Nuovo Codice della Strada, l'iper repressione dà l'idea di uno Stato in “crisi emotiva”. Dubbi su efficacia e sostenibilità sociale”
Il professo Enrico Napoletano analizza dal punto di vista del Diritto le novità introdotte dal Codice della Strada: “Un labirinto normativo”
Dopo l'approvazione da parte della Camera con 163 voti a favore il 27 marzo scorso, mercoledì 20 novembre nell'aula di Palazzo Madama il disegno di legge riguardante il cosiddetto “Nuovo Codice della Strada” è stato approvato con 83 voti favorevoli, 47 contrari e un astenuto. Si tratta di un massivo intervento di modifiche sostanziali caratterizzate, per lo più, da un approccio repressivo con un inasprimento delle pene già previste.
Il testo, fortemente voluto dal Ministro dei Trasporti Salvini, ha subito nel corso dei mesi diversi interventi correttivi, volti ora ad ampliare lo spettro delle condotte sanzionate, ora, invece, a seguire il sentimento sociale con una visione a breve termine che si manifesta nella tipica ipertrofia normativa del nostro paese.
L'analisi del potere deterrente
Negli ultimi mesi l’opinione pubblica è stata fortemente scossa da alcuni episodi (cfr. il caso dell’influencer per ragazzi che, alla guida di un’automobile di grossa cilindrata ha causato la morte di un bambino di soli cinque anni, patteggiando poi una pena a 4 anni e 4 mesi) che ne hanno minato l’oggettiva visione sull’attuale stato dell’arte e gli interventi odierni devono essere letti anche sotto quest’ottica. Ciò su cui dobbiamo interrogarci, però, con l’occhio critico da avvocati penalisti e senza soffermarsi alle mere e puerili "questioni di palazzo e salotto", è comprendere se tali novità possano essere considerate necessarie o meno oltre che, in un secondo momento, anche la loro precipua e conseguente eventuale azione deterrente.
L'alcolcck è la prova del "pugno di ferro
Anzitutto, lungi dal voler qui elencare pedissequamente tutte le novità introdotte, ci si soffermerà su quelle che, a detta dello scrivente, possono rappresentare spunti di riflessione e confronto: tra le novità più discusse vi è l’inasprimento delle pene per guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. In particolare, rispetto alla prima casistica, l’introduzione dell’“alcolock” obbligatorio per i recidivi e il divieto assoluto di consumo di alcol per chi è già stato sanzionato sono provvedimenti caratterizzati da un “pugno di ferro” rispetto ad un problema certamente endemico soprattutto nelle generazioni più giovani. Come spesso si dirà in questo breve scritto, il Governo si concentra su un’azione repressiva piuttosto che preventiva. Altro problema è, da un lato, rappresentato dall’introduzione, ad oggi generalizzata, proprio dell’alcolock, che, pur rappresentando una soluzione tecnologica innovativa, solleva dubbi sui costi, che rischiano di gravare sui conducenti e rappresentare così un arricchimento per le assicurazioni, senza affrontare (e, ove possibile, risolvere) i motivi alla base del comportamento recidivo facendo affidamento al sistema sanitario.
Sostanze stupefacenti: via la patente senza provata alterazione psico-fisica
In secondo luogo, come detto, l’inasprimento generalizzato si riscontra anche per la casistica di coloro alla guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti: anche in questo caso l’azione del Governo si pone in linea di continuità con quanto già deciso rispetto alla “cannabis light”, ostracizzata e messa al bando, e dell’ampliamento delle fattispecie penalmente rilevanti concernenti l’utilizzo della stessa. Nello specifico, l'assunzione di sostanze stupefacenti comporterà il ritiro immediato della patente, senza la necessità di ulteriori accertamenti per dimostrare lo stato di alterazione psico-fisica del conducente.
Gli altri provvedimenti: "Sui monopattini regolamentazione tardiva"
Sullo stesso solco devono essere lette l’aggravio delle sanzioni per il superamento dei limiti di velocità e la sosta irregolare, quelle riguardanti gli utenti vulnerabili (ciclisti e motociclisti), l’uso dei telefoni cellulari alla guida o la regolamentazione – quanto mai tardiva se si riflette sulla diffusione del fenomeno – dei monopattini elettrici. In quest’ultimo caso, la riforma introduce l'obbligo di identificazione tramite un contrassegno e la stipula di un'assicurazione per tutti i monopattini. Inoltre, è reso obbligatorio l'uso del casco per tutti i conducenti, indipendentemente dall'età, e ne viene vietato l'utilizzo in aree extraurbane, limitandone l'uso ai soli centri urbani.
Educazione stradale: "Incentivo o valore strumentale"?
Ora, se da un lato il Governo ha voluto agire nel solco di un diffuso e generalizzato aggravio delle sanzioni, dall’altra parte vi è anche un’attività preventiva da non dover sottovalutare, vale a dire l’introduzione dell’educazione stradale nelle scuole superiori che prevede un bonus di due punti sulla patente per chi partecipa ai corsi rispetto al quale occorre vedere se verrà percepito come un incentivo strumentale o come un valore formativo.
L'approccio repressivo
La riforma, dunque, vista nel suo complesso che qui, per punti, è stata brevemente analizzata, si pone come una risposta articolata e complessa a esigenze sentite dalla società, ma non priva di criticità che meriterebbero maggiore confronto. A ben vedere, il ricorso a un approccio prevalentemente repressivo appare più come una reazione emotiva agli eventi recenti che una strategia organica di lungo periodo. Questa impostazione lascia aperti interrogativi sia sull'effettiva efficacia deterrente delle misure, sia sulla loro sostenibilità sociale ed economica.
"Il grande assente è il sistema dei controlli"
La scelta di aggravare le sanzioni per comportamenti considerati particolarmente pericolosi, come la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, appare condivisibile sotto il profilo della sicurezza stradale, ma rischia di mancare il bersaglio per quanto riguarda la prevenzione. Il divieto assoluto di consumo di alcol per i recidivi, ad esempio, è sicuramente un passo avanti dal punto di vista simbolico, ma senza un sostegno parallelo sul fronte delle dipendenze rischia di diventare un mero provvedimento punitivo. Allo stesso modo, l’immediato ritiro della patente per chi assume sostanze stupefacenti può apparire come un’azione determinata, ma non risolve il problema strutturale dell’accesso a percorsi di recupero e reintegrazione. Tutto questo senza considerare la tenuta del “grande assente”, vale a dire il sistema di polizia che dovrà accertare le violazioni da un lato e non saturare né fermare la macchina statale.
Un sistema di difficile applicazione
Infine, l’introduzione di molteplici nuove disposizioni, sebbene giustificata da esigenze contingenti, rischia di complicare ulteriormente un sistema già di per sé ramificato, articolato e di difficile applicazione anche per gli addetti del settore, chiamati ad un continuo aggiornamento e a divincolarsi negli ingranaggi della macchina burocratica già ingolfata.
"Diritto e ragione": "Lo spettro dell'Uomo qualunque"
Luigi Ferrajoli nel saggio “Diritto e ragione” esplodeva il rapporto tra prevenzione e diritto, sottolineando, in modo magistrale, come lo Stato di diritto deve garantire meccanismi preventivi attraverso l’educazione, la trasparenza delle norme e la certezza del diritto, per evitare la degenerazione in un sistema puramente repressivo. Ebbene, questa riforma disattende in molti punti questi concetti centrali che, nel nostro ordinamento, sono spesso carenti o assenti. La domanda da porsi è: l’“uomo qualunque”, di cui Giannini parlava nel secondo dopoguerra, è davvero tutelato in un sistema che preferisce moltiplicare le sanzioni piuttosto che investire in educazione, prevenzione e accessibilità normativa? La risposta sembra negativa, poiché un approccio focalizzato unicamente sulla repressione rischia di aumentare il distacco tra cittadino e istituzioni, creando un clima di sfiducia e alimentando quella percezione di "oppressione burocratica" che Ferrajoli stesso identificava come uno dei fattori di fragilità del sistema democratico.
In questo contesto, il cittadino comune, confuso da un proliferare di norme e vessato da un sistema ipertrofico, non trova nei meccanismi dello Stato quella chiarezza e trasparenza che sono il fondamento di un rapporto sano e costruttivo con le istituzioni.
Enrico Napoletano, avvocato penalista e docente universitario