Un popolo di avvocati, medici, ingegneri e sex worker: quarte per numero

Il 2 giugno è la giornata internazionale del sex work. Il dataroom della prostituzione italiana e il compendio delle leggi

Roma
Condividi su:

Se ci fosse un'Ordine professionale come quello degli avvocati, degli ingegneri e dei medici, quello delle prostitute sarebbe la quarta categoria per numero di iscritti: ben 120 mila, senza considerare il sommerso occasionale.

E quest'esercito che ha scelto una vita “professionale” atipica è anche quello che la legge “unica”, la legge Merlin del 1958. In occasione del 2 giugno, giornata internazionale del sex work, cioè del lavoro sessuale, gli appassionati di statistiche di Escort Advisor rendono noto il dataroom della prostituzione italiana, aprendo il file del confronto tra i diritti acquisiti per legge dai professionisti “normali” e chi invece si guadagna da vivere e magari vorrebbe anche pagarci le tasse, col corpo.

Sex worker, ci sono leggi che risalgono al Fascismo

Dunque, mentre il sesso a pagamento soffre un vuoto normativo e diverse zone d’ombra ad alimentare quella parte illecita che è sempre da perseguire, nell’ordinamento italiano restano norme ormai obsolete e ormai fuori dal tempo, ma mai abrogate, 21 di queste risalgono al periodo fascista e sono firmate dal Duce Benito Mussolini. Per la maggior parte si tratta di accordi economici, come quello sulla radiodiffusione o la produzione e il collocamento della birra, ma ci sono anche norme corporative, le tariffe professionali dei commercialisti e la regolamentazione per la vendita dei fiori in Inghilterra


 

In Italia la prostituzione è legale, ma non regolamentata. Per l’approvazione della legge 75 del 1958, promossa dalla senatrice Merlin, ci sono voluti 10 anni dalla presentazione. Con la norma sono state chiuse le case di tolleranza, introdotti i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. La vendita di prestazioni sessuali non è vietata, ma non è nemmeno regolamentata.

Anche le sentenze emesse negli anni legate ai fatti di cronaca che hanno interessato gli intrecci tra politica e sesso a pagamento, continuano a sostenere la legislazione risalente a 64 anni fa. Infatti, il 7 giugno 2019 la Corte Costituzionale ha difeso la legittimità della legge Merlin, con la sentenza n.141, sottolineando che una donna non sia davvero libera se sceglie di prostituirsi.

Sex worker: 56 disegni di legge 1 sola legge

Il sesso a pagamento resta un tabù nella società, ma è anche un fenomeno di cui la politica non si sta occupando. Dalla Legge Merlin del 1958 non si è più intervenuto sulla materia, tranne che nel 2008 con la Legge Carfagna che puniva il reato di prostituzione per strada, neanche un emendamento, però, affrontava l’argomento dal punto di vista dei diritti lavorativi, solo penale. Alcuni tentativi di riforma della prostituzione e di regolamentazione del lavoro delle sex workers sono stati proposti in Parlamento: nelle ultime tre legislature sono stati presentati, tra Camera e Senato, 56 disegni di legge che affrontano l’argomento, ma nessuno è stato approvato.

Sex worker: zero tutele legali o posizioni fiscali


 

L’attuale normativa non permette alle escort di avere tutele legali o ritorni fiscali – spiega Mike Morra, Ceo e fondatore di Escort Advisor – I dati e le ricerche confermano che nei Paesi in cui la prostituzione è legale e regolamentata dalle leggi nazionali i tassi di crimini e pericoli legati ad essa siano di molto inferiori sia per le escort sia per i clienti. In Europa i modelli sono per esempio la Germania o la Svizzera. L'Italia ancora una volta si dimostra retrograda sul tema e vive dal secondo Dopoguerra in un limbo.

Un vuoto normativo che le associazioni del settore denunciano da decenni e che provocano quotidianamente discriminazioni e potenziali pericoli per i cittadini che hanno scelto di essere sex worker, che se avessero un ordine professionale a loro dedicato sarebbero la quarta categoria lavorativa più numerosa dopo medici e odontoiatri, avvocati e procuratori, ingegneri e architetti.

Sex worker: il contratto teorico non garantisce nessuno

Per fare degli esempi, il contratto che regola le prestazioni non è vincolante: un cliente non soddisfatto non ha strumenti legali per rivalersi, come una escort non pagata non può fare causa. Non ci sono nemmeno riconoscimenti del libero professionismo, sindacati e previdenza sociale.


 

Per i lavoratori del sesso è quasi impossibile accendere un mutuo per l’acquisto di una casa o accedere agli aiuti statali. L’esempio più recente è quello del bonus Inps Covid da 600 euro del 2020: a cui le escort non hanno avuto accesso proprio per la mancanza di regolamentazione, nonostante la loro professione sia stata interrotta per quasi due anni per evitare i contatti e il diffondersi della pandemia.

Il vuoto normativo a livello nazionale spinge organi amministrativi, come comuni o regioni, a disincentivare il fenomeno del sesso a pagamento sul proprio territorio con norme che si appellano al codice della strada o a una applicazione stringente della legge Merlin, ma mai omogenee tra loro.