Vendeva segreti ai russi, i giudici: "Biot pilotato da finalità politiche"

Le motivazioni della sentenza con cui il 19 gennaio scorso hanno condannato a 20 anni l'ufficiale di Marina accusato di spionaggio

Walter Biot
Roma

"E' indubbio che l'azione posta in essere da Walter Biot è stata dettata anche da finalità politiche, chè lo stesso si è indubbiamente procurato mediante acquisizione fotografica dei documenti contenenti le notizie segrete e riservate" al fine "di rivelarle all'agente diplomatico della Federazione Russa".

"La finalità chiara di favorire uno Stato estraneo all'Alleanza Atlantica" e con la "concreta messa in pericolo degli interessi protetti dalle norme". E' quanto scrivono i giudici della Corte d'Assise di Roma nella motivazioni della sentenza con cui il 19 gennaio scorso hanno condannato a 20 anni l'ufficiale di Marina accusato di spionaggio.

I magistrati

Per i magistrati "la condotta dell'imputato è stata lesiva degli interessi dell'organizzazione politica statale nelle sue strutture e anche nei rapporti con enti sovranazionali cui lo Stato aderisce".  Nelle oltre 130 pagine di motivazioni i giudici ricostruiscono la vicenda del capitano di Fregata, già condannato a 29 anni dai giudici di appello militare, affermando che la condotta "nell'acquisizione e trasmissione delle notizie" si atteneva a "non comuni cautele e accorgimenti per non essere scoperto".

Il modus operandi

Un modus operandi portato avanti "fino alla consegna della micro Sd al diplomatico russo dietro compenso in denaro". Una condotta che "certamente contribuisce ulteriormente a definire nella specifica vicenda che le informazioni che stava consegnando dovevano avere una certa portata rilevante della segretezza e della riservatezza delle notizie medesime, tanto più se rivalutate alla luce dei più recenti fatti geopolitici connessi alla guerra in Ucraina e alle attuali relazioni della Nato e dei Paesi dell'Alleanza con la Federazione Russa''.

I Giudici dell'Assise

I giudici dell'Assise aggiungono che Biot "ha scelto di non rendere l'interrogatorio in sede di convalida dell'arresto in flagranza di reato, e di non rendere l'esame in dibattimento, limitandosi a rappresentare, in sede di dichiarazioni spontanee, che non ha avuto accesso ai documenti segreti Nato e ai dispositivi che li contengono e, quindi, di non avere una conoscenza piena delle accuse per poter utilmente difendersi. Non ha pertanto offerto alcun contributo di chiarimento o spiegazione alternativa al complessivo e nutrito quadro probatorio di rilevante gravità che lo attinge, neanche circa la condotta che ha determinato l'arresto in flagranza di reato". Per i magistrati l'imputato "ha fatto un uso distorto e contrario ai doversi d'ufficio" delle sue funzioni.    

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