Malagrotta: Chicco Testa all'Ecomafie: “Non è inquinata e non è abusiva"

Il presidente di Assoambiente, Chicco Testa, in Commissione Ecomafie, squarcia il velo sull'ipocrisia che circonda l'ex discarica. La verità sul risanamento

di Donato Robilotta
Chicco Testa
Roma

Il Presidente di Assoambiente, Chicco Testa, in audizione presso la commissione bicamerale Ecomafie, presieduta dal parlamentare della Lega, Jacopo Marrone, ha squarciato il velo di ipocrisia che c’è su Malagrotta dicendo in maniera chiara che la discarica non avuto nessuna infrazione europea, non è abusiva e non è un sito inquinato.

Inoltre, ha aggiunto Testa, tutti i piani per il risanamento erano già stati presentati da tempo dalla vecchia proprietà. Malagrotta non è mai stata colpita da procedura di infrazione europea perché quella aperta nel 2011, come Eu-Pilot, fu chiusa nel 2016, a seguito della constatazione che la discarica aveva osservato le regole europee. Infatti dal 2011 sino alla chiusura di Malagrotta, avvenuta nel 2013, nella discarica sono stati sversati solo rifiuti trattati dal tritovagliatore, appositamente acquistato dall’avvocato Cerroni per evitare la crisi dei rifiuti a Roma, e poi dai Tmb di Malagrotta e Rocca Cencia, come deciso dall’ordinanza del prefetto Sottile del dicembre del 2012, la cosiddetta “ordinanza dei cento giorni”.

"Le responsabilità della politica"

Malagrotta ha servito Roma per quasi 50 anni e con tariffe tra le più basse, e se la sua attività è andata oltre quello che si poteva prevedere non è stato per l’influenza esercitata dal proprietario, come qualcuno accusa, ma per l’incapacità della classe politica a trovare un’alternativa. Tanto che quando Marino la volle chiudere nel 2013, senza aver trovato un’alternativa, il sistema è andato in emergenza.

Picchetto Fratin corregge la definizione

Malagrotta non è abusiva e Chicco Testa ha rivelato, come io ho anticipato giorni fa su affaritaliani.it, di aver scritto al Ministro per l’ambiente Gilberto Pichetto Fratin dicendogli “che la definizione di abusiva non era idonea”, e il Ministro gli ha risposto “che sarebbe intervenuto per far correggere i bandi di gara per il capping che riportavano questa definizione”. Cosa che a quanto pare non sia avvenuta, perché nessuna errata corrige è stata apportata ai bandi pubblicati sulla gazzetta ufficiale.

Nella legge 42/2023 sparisce "abusiva"

Ho già scritto nel merito ampiamente proprio su affaritaliani.it del 9 maggio scorso. ma qui mi preme sottolineare che è stato il Parlamento Italiano a decretare che Malagrotta non è una discarica abusiva e non è un sito inquinante, e se vi sono ancora documenti che riportano la dizione “abusiva” sarebbe una cosa di una gravità assoluta. È vero che l’art. 52 del dl 13/2023, pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 47 del 24 febbraio 2023, che ha previsto i finanziamenti per il risanamento della discarica di Malagrotta, definiva abusiva la discarica. Ma in sede di conversine il Parlamento Italiano, recependo le vibrate proteste dell’amministratore delegato della E. Giovi, ha riconosciuto che si trattava di un grave errore e cancellava la parola abusiva, come risulta dalla legge di conversione 41/2023 del 21 aprile.

"Definita abusiva per giustificare il denaro pubblico"

Chicco Testa ha affermato in maniera netta che “la definizione di Malagrotta come discarica abusiva non sta né in celo né in terra, probabilmente costituiva la giustificazione per destinare denaro pubblico e coinvolgere il Generale Vadalà, che deve intervenire sulle discariche abusive italiane per risanarle. Quindi se non ci fosse stata quella caratterizzazione, sia la destinazione di denaro pubblico sia il coinvolgimento del generale Vadalà sarebbero risultati difficili”.

Inoltre l’impianto di Malagrotta non può essere considerato inquinato perché l’art. 240 comma 1 lettera e) del Dlgs n. 152/2006 definisce sito contaminato il “sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio “CSR”, determinati con l’applicazione della procedura di analisi di rischio, di cui all’allegato 1 alla parte quarta del presente decreto, sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati”.

Ad oggi risulta che questa procedura, incentrata sull’elaborazione di un appropriato piano di Caratterizzazione, sia tuttora in corso e dalle campagne di monitoraggio non sono ancora state determinate le concentrazioni soglia di rischio (CSR). Per questo non si capisce perché si è deciso di buttare alle ortiche il progetto di capping predisposto dalla società Montana, che il 31 dicembre 2018 era stato approvato dalla Regione Lazio, con risorse finanziarie già appostate nel bilancio della E. Giovi Srl per circa 120 milioni di euro per il capping e circa 130 milioni per la gestione post operativa, e affidare la redazione di un nuovo progetto alla Technital, che presentò un progetto per un importo di circa 250 milioni di euro per il solo capping. Il doppio del progetto Montana.

Attraverso questo nuovo progetto e lamentando mancanza di risorse c’è stato l’intervento della Regione che ha portato all’affidamento della realizzazione della bonifica al commissario unico per la bonifica dei siti inquinanti ed abusivi della presidenza dl Consiglio dei Ministri.

"Gli incendi di natura dolosa sono leggende"

Rispondendo alle domande dei commissari in merito agli incendi che nel 2022 e 2023 che hanno colpito Malagrotta, mandando in fumo non solo i due TMB ma anche il gassificatore, Chicco Testa ha detto “questa degli incendi di natura dolosa è una leggenda. Gli incendi si verificano per fenomeni di autocombustione”. E ancora “i due incendi sono conseguenza dell’incuria con cui Malagrotta è stata gestita in questi anni. È molto facile che si innestino fenomeni di autocombustione, anche a dicembre, perché il calore si crea all’interno dei rifiuti, quando non vengono movimentati e rimangono fermi, a causa di processi di fermentazione si creano temperature molto elevate e basta una scintilla per creare un incendio”.

Cosa c'è davvero a Malagrotta

A Malagrotta c’era una vera e propria cittadella industriale con tue Tmb e un gassificatore. Una vera e propria cittadella ambientale che è stata rasa al suolo da due incendi creando un danno ambientale ed economico di proporzioni stratosferiche. Due impianti di TMb che lavoravano oltre 450 mila tonnellate all’anno di rifiuti tal quale e che oggi devono essere portati all’estero con grave aumento dei costi della tariffa.

Come è stato possibile tutto questo? Non è che oltre al danno ora arriva anche la beffa, aggiungo io, per l’ex proprietario di Malagrotta, con la confisca dei beni per la rivalsa delle spese del capping?

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