Calcio, Gravina: "Non mi dimetto. Spalletti al centro di un lungo progetto"

Lunga conferenza del presidente della FIGC dopo l'eliminazione da Euro 2024: confermato Spalletti sulla panchina, ma...

di redazione sport
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Italia eliminata dagli Europei, Gravina: "Non mi dimetto. Spalletti al centro di un lungo progetto"

All'indomani dell’eliminazione dell'Italia da Euro 2024, il presidente federale Gabriele Gravina ha confermato la prosecuzione del progetto azzurro con a capo Luciano Spalletti. Tanto dispiacere per la prestazione offerta ieri, ma la consapevolezza che l'unica strada percorribile sia quella del lavoro. Esclusa l'ipotesi dimissioni per entrambi: "Non ci tiriamo indietro nei momenti di responsabilità". 

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"È una giornata particolare, il nostro Euro 2024 si è chiuso ieri. Siamo dispiaciuti per non aver potuto dare a tutti i tifosi italiani la gioia che meritano: sappiamo che nel mondo dello sport il risultato è soggetto a moltissime variabili. Quello che rimane è la delusione per non aver potuto dimostrare a chi ci ha seguito tutto quello che è stato fatto in fase di preparazione. Rimane la delusione di un'incapacità nell'esprimere quello che avremmo dovuto fare e non aver toccato con mano il carattere della nostra italianità nel reagire ad alcuni limiti che abbiamo sempre evidenziato. È una riflessione che ieri io, il mister e Gigi Buffon abbiamo fatto con tutta la squadra, una delusione che i ragazzi hanno condiviso con noi. Questo gruppo non si distacca dalle responsabilità, le abbiamo divise equamente. Non abbiamo nulla da nascondere, siamo tutti responsabili. Dobbiamo continuare a esserlo mostrando un grande senso di responsabilità. Ieri sera ho fatto una lunga chiacchierata con Spalletti, non si può pensare di abbandonare un progetto di soli otto mesi: c'è da cambiare e rivedere qualcosa in termini di approccio. Ci saranno delle riflessioni profonde iniziate ieri sera. Dobbiamo crescere tutti, abbiamo solo un modo per capire che quando si cade bisogna avere la capacità di rialzarsi. Bisogna farlo con la forza delle idee e del lavoro. Bisogna tenere distinte le responsabilità politiche da quelle tecniche, altrimenti corriamo il rischio di aggredire la parte tecnica e sfociare nella parte tecnica. 

Stiamo costruendo un progetto pluriennale nel quale Spalletti è centrale: ha avuto scarsa possibilità di usare i calciatori. Dobbiamo continuare a lavorare, Spalletti ha la nostra fiducia. Tra sessanta giorni inizia un nuovo appuntamento e non possiamo pensare che in sessanta giorni fioriscano i Mbappé, i Ronaldo o i Messi. Abbiamo l'esigenza di attuare la politica della valorizzazione del talento, che c'è. Tutte le nostre nazionali giovanili sono tutte qualificate alle fase finali, siamo l'unica Federazione ad aver raggiunto questo obiettivo. Non possiamo impattare nelle politiche di scelte societarie, poteremo questo tema nel consiglio federale". 

Le critiche personali subite dopo l'eliminazione l'hanno ferita?

"Le critiche feriscono tutti, ma bisogna avere la capacita di prendere spunto per poter migliorare e crescere. Le critiche costruttive vanno prese in considerazione, quelle legate a una richiesta di dimissioni no. Nell'ambito di una governance federale non esiste che qualcuno possa pretendere delle dimissioni o pensare di governare il nostro mondo. La scadenza del mio mandato è prevista a marzo 2025 e le elezioni avverranno nella prima data utile: non si possono fare prima della chiusra delle Olimpiadi. Quella è l'unica sede deputata democraticamente a scegliere la governance, che sarà legittimata a fare delle scelte progettuali. Critiche sì, ma facciamole costruttive". 

È possibile imporre una legge per cui un club deve mettere in squadra i ragazzi che crescono nei vivai? La mancanza di campioni ha inciso sul tifo?

"Ci sono delle leggi nazionali e internazionali che impediscono di imporre nelle scelte imprenditoriali l'utilizzo dei giovani: è un fatto culturale. Il 67% dei calciatori in Serie A è straniero, noi stiamo resistendo strenuamente alla richiesta di liberalizzare il tesseramento degli stranieri. Questo porta ad attacchi politici alla federazione. Non c'è l'atteggiamento culturale nel capire che un asset fondamentale per risolvere i problemi sono i settori giovanili e le strutture. Lavorare con i giovani è un investimento per il futuro, non un costo. Dobbiamo essere tutti d'accordo nel proporre un progetto di valorizzazione dei giovani: al nostro interno ci sono delle opposizioni. Io posso solo cercare attraverso la persuasione di ottenere qualcosa. Non c'è nessun contrasto tra la federazione e la politica, è solo un confronto diretto come accade in tutti gli altri stati. C'è un confronto tra le norme dello sport e le leggi dello stato". 

Il progetto non può prescindere dal qualificarsi al Mondiale del 2026: c'è questa consapevolezza dell'assoluta necessità di questo risultato?

"La consapevolezza c'è, ci mancherebbe. Quando abbiamo parlato con Spalletti, la nostra progettualità era fondata sul 2026. Nessuno di noi è in grado di garantire un risultato attraverso un impegno e un progetto. Non è un caso che dal 2018 la scelta della Federazione è stata di finanziare il più possibile l'attività di base e l'abbiamo fatto portando a casa dei progetti storici. Tra sessanta giorni comincia la Nations League, possiamo fare tutti i discorsi che volete ma questo è il gruppo dei calciatori a disposizione. Siamo un po' più lontani dagli obiettivi che ci eravamo prefissati, ce ne siamo resi conto ieri. Non possiamo annullare le buoni prestazioni del passato, dobbiamo recuperare la capacità di tirare fuori il meglio dai ragazzi. L'obiettivo 2026 è reale, siamo consapevoli che sarebbe un disastro inimmaginabile non centrare la qualificazione al Mondiale: vorrebbe dire che non saremmo stati in grado di trovare un progetto per centrare l'obiettivo". 

Si sente di ricandidarsi alla guida della Federcalcio?

"È davvero prematuro, non ci sono le condizioni. Non mi sono soffermato sulla mia voglia di continuare questo percorso che da qualche mese mi impedisce di tornare a casa. Non sono un amministratore unico, è giusto che ci sia un confronto aperto e la possibilità di verificare che questo percorso possa continuare o vada interrotto". 

Cosa cambierà concretamente dopo questo risultato negativo?

"Da ieri sera abbiamo iniziato questo percorso. Attraverso l'individuazione di alcuni errori, la risposta immediata è di porre in essere una serie di atti che possano evitare ulteriori errori del genere. Abbiamo già iniziato a individuare tecnici di grande esperienza che lavorano nei club di Serie A per costituire un organo consultivo per il presidente federale e per individuare una strategia per i ragazzi e i giovani. Non possiamo più commettere gli errori fatti: si tratta di un lungo periodo, ogni volta ci caschiamo e dopo alcune fasi di sfogo ritorniamo e ci adagiamo su un confronto politico meno aspro. Il confronto politico deve essere talmente aspro da creare delle soluzioni". 

Dall'Under 15 all'Under 17 siamo campioni ovunque: dove s'inceppa il sistema?

"S'inceppa nella mancanza di valorizzazione di quei ragazzi, che non hanno presenze nei club. Abbiamo iniziato un progetto di valorizzazione con il lancio delle seconde squadre. Le polemiche all'interno del nostro consiglio si fondano su questi temi, abbiamo squadre giovanili con il 100% di stranieri. C'è un'idea, non convinta, di avere in casa un patrimonio di talenti di altissimo valore e la ricerca rapida del risultato sportivo non ti permette di aspettare i ragazzi. Questo è l'unico limite che abbiamo in Italia, cerchiamo in tutti i modi di farlo capire. La vittoria dell'Under 17 ci ha fatto capire che abbiamo dei ragazzi straordinari, che però a volte non giocano nemmeno nel campionato Primavera. Perché la federazione non può avere la possibilità di incidere? Accetto le critiche, ma devono essere confluite in un percorso chiaro. Il mondo del calcio mi deve anche dire come trovare soluzione e ripartire determinate responsabilità".

La Federazione non ha la possibilità di spingere per avere uno ius soli concreto e incidere sulle seconde squadre? Com'è stata la reazione del gruppo?

"Ieri sera ci siamo confrontati e la delusione è di tutti. La loro delusione è quella di non essere stati in grado di manifestare in termini concreti il grande lavoro che hanno fatto. C'è stata anche delusione per il livello della prestazione. Deluso dai ragazzi? No. Dalla prestazione. Questi ragazzi sono il bagaglio sul quale dobbiamo continuare a investire, probabilmente il mister proverà a trovare una soluzione nei prossimi sessanta giorni. Quello che è mancato è quella capacità di sopperire attraverso a una prestazione di carattere ad alcune carenze oggettive: non voglio buttare via tutto il lavoro fatto, non sarebbe giusto. I ragazzi vanno tenuti in grande considerazione per quello che hanno fatto. Seconde squadre? Stiamo vivendo un momento di schizofrenia di proposte all'interno del calcio. Le seconde squadre sono importanti, ma ci sono dei limiti oggettivi. Se valorizzi i giovani poi arriva una legge che blocca il vincolo sportivo. Perché i club devono investire sui giovani se poi si svincolano tutti? Ius Soli? Stiamo dibattendo ma ancora non si trova una soluzione. Mentre cerchiamo di trovare una soluzione per rilanciare il sistema, leggo di notte che viene presentato un emendamento da un deputato che rivendica l'autonomia. Ragioniamo sempre da sistema, non solo nell'individuare le responsabilità di un solo soggetto".