Usa, le previsioni sul governo Trump: cosa accadrà con le borse, i tassi, l'oro e l'inflazione
Trump punterà molto sui dazi. Le prospettive a due mesi dall'insediamento alla Casa Bianca
Usa, le previsioni sul governo Trump: non solo controllo stringente sull'immigrazione
Mancano 50 giorni al 2025 e, risolta la partita Casa Bianca con la rielezione di Donald Trump molti si chiedono se è meglio puntare ancora sulle borse o cambiare strategia, se le banche centrali taglieranno ancora i tassi, rendendo meno pesanti gli interessi per famiglie e imprese, oppure se l'oro ha finito la sua corsa o continuerà a salire come spia di una paura ancora senza nome.
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Chiaramente non è facile fare previsioni, il quadro non è ancora così chiaro e molte incognite appaiono all'orizzonte. Per quanto riguarda le prospettive dell'economia americana c'è da dire che durante la campagna elettorale Trump ha parlato molto di dazi che praticamente corrispondono ad una tassa a carico dei consumatori costretti a pagare di più i beni provenienti dall'estero. Il controllo stringente dell'immigrazione clandestina diminuirà l'offerta di lavoro agevolando un aumento dei salari. Se consideriamo anche il forte aumento della spesa fiscale il percorso economico di Trump è decisamente inflazionistico. Tutto questo potrebbe indurre la Fed a modificare i suoi piani, ad essere cioè più lenta e prudente nel tagliare i tassi di interesse.
Il mercato lo sta già scontando, infatti i rendimenti dei Treasury a 10 anni sono saliti oltre il 4,40% e cioè 80 bp in due mesi, un bel balzo in avanti. Di solito uno scatto così sarebbe accompagnato da un ribasso dei prezzi societari. Non è accaduto perché il rimbalzo dei tassi è generato da un quadro economico più felice del previsto. Le Borse in generale e quelle americane in particolare hanno raggiunto livelli elevati: la borsa americana, vero motore dei mercati mondiali, secondo i grandi investitori dovrebbe crescere ancora a ritmi interessanti per due motivi: storicamente gli ultimi due mesi dell'anno sono i migliori ma soprattutto la corsa delle borse sarebbe solo all'inizio perché 8 anni fa, prima elezione di Trump, i mercati reagirono positivamente per un lungo periodo. Tuttavia le condizioni erano differenti: l'indice S&P nel 2016 era allo stesso livello di inizio anno, mentre quest'anno in 11 mesi è cresciuto del 40%; il tasso Fed era allo 0,25% contro il 4,75% di adesso. L'inflazione era attorno al 2% contro il 3,3% di oggi.
I profitti sono previsti in crescita del 15% nel 2025 ma è una stima incerta perché il taglio delle tasse promesso da Trump questa volta è più leggero. Le incognite per l’anno nuovo sono tante: la Fed taglierà ancora i tassi con un'inflazione oltre il 3% e un'economia che va forte? Ci sarà uno scontro tra politica fiscale e monetaria? Per le Borse europee possiamo ipotizzare una crescita adeguata nel 2025 a patto che si verifichino due condizioni: La Bce prosegua nei ribassi e le aziende colmino il gap tecnologico con gli Usa sfruttando meglio l’IA. D'altro canto i risparmiatori hanno recentemente ridimensionato la crescita verso strumenti finanziari più sicuri (che comunque rappresentano ancora ad oggi la fetta più consistente di risparmio) con una lieve crescita dei più propensi al rischio, spinta dai tassi di interessi in discesa per gli strumenti più conservativi e dalle incertezze del mercato immobiliare.
Cresce quindi la necessità di valutare attentamente la rischiosità dello specifico investimento consci del fatto che nel medio-lungo termine solo l'investimento azionario può battere l'inflazione. Nei mercati c'è valore. In uno scenario di discreta espansione moderata ma persistente il must del portafoglio è l'investimento Multiasset.
Queste strategie attive infatti sono strutturalmente create per cogliere le migliori opportunità offerte in questo contesto, sia dalle azioni che dalle obbligazioni. Il Multiasset inoltre, grazie agli attuali rendimenti attesi di tutte le asset class, offre anche una parziale protezione rispetto a scenari oggi meno probabili ma comunque possibili. I portafogli di investimento devono così essere diversificati: la componente azionaria a vocazione internazionale bilanciando le strategie cosiddette value /growth per equilibrare reddito e crescita. Le azioni value sono quelle delle grandi aziende, che pagano generose cedole agli azionisti, mentre i titoli growth sono titoli ad alta crescita, che promettono appunto di crescere in maniera sostenuta. Col ribasso dei tassi di interesse è necessario ridurre la componente liquidità mentre l'obbligazionario, da mantenere, potrebbe offrire rendimenti interessanti col le scadenze a breve/medio termine che dovrebbero performare meglio. Crescono sempre più gli ETF nelle preferenze dei risparmiatori: sono fondi di investimento quotati sui mercati che in pratica si limitano a scattare una fotografia del mercato in cui investono: in un'ottica di diversificazione dei portafogli, secondo una strategia multi asset sono strumenti graditi in un portafoglio di investimento anche perché hanno commissioni più basse. Battuta d'arresto invece per l'oro, che, dopo il voto americano ha perso circa 2 punti in poche ore.
Le cause: il rialzo dei rendimenti delle obbligazioni e il rafforzamento del dollaro
Può comunque trovare ancora spazio nei portafogli di investimento anche perché con un indebitamento globale cresciuto a dismisura l'oro rappresenta senz'altro una protezione contro rischi ripetibili e costanti. Certamente nessuno ha la bacchetta magica ma investire nell'economia reale ha sempre dato grandi soddisfazioni. L'azionario deve rimanere l'asset class di riferimento, da accumulare se sottopesato nei portafogli, come recentemente deciso da molti risparmiatori. Sicuramente tenere i soldi fermi sul conto corrente significa perdere opportunità di guadagno ma, soprattutto, veder deprezzato il valore del proprio patrimonio fino a quando l'inflazione non sarà domata.