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Assegno divorzile "una tantum": quali sono i presupposti e i vantaggi?

Di Violante Di Falco*

"Abbiamo deciso di avviare le pratiche per il divorzio, vorrei che mi chiarisse cosa fosse l’assegno divorzile “una tantum”

“Caro Avvocato, mi chiamo Sofia, ho 39 anni e, 5 anni fa, io e mio marito Stefano ci siamo separati. Ogni 5 del mese, mio marito mi corrisponde un assegno di mantenimento di 500 euro. Poiché abbiamo deciso di avviare le pratiche per il divorzio, vorrei che mi chiarisse cosa fosse l’assegno divorzile “una tantum”. Quali sono i presupposti?

In sede di divorzio, la legge concede alle parti la possibilità di scegliere le modalità con le quali assolvere l’obbligo economico che il (futuro ex) coniuge ha nei confronti dell’altro. Le modalità possono essere diverse: con la corresponsione di un assegno periodico (l’assegno divorzile), oppure con un’attribuzione in un’unica soluzione, la cosiddetta “una tantum”. L’una tantum – che può risolversi nella corresponsione di una somma di denaro forfetaria netta, oppure nel trasferimento di un bene immobile (case, box auto, terreni) o di un altro diritto reale di proprietà – va, quindi, a sostituirsi integralmente all’assegno divorzile. Affinché si possa parlare di una tantum divorzile è indispensabile l’accordo delle parti: non può infatti essere né decisa né imposta dal giudice, al quale spetta solo il potere di controllare – e poi dichiarare – che sia equa.

Quali sono i vantaggi? Sicuramente, per il coniuge che riceve l’una tantum, si elimina l’incertezza relativa a eventuali ritardi o a mancati pagamenti dell’assegno divorzile, si evita di dover affrontare procedure esecutive per il recupero forzoso del proprio mantenimento, si elimina il rischio di vedersi nel tempo ridotto o eliminato detto assegno (nel caso, per esempio, di una contrazione reddituale importante dell’obbligato al mantenimento). E poi il quantum ricevuto non è tassato. Per il coniuge che si impegna a corrispondere l’una tantum, invece, si estingue, in via definitiva, l’obbligo di assistenza economica nei confronti dell’altro, evitando, tra l’altro, strascichi sul proprio futuro e su quello dei figli, se ci sono. Insomma, con un solo e consistente pagamento (che purtroppo non può essere fiscalmente “scaricato”, a differenza dell’assegno periodico), viene definitivamente chiusa ogni partita tra i due ex.

L’una tantum ha una efficacia tombale e, quindi, una volta dichiarata equa dal Tribunale non sono ammessi ripensamenti: chi ha ricevuto l’una tantum non potrà, in futuro, richiedere un “nuovo” assegno divorzile. Neppure nel caso nel quale la parte che percepisce questa liquidazione si ritrovasse, di nuovo, in uno stato di necessità. Allo stesso tempo, però, chi l’ha erogata non potrà più chiederne la restituzione o un’eventuale riduzione, neppure se qualche mese dopo il pagamento l’ormai EX coniuge, contrae nuove nozze.

La legge sul divorzio non prevede delle regole per calcolare l’entità dell’assegno una tantum, in quanto la sua determinazione è rimessa alla libera contrattazione delle parti. Certamente, l’importo è influenzato dalla complessiva situazione personale ed economica delle parti. Ma anche dalla presenza o meno di un assegno già stabilito. L’assegno divorzile ha invece sorti completamente diverse: può infatti essere rivisto o eliminato in qualsiasi momento. Ciò perché, se mutano le condizioni economiche di uno dei due coniugi rispetto all’epoca in cui viene emessa la sentenza divorzile, è sempre possibile chiedere una diminuzione o eliminazione - da parte di chi deve pagare - o un aumento - da parte di chi deve ricevere - dell’importo.

Pertanto, cara Sofia, Le consiglio di rivolgersi a un avvocato esperto in diritto di famiglia, affinché possa aiutarLa a prendere una decisione che sia il più possibile tutelante per Lei e aderente alla Sua situazione. Si tratta, infatti di una decisione che va assolutamente ponderata e valutata attentamente, viste le implicazioni giuridiche.

* Studio legale Bernardini de Pace