Giacomo Losi, addio al capitano-bandiera della Roma: vinse due coppe Italia e una delle Fiere

Giacomo Losi, testimone di un tempo in cui c’erano ancora valori e non c’erano social ad avvelenare l’aria

Di Giuseppe Vatinno
Giacomo Losi salva un gol sulla riga durante Inter-Roma (foto Lapresse)
Sport

Giacomo Losi, addio al capitano-bandiera della Roma: vinse due coppe Italia e una delle Fiere

La scomparsa di Giacomo Losi a 88 anni, una delle colonne della Roma di un’altra epoca, è un duro colpo per la squadra e per i tifosi. Un giocatore simbolo della compagine giallorossa, terzo per presenze dopo Totti e De Rossi. Ne è ha dato l’annuncio il nipote ed ex dirigente Rai Massimo Liofredi: “Zio Giacomo è andato in cielo. È rimasto attaccato fino all’ultimo alla maglia giallorossa, per cui aveva un amore smisurato e che continuava a seguire in ogni occasione”.

Prima della vittoria in Conference League targata Mourinho, Losi era stato l’unico a sollevare verso il cielo un trofeo internazionale, la Coppa delle Fiere insieme a due coppe Italia. La sua carriera come terzino inizia quando la Roma lo prende nel 1953 dalla Cremonese in serie C. Incomincia quindi a giocare sulle rive del Tevere nella stagione 1955 – 56 e vi rimarrà fino a quella 1968-69, messo a riposo dal “mago” Helenio Herrera, collezionando ben 15 stagioni e 386 partite, di cui 299 da capitano. Finisce la sua carriera con una nota squadra minore della Capitale, la Tevere Roma che allora militava in serie D.

Giocò anche nella nazionale collezionando 11 presenze totali.

A lui mi lega un ricordo personale. Da ragazzino avevo cominciato, come tutti, a collezionare figurine di calcio, le mitiche Panini che si affastellavano in giganteschi album gonfi di colla. Da tifoso della Roma avevo imparato a memoria i nomi dei calciatori e quando mio padre mi disse che Losi, dopo aver smesso di giocare, aveva aperto negli anni’ 70 un bar vicino la stazione di Trastevere mi ci feci portare per conoscerlo. Fummo fortunati. Losi era presente. Non lo avevo visto giocare ma aveva smesso da poco e così parlò un po’ con me regalandomi alla fine una sua fotografia in bianco e nero autografata che conservai come un prezioso trofeo e che mostravo agli amici ben attento a non rovinarla.

Il bar in seguito mutò il nome da “Losi” in “L’oasi” e per diversi anni presidiò l’angolo tra la circonvallazione gianicolense e viale Trastevere, con la sua insegna che mostrava una palma verde. Fu un difensore vecchio stampo. Iniziò da terzino destro e finì come libero. In area di rigore mostrava una notevole capacità acrobatica e profondo senso del tempo, che lo portava spesso ad anticipare gli attaccanti. Giocatore correttissimo, non subì mai sanzioni disciplinari e fu ammonito beffardamente solo nell’ultima partita disputata.

La sua era la Roma degli anni ’60 che indossava una mitica maglietta meravigliosa dal punto di vista cromatico: un rosso con i bordi arancioni e non gialli. Era un tempo in cui non c’erano i ricchissimi sponsor di adesso, non c’erano tatuaggi, non c’era il nome sulle maglie ma solo i numeri progressivi che mostravano automaticamente il ruolo del giocatore.

Un mondo completamente diverso in cui l’attaccamento ai colori sociali era la cifra su cui i tifosi giudicavano i loro giocatori. Era un tempo in cui l’accompagnatore andava dagli avversari negli spogliatoi, spesso freddi e diacci, ad offrire un the caldo agli avversari. Un tempo in cui i valori c’erano ancora e lo sport era profondamente educativo e formativo e non c’erano social ad avvelenare l’aria.

Un tempo che non c’è più, un tempo di eroi che i ragazzini collezionavano con le figurine: il tempo di Giacomo Losi.

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