Tangenti Sogei: un pugno di aziende gestisce appalti milionari e tiene in scacco i subappaltatori. Le regole folli aprono le porte alla corruzione

L'analisi. In Italia puoi fare il ministro sei hai un carico pendente penale, ma rischi di essere escluso da una subfornitura se il funzionario pubblico che esamina i requisiti interpreta in modo restrittivo la norma

Roma

Molti si stupiscono di quello che è accaduto in Sogei ma proprio dalle righe di questo giornale lo scorso 9 settembre, in occasione del clamoroso flop del sistema informatico del Comune di Roma, avevamo lanciato l’allarme: centinaia di milioni di appalti informatici sono gestiti da un pugno di aziende, tutte in mano straniere.

Allo stesso modo, centinaia di piccole e medie imprese sono sotto scacco e ricatto delle stesse perché subappalatori, con tariffe e condizioni da fame e parametri imposti dalle leggi sempre più rigidi nei quali rientrare. Perché in Italia puoi fare il ministro sei hai un carico pendente penale, ma rischi di essere escluso da una subfornitura se il funzionario pubblico che esamina i requisiti interpreta in modo restrittivo la norma.

Solo le super aziende "nel sistema" vengono pagate regolarmente

La legge imporrebbe di controllare che tutti i subappaltatatori venissero pagati puntuali, ma avviene? Lo chiediamo proprio alla Sogei o al Ministero delle Economia e finanze o a quello degli Esteri. La disapplicazione di queste regole, a beneficio proprio dei grandi, applicata ovviamente solo alle aziende che non hanno sponsor interni, non è l’anticamera di quello che è successo in Sogei?

Le zone franche degli appalti

La verità è che ci sono molte zone franche in Italia dove le aziende che vincono gli appalti sono sempre le stesse e senza distinzione di Regione. Si guardi in Puglia come a Bolzano, ma si abbia poi il coraggio di cambiare le regole. Si pensi che soglie dell’anno tremila le aziende devono produrre ancora montagne di carte per questa stupidaggine tutta italiana della certificazione antimafia. Lo Stato, che in 30 anni  ha lasciato libero il massimo esponente mafioso, chiede ai cittadini di autocertificarsi per se e per i propri familiari i carichi pendenti. Come se l'amministratore di un società potesse sapere se uno dei suoi sindaci o dirigenti ha un parente mafioso.

La certificazione fiscali dei carichi pendenti per accertamenti mai conclusi

Si elimini l’obbrobrio della certificazione fiscale dei carichi pendenti altra gabola inventata dai super funzionari del Ministero dell'Economia e delle Finanze, gli stessi da trent'anni per inciso. Per rendere più complicata l'esistenza alle imprese, oggi sul certificato l'Agenzia scrive anche le sue pretese future, parliamo cioè di accertamenti ancora iniziati e non conclusi. L'unica conseguenza che si genera è che l'impresa è ancora più sotto schiaffo del funzionario pubblico che quel certificato lo legge e che deve autorizzarti il subappalto.

Servono regole chiare e precise per uscire dalle perversione delle tangenti

La magistratura faccia il suo corso ovviamente, perché i reati sono reati, ma se non si ha il coraggio di cambiare realmente il sistema la mazzetta è e resterà lo strumento per superare le mille difficoltà che lo Stato pone. Per combattere la corruzione, la strada è quella di avere regole chiare , precise e trasparenti, senza mille gabole e decine di funzionari che in base al loro umore, devono dare un benestare.

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