Regione Lazio: comanda Fratelli d'Italia ma chi decide veramente sono tutti i dirigenti vicinissimi al Pd che controllano ancora Direzioni e aziende
Dal Gabinetto del presidente a Lazio Crea sino alla Sanità: il potere regionale è ancora saldamente in mano a chi ha servito il Pd per 10 anni. Il caso
Succede a Roma, succede nella Regione Lazio del presidente Francesco Rocca e saldamente in mano a Fratelli d'Italia che esercita il diritto di azionista di maggioranza della coalizione. Se fosse un'azienda sarebbe tutto ok ma la politica e 10 anni di centrosinistra hanno lasciato un segno nelle prime e seconde linee operative ancora “saldamente” in mano al centrosinistra.
Chi prende le decisioni negli uffici di via Rosa Raimondi Garibaldi è un manipoli di 20 dirigenti apicali nominati da Zingaretti che tutt'ora gestisce i bandi di finanziamento che attraversano tutte le materie di competenza regionale. Addirittura c'è chi si è premurato di spulciare le 101 unità impegnate nell'Ufficio di Gabinetto del presidente per “scovare” una quindicina di risorse, un tempo fedelissime del presidente reggente Daniele Leodori che hanno cambiato apparentemente casacca. Ora, l'appartenenza politica non è un requisito ufficiale per lavorare in Regione Lazio, ma dopo 10 anni di guida del centrosinistra è evidente una sorta di “cupola di fedelissimi” tra i dirigenti apicali il cui potere è superiore a quello di qualsiasi assessore che di certo ha difficoltà a dare un indirizzo politico di fronte a una burocrazia fatta di leggi e regolamenti di difficile interpretazione anche per un esperto di diritto amministrativo.
Il caso LazioCrea
Se in regione “sopravvive” uno zoccolo duro di manovratori di marca Pd, nelle aziende sono quasi intoccabili. E' il caso di LazioCrea, la Spa creata ad hoc nel 2014. E' vero che al timone c'è lo storico capo di Gabinetto di Francesco Storace, Buttarelli, ma la cassaforte che gestisce i fondi europei è in mano ad un competentissimo dirigente che scrive lo spartito in solitudine, tant'è che non esiste un elenco delle imprese che hanno beneficiato dei fondi negli ultimi anni, tantomeno quelle che ne hanno fatto richiesta e quelle escluse. Tutto è gestito sotto il manto stradale della trasparenza che, di fronte ad erogazioni pubbliche, cerca di trincerarsi dietro una privacy che non c'è.
Il presidente Rocca e la Sanità
Dal primo giorni del suo insediamento Rocca ha voluto avocare la gestione della Sanità con l'obiettivo di ridurre le liste d'attesa, ottimizzare i costi e ridurre la spesa gravata per anni dal piano di rientro del deficit. Peccato però che tranne qualche raro caso, commissari, direttori sanitari e alti dirigenti sono gli stessi “posizionati” dall'ex assessore alessio D'Amato durante la presidenza Zingaretti e lasciati al loro posto in virtù di una continuità politico amministrativa che appare inspiegabile.
Il centrodestra e la classe dirigente che non c'è o marginalizzata
Alla fine, delle due l'una: o il centrodestra romano e regionale non è stato capace di esprimere una classe dirigente di tecnici affidabili, oppure chi ha mosso le fila della Regione, come Arianna Meloni dal timone del partito, ha preso una direzione tale da convincere i protagonisti di una lunghissima stagione del Pd a “sposare anima e cuore” la nuova causa. Per non parlare del maxi direttore della Sanità, Andrea Urbani, il plenopotenziario che viene dalla Sanità di Beatrice Lorenzin, sempre Pd.
Meglio il cerchio magico dei fedelissimi che i competenti
In questo scenario comincia a soffiare il vento di rivolta in quel mondo di affermati professionisti vicini al centrodestra romano che hanno dato il loro contributo tecnico e di impegno alla vittoria di FdI nel Lazio e ora lasciati a leggere da remoto i comunicati stampa in cui la Regione si autodefinisce costella da fenomeni. I primi che chiedevano un cambiamento che non c'è stato. E non è una questione di posti magari ambiti ma non assegnati. Chi governa ha preferito impegnare più fedeli che capaci.