali, leggasi l'attuale "caro gas", abbiano avuto un impatto significativo sia sui costi industriali che su quelli domestici.

Oggi il metano vale come l'oro

Il metano oggi è come l'oro, tanto da far diventare l'energia elettrica (prima fonte preziosa e onerosa) oggi conveniente, vuoi per le nuove fonti di energia elettrica (fotovoltaico, eolico) e vuoi perché consente di soddisfare le esigenze di consumi quotidiani degli ambienti domestici come cucinare i cibi, riscaldare gli spazi e scaldare l’acqua. In tale ambito le tecnologie di riscaldamento a pompa di calore, i forni elettrici a induzione, i condizionatori (e i relativi incentivi all’acquisto di tali apparecchiature) stanno guadagnando popolarità come alternativa al riscaldamento a gas.

Lo scenario dell'automotive: sempre meno modelli a gas

Per non parlare dell’automotive. Al momento la situazione del gas naturale è un paradosso: è migliorata di molto la rete distributiva, la tecnologia ha reso la sua efficienza paragonabile alla benzina, il suo costo è molto più conveniente degli altri carburanti, eppure sul mercato si trovano sempre meno auto disponibili e si cerca in tutti i modi di far passare il popolo degli automobilisti (sempre più sconcertato) all’elettrico! Eppure, l'Italia e la Germania fecero importanti scelte strategiche puntando sul metano: la prima ha imposto per legge l'erogazione del metano obbligatoria per i nuovi distributori di carburanti, la seconda ha investito nel sostenere la generazione di bio metano dai rifiuti.

L'elettrico può andar bene a patto che ci siano infrastrutture

A ben vedere, il passaggio all’elettrico solleva, allo stesso tempo, la questione delle infrastrutture. Per sostenere un aumento significativo del consumo elettrico, è necessario potenziare la rete di distribuzione elettrica e garantire che l’energia utilizzata provenga in misura crescente da fonti rinnovabili, altrimenti il Paese rischia di rimanere ancora vulnerabile agli shock sui mercati internazionali dell’energia e soprattutto ai sempre più frequenti blackout causati dai picchi della domanda, come nei grossi centri urbani come Milano e Roma e non solo. Per non parlare della rete delle colonnine di ricarica. I risultati di molti studi hanno evidenziato un aumento del fattore di carico massimo degli elementi di rete a causa della ricarica dei veicoli, con maggiori problemi legati a sovraccarichi di breve durata ma importanti per gli elementi a livelli di tensione più bassa delle reti metropolitane. Se consideriamo il futuro, è probabile che la tendenza verso l’elettrificazione continuerà, ma sarà accompagnata dalla necessità di sviluppare un sistema energetico più efficiente e resiliente.

Nelle grandi sfide la lentezza è made in Italy

In tale prospettiva, c’è da osservare, purtroppo, che il nostro Paese ha spesso mostrato lentezza e inefficienza nell'affrontare grandi sfide economiche e politiche. La transizione energetica è un esempio emblematico. Nonostante le dichiarazioni di intenti e la volontà politica espressa a livello europeo, l’attuazione concreta delle riforme in Italia spesso si è scontrata con ostacoli burocratici, mancanza di visione a lungo termine e un approccio poco coordinato tra i vari livelli di governo.

La dipenden dal gas russo era prevedibile

Uno dei problemi cronici è la scarsa capacità di fare investimenti strategici a lungo termine, soprattutto in settori cruciali come le infrastrutture energetiche. In molte occasioni, i governi italiani hanno agito in modo reattivo piuttosto che proattivo, affrontando le emergenze solo quando i problemi si sono aggravati. L’attuale “caro gas” ne è un esempio: la dipendenza dal gas russo ha messo a nudo la vulnerabilità dell'Italia, ma questa situazione era prevedibile da anni, eppure le politiche energetiche non sono state abbastanza incisive per ridurre questa dipendenza in modo significativo.

Sempre meno investinenti in ricerca e svilupo

In aggiunta, occorre osservare che il settore pubblico e privato italiano ha spesso mostrato una scarsa capacità di innovazione rispetto ad altri paesi europei. Le imprese, ad esempio, tendono a investire meno in ricerca e sviluppo, e questo si riflette anche nella lentezza con cui alcune tecnologie rinnovabili vengono adottate. La burocrazia, poi, rallenta molti progetti legati all’energia, soprattutto quelli relativi alla costruzione di impianti rinnovabili come solare ed eolico.

L'Italia deve trovare il coraggio

L'Italia sembra bloccata in una continua rincorsa, senza una vera strategia a lungo termine. C’è bisogno di una politica economica forte, coraggiosa e ben coordinata, ma purtroppo la storia della Repubblica italiana ci ha abituati a un mix di riforme parziali, compromessi e rimpasti politici che raramente portano a soluzioni durature. La mancanza di pianificazione strategica in Italia è una delle radici più profonde dei nostri problemi economici e strutturali. Spesso si agisce senza una visione di lungo periodo, e questo porta a cicli di emergenze continue che ostacolano il progresso.

La frammentazione politica riduce l'innovazione

Un altro aspetto è la frammentazione politica. In Italia, abbiamo visto alternarsi governi di coalizione instabili, con forze politiche che, più che concentrarsi sul bene comune, sembrano preoccuparsi di mantenere il proprio elettorato. Questo porta a un immobilismo, a riforme annacquate o incomplete e a una scarsissima attenzione al futuro delle nuove generazioni che sono sempre più attive nel chiedere cambiamenti e nel promuovere nuovi modelli di sviluppo sostenibile.

IL Belpaese di Amici Miei e del Conte Mascetti

È come in Amici Miei – Atto IIº quando il conte Mascetti (interpretato da Ugo Tognazzi, ndr) vive per un po’ al Grand Hotel & La Pace di Montecatini. In quel momento il conte sta meglio dei suoi amici ma il problema emerge quando arriva il conto. E non a caso nel film si finge fattorino per non pagare.

Orbene, se dall’inizio della storia della Repubblica, e in successione nei decenni successivi, l’Italia si è trovata in una situazione drammatica come quella descritta è perché, nei confronti della politica energetica, ha vissuto come il Conte Mascetti. Solo che per lui, domani, pagheranno i suoi nipotini.

Alberto Frau è professore di Economia e gestione aziendale - Revisore legale e analista indipendente - Scrittore e saggista. Ricercatore universitario nell'Università di Roma "Foro Italico" è altresì professore a contratto in differenti master post laurea presso la Luiss Business School.

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