Stalking, dopo 22 anni di carcere per omicidio esce e perseguita una donna

Ventidue anni fa uccise la donna di cui si era invaghito. Oggi, tornato in libertà lo scorso 21 aprile, è stato arrestato per stalking

Roma

Ventidue anni fa uccise la donna di cui si era invaghito. Oggi, tornato in libertà lo scorso 21 aprile dal carcere di Rebibbia, è stato nuovamente arrestato con l'accusa di aver perseguitato una ragazza conosciuta durante i colloqui in carcere, dove lei andava per il suo fidanzato lì detenuto.

A eseguire l'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, sono stati i Carabinieri della Stazione di Montespaccato, insieme a quelli del Nucleo Operativo della Compagnia di Trastevere.

La denuncia

Nella denuncia che ha avviato le indagini, la vittima, una ragazza 20enne, ha riferito che un uomo aveva iniziato a molestarla ripetutamente al telefono facendole anche pesanti proposte a sfondo sessuale, al punto da indurla, preoccupata e spaventata, a cambiare la propria residenza. L’uomo con condotte reiterate e assillanti avrebbe molestato la ragazza, 20enne, conosciuta casualmente all’interno della casa circondariale di Rebibbia nel periodo in cui lo stesso vi era detenuto. 

Le indagini

Nello specifico, secondo quanto emerso dalle indagini, l’uomo avrebbe effettuato, il giorno stesso in cui era uscito dal carcere, due chiamate anonime alla ragazza e nel corso di una di queste e le indirizzava esplicite avances di natura sessuale; di avere effettuato un’altra chiamata anonima il 9 maggio, con nuove e inquietanti proposte di natura sessuale, nel corso delle quali riferiva alla donna di averla anche vista al supermercato; allo stesso modo il 9 maggio, di avere effettuato altre 7 telefonate consecutive; il 21 maggio di avere effettuato altre due chiamate utilizzando numeri anonimi ovvero sconosciuti alla giovane.

Il Gip

Secondo il Gip del Tribunale di Roma che ha firmato l’ordinanza che dispone la custodia cautelare in carcere, “l’uomo risulta ad oggi attinto da un irrefrenabile impulso criminale che lo ha portato a riprodurre, a poche ore dalla sua scarcerazione dopo 22 anni ristretto per l’omicidio volontario della donna di cui si era invaghito nel 2002, gravi condotte illecite ponendo in essere comportamenti criminosi che denotano una vera e propria serialità”. L’indagato è stato portato nella casa circondariale di Roma Regina Coeli.

La sorella della vittima

"Il nuovo arresto di Raimondo Gaspa mi lascia sgomenta, ha scontato 22 anni di galera per aver ucciso e bruciato mia sorella e appena tornato in libertà ha perseguitato un'altra ragazza di cui si era invaghito. Stesso identico copione a quello che il 23 giugno 2002 ha avuto come epilogo l'omicidio di Monica e che per caso non si è concluso in modo identico". A parlare all'Adnkronos è Debora Moretti, sorella di Monica, all'epoca una apprezzata urologa di 38 anni uccisa a Sassari da Raimondo Gaspa, l'uomo che si era invaghito di lei e che è stato di nuovo arrestato a Roma dai carabinieri. "Per persone come lui non esiste riabilitazione - dice - non è possibile farli uscire, reinserirli nella società. Mia sorella è morta, mio padre straziato dal dolore non c'é più e io e mia madre stiamo scontando un ergastolo senza sconti di pena". 

Ira della famiglia

"Quest'uomo, che non ha mai chiesto perdono per quello che ha fatto, ha continuato una volta fuori a fare quello che faceva prima e questo vuol dire che evidentemente c'é qualcosa che non funziona nel sistema - continua - Avevo 34 anni quando mia sorella è stata uccisa, da allora la mia vita è rovinata. In tutti questi anni non abbiamo mai parlato, siamo stati sempre composti, mia mamma mi ha detto di non essere nemmeno in grado di odiare l'uomo che le ha portato via la figlia; e lo Stato come ci ripaga? Rimettendo in libertà l'assassino di Monica dopo 22 anni. Libero di tornare a fare ciò per cui è finito in carcere. Sono arrabbiata, amareggiata, molto delusa dalla giustizia che concede troppe attenuanti, al punto che mai nessuno sconta la pena che gli viene inflitta. Ci saremmo aspettati una pena più adeguata a un omicidio, proprio perché mai vorremmo che altri possano subire quello che abbiamo subito noi".

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