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Taglio dei parlamentari, che errore. Le liste elettorali lo dimostrano
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Quando una democrazia rappresentativa è più attenta ai costi di rappresentanza che alla qualità dei parlamentari, allora si è già in un punto di non ritorno


Liste chiuse, primo tempo fatto. Duplice fischio per queste calde, nei temi e nei tempi, elezioni balneari. Lotte intestine, delusioni, fuoriuscite dell’ultimo secondo. Tant’è che l’unica lista lunga ed affollata, oggi, sembra essere quella degli incazzati.

Parlamentari che non varcheranno più la soglia di Palazzo Madama o Montecitorio. Fedelissimi non più tali, amici diventati avversari, nemici che hanno stretto alleanze. Tanto caos e già una certezza: il taglio dei parlamentari è stato, evidentemente, un errore madornale. Non ci avevo mai creduto. Non pensavo potesse concretizzarsi davvero. Eppur si muove, eppur si è mosso. Eppur è stato fatto e votato. Eppure, oggi, già  demonizzato.

Perché quando una democrazia rappresentativa è più attenta ai costi di rappresentanza che alla qualità dei parlamentari, allora si è già in un punto di non ritorno. Risparmieremo un caffè al giorno. A testa. Ci dicevano così, era il mantra della campagna referendaria.  Ci siamo accontentati di caffeina barattandola con una magra rappresentanza. Che vuol dire meno democrazia rappresentativa e più democrazia elitaria. Che pian piano potrebbe dire tecnocrazia. E poi oligarchia. E poi altro… Che è meglio neanche scrivere.

Tutto per risparmiare un caffè. Il benedetto caffè, che, tra le altre cose, io risparmio da anni. Perché non mi piace.

Il dislike stavolta va a chi, il prossimo 26 settembre, si lamenterà ancora. Perché in democrazia rappresentativa il suo territorio non sarà degnamente rappresentato. O lo sarà solo sulla carta. Mentre io, imperterrito, continuerò a non bere caffè. E a credere nelle Istituzioni. Che, incredibile doverlo ancora precisare, hanno dei costi. Costi che tutelano anche la nostra libertà. Se non ce ne fossimo accorti.

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