Buonasanità

Nepotismo e maschilismo. Ti faresti operare da una donna chirurgo?

Donne discriminate sul lavoro, dalle grandi aziende alla politica. Spesso si parla di queste storie, ma poco si sa delle difficoltà che professioniste motivate e preparate devono affrontare negli ospedali. Specialmente se vogliono intraprendere la carriera di chirurgo. Purtroppo in questo caso il percorso per il gentil sesso è ancora più accidentato, fatto troppo spesso di nepotismo e maschilismo.

Donne che spesso vengono relegate in ruoli "secondari" quando invece avrebbero tutte le capacità - oltre che il diritto - per assumere compiti di primo piano. Una domanda su tutte, quante donne primario ci sono in Italia?

Per questo motivo abbiamo deciso di pubblicare la testimonianza di Giusi Urgesi, una donna chirurgo che, durante il suo percorso professionale, si è innamorata della medicina d'urgenza, ma che non ha rinunciato a denunciare le mille difficoltà incontrate quando ha deciso di voler lavorare in sala operatoria. Specialmente se non si ha nessun barone dalla propria parte. Una testimonianza viva e toccante - pubblicata da Giusi Urgesi sul suo profilo Facebook - che cela una speranza che dovrebbe diventare un diritto: un'Italia in cui ci siano più primari e chirurghi donne.
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LA CHIRURGA CHE NON HO VOLUTO ESSERE, DI GIUSI URGESI

 

giusi home
 

Ripensando a "cosa volevo far da grande", sin dalla prima infanzia, non ricordo di aver mai voluto far altro se non la dottoressa, mettendoci possibilmente le mani....
Ed eccomi sin da allora ad armeggiare con "forbici ed aghi" che non agivano ancora su tessuti umani, ma confezionavano abiti per le bambole!

Dunque, una bambina io già avvezza al "taglio e cucito" e inesorabilmente destinata a far la chirurga!
Direi, piu' spazio alle donne nei posti che contano....come nei reparti chirurgici, dove le donne ancor oggi "sfilano" in tuta verde con la competenza che le distingue, ma ancora relegate a ruoli secondari!
Ancor carica di giovanili entusiasmi, cominciai un giorno a frequentare la clinica chirurgica dove avrei a breve preparato la tesi di laurea e dove, affidata al mio tutor, tutto appariva perfetto...

Come dimenticare l'emozione della prima sala operatoria considerata dall'esterno un "tempio sterile", rigorosamente vietato ai non addetti che almeno una volta vorrebbero sbirciarci dentro!
E dopo il rituale quasi sacro della "disinfezione delle mani", bardata di tutto punto, finalmente il mio accesso al tavolo operatorio!

È dalla strumentazione che ha inizio la formazione del chirurgo che, prima ancora di esser tale, deve essere strumentista, con la conoscenza capillare e la distinzione dei molteplici ferri di sala operatoria, vari per forgia e misura. Ed è ancora dalla strumentazione che si delinea il destino della chirurga, agli inizi spesso relegata solo a quello, con il rischio di non fare neppure quello, quando alcuni colleghi uomini le sottraggono letteralmente i ferri dalle mani!


 

giusi2
 

Uomini in fondo terrorizzati dalle spiccate capacità manuali delle colleghe al tavolo operatorio, naturalmente predisposte ai lavori manuali femminili come il "taglio e cucito"!
Oggi ricordo col sorriso la mia reazione a tali soprusi, spesso causa di frustrante amarezza ed iniziale consapevolezza dei limiti che mi avrebbero aspettata come giovane chirurga!
Ed ecco allora sorgere domande quali, avrò fatto la scelta giusta?... O, chi si farà operare da me che sono una donna?....
Perché, quanti di voi che leggete si rivolgerebbero ad una chirurga?
Ben pochi immagino....
E parlando della carriera delle chirurghe, quante primarie conosciamo? Probabilmente poche e spesso baciate dal privilegio del nepotismo!
Giunte a specializzazione, le donne chirurghe sperano nella tanto ambita carriera, ma è qui che emerge la difficoltà di divenire primarie!
Immaginiamo quanto sia difficile per chiunque e, a maggior ragione per una donna, riuscire a "schiodare" dalla propria poltrona un "barone" titolare di cattedra, che se proprio dovrà cedere il testimone, preferira' farlo con un suo diretto parente o amico!

Nella mia esperienza universitaria il ricordo di tante chirurghe satelliti all'astro principale rappresentato dal barone, relegate a far da "aiuto" in sala operatoria o a compilare cartelle nei reparti!
Dunque un bilancio non del tutto positivo in un ambiente ancora troppo maschilista e nepotistico!
Sei lunghi anni di specializzazione in chirurgia e sempre meno illusioni di far la chirurga, con tanta teoria e molti interventi eseguiti da aiuto o addirittura strumentista!

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Immaginate la frustrazione delle chirurghe nel non poter progredire nelle proprie carriere, spesso relegate all'attività di reparto e alla gestione delle cartelle cliniche!

Dopo un iniziale periodo di lavoro in pronto soccorso, da me ritenuto transitorio perché proiettata a trasferirmi appena possibile in un reparto chirurgico, scoprivo invece l'amore per l'emergenza a 360°!

Rinunciavo quindi a far la " chirurga frustrata" per occuparmi invece delle varie patologie delle branche mediche e chirurgiche dell'emergenza, dedicandomi inoltre ad interventi di piccola chirurgia! Ho dunque trovato la giusta maniera per non abbandonare del tutto quel bisturi che nelle mani di una donna rimane comunque uno strumento di alta precisione e competenza!
 

giusi3
 

Quello strumento che spero un giorno possa diventare l'ARMA di successo di tante giovani colleghe che con entusiasmo continuano ad iscriversi alle scuole italiane di chirurgia. Auguro a loro di poter finalmente percorrere agevolmente ed indiscriminatamente tutte le giuste tappe che le conducano con la sola meritocrazia ad essere le PRIMARIE CHIRURGHE del futuro!