“Posto di blocco piazza Mazzini”: su Wap e Telegram la resistenza al Codice della Strada
Controlli e inasprimento delle multe: proliferano i Gruppi che avvisano in tempo reale
“Posto di blocco piazza Mazzini”: su Wap e Telegram la "resistenza" al Codice della Strada.
Negli ultimi mesi, con l’inasprimento delle sanzioni previsto dal nuovo Codice della Strada, è emerso un fenomeno sempre più diffuso: la cosiddetta “resistenza stradale”. Si tratta di una rete di gruppi su WhatsApp e Telegram in cui gli automobilisti segnalano in tempo reale i posti di blocco, noti nei gruppi con l’acronimo “PDB”.
La differenza con Waze e Google
Un sistema di allerta che ricorda quello già offerto da applicazioni come Waze e Google Maps, ma che in questa forma si basa esclusivamente sul passaparola diretto tra utenti.
L'obiettivo dei Gruppi
L’obiettivo di questi gruppi è semplice: avvisare gli altri automobilisti della presenza di controlli stradali, permettendo loro di evitarli. Un sistema che, secondo i sostenitori, sarebbe una forma di tutela contro sanzioni considerate eccessive o strumenti di “far cassa” più che di sicurezza. Ma che, secondo i detrattori, rischia di ostacolare il lavoro delle forze dell’ordine e favorire comportamenti pericolosi alla guida.
L’origine del fenomeno
La diffusione di questi gruppi avviene in modo spontaneo, quasi organico. Nascono e si propagano rapidamente, grazie alla facilità con cui le piattaforme di messaggistica permettono di condividere link e informazioni. WhatsApp e Telegram sono gli strumenti principali, in quanto offrono un elevato livello di riservatezza e la possibilità di raggiungere rapidamente un gran numero di persone.
Le regole per restare nei gruppi
Gli amministratori di questi gruppi hanno un ruolo chiave: gestiscono l’organizzazione, moderano i contenuti e garantiscono che le segnalazioni siano puntuali e affidabili. Le regole interne sono spesso rigide e viene tollerata solo la comunicazione strettamente necessaria. Un messaggio di F. in un gruppo ne è un esempio chiaro: “Cortesemente limitiamoci esclusivamente a dare informazioni solo sui PDB”. Ogni tentativo di “conversazione fuori tema” viene immediatamente censurato, e in caso di recidiva si rischia l’espulsione dal gruppo.
Il linguaggio... “Mandate link”
Anche il linguaggio delle segnalazioni è asciutto, essenziale, senza fronzoli. C., in un altro gruppo, scrive: “PDB rotonda di Mezzocammino per prendere l’Ostiense”. E ancora, G. “Diversi PDB Municipale a piazza Mazzini. Uno per ogni uscita della rotonda praticamente”. Niente saluti, niente commenti, solo informazioni utili e dirette. Inoltre ciclicamente c’è chi chiede “mandate il link” per l’accesso. I messaggi sono in modalità “effimeri” quindi si autocancellano nel giro di un paio di giorni.
A Roma attivi almeno 7 gruppi di “resistenza”
La composizione anagrafica dei gestori è eterogenea, così come quella degli utenti: si va dai giovani automobilisti fino ai pendolari di lunga data, passando per tassisti e lavoratori su strada. Il numero esatto di questi gruppi è difficile da determinare. Si stima che i principali siano almeno sei o sette, ma la natura chiusa di questi spazi rende impossibile un censimento preciso.
Il quadro legale: un’area grigia?
Sul piano giuridico, la questione è complessa. Il nuovo Codice della Strada, nell’articolo 45, comma 9-bis, vieta “l’installazione, la pubblicizzazione e l’uso di dispositivi o strumenti finalizzati a segnalare la presenza di controlli delle forze dell’ordine”. Ma i gruppi WhatsApp rientrano in questa definizione?
Il caso di Genova
Un caso simile si era già verificato nel 2018 a Genova, quando due utenti erano stati indagati per aver segnalato su Facebook la presenza di pattuglie stradali. La Cassazione, però, li aveva assolti, stabilendo che non vi era reato in quanto non si trattava di un sistema organizzato per eludere i controlli, ma di semplici segnalazioni tra privati.
Il Nuovo Codice cosa dice
Il nuovo Codice, tuttavia, introduce un quadro normativo più stringente. La differenza rispetto al passato sta nella formulazione della legge: se prima si parlava solo di dispositivi tecnologici, oggi si fa riferimento anche alla loro pubblicizzazione e utilizzo. Questo potrebbe aprire la porta a sanzioni per chi diffonde le segnalazioni, anche se al momento non si registrano casi di applicazione diretta della norma nei confronti degli utenti di WhatsApp.
Sicurezza stradale o diritto all’informazione?
Sul piano etico, il dibattito è aperto. Da un lato, le forze dell’ordine sottolineano che questi gruppi potrebbero agevolare comportamenti irresponsabili, come la guida in stato di ebbrezza, rendendo più difficile individuare chi mette a rischio la sicurezza altrui. Dall’altro, i partecipanti a questi circuiti sostengono che il loro obiettivo non è eludere la legge, ma evitare controlli considerati eccessivi o dissuasivi in modo poco trasparente.