Culture

Le folgorazioni alle origini dello sguardo di Pasolini regista

 

Bologna, 9 mar. (askanews) - Alle origini della visione di Pier Paolo Pasolini come cineasta. La Cineteca di Bologna, in occasione del centenario dalla nascita dell'intellettuale friulano, ha allestito una mostra che si snoda come un flusso di suggestioni sotto il centro cittadino: "Folgorazioni figurative", nel sottopasso di Piazza Re Enzo, è un viaggio nelle fonti, pittoriche, cinematografiche e non solo, che hanno dato poi forma allo sguardo del Pasolini regista, da "Accattone" a "Salò".Tra i curatori c'è anche Marco Antonio Bazzocchi, professore di Letteratura Italiana all'Università di Bologna. "Tutto il cinema di Pasolini - ha spiegato ad askanews - è basato sull'idea che questi artisti si possano mescolare tra di loro, li si possano contaminare. Dico contaminare perché è una parola che dal punto di vista espressivo a Pasolini interessa molto. Quindi possiamo vedere nei suoi primi film dei particolari che ci ricordano Masaccio, ci ricordano Caravaggio, ci ricordano qualche cosa del cinema delle origini, i film degli anni '20 e '30. Pasolini lavora sempre così, lavora per mescolanza, per ibridazione, mai nella purezza delle citazioni".Una mescolanza che, nei corridoi e nelle stanze della mostra bolognese, mostra la propria eterogeneità, ma anche la propria voracità, che investe, per esempio, pittori come Pontormo e Rosso Fiorentino, ma guarda anche al cinema, di Orson Welles, oppure di Murnau, per arrivare anche ai "Tempi moderni" di Charlie Chaplin."Non si tratta di mere citazioni - ci ha detto Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi Pier Paolo Pasolini e co-curatore dell'esposizione - ma di un'assunzione di alcuni elementi che vengono proprio anch'essi metabolizzati, vengono assorbiti nel cinema di Pasolini e poi comunque trasformati in qualcosa di suo, diventano parte del suo cinema stesso".Così, se per raccontare la borghesia di "Teorema" e gli orrori delle vite che ambiscono a una impossibile rispettabilità, Pasolini ricorre a Francis Bacon, per entrare nel martirio dei giovani di "Salò" il regista guarda a Bosch, alle visioni internali, ma anche a un cannocchiale dipinto da Giacomo Balla. "Se non ci fossero le immagini - ha concluso Bazzocchi - Pasolini non avrebbe dato la forza che ha dato alle sue idee e le sue immagini sono immagini e pensiero nello stesso tempo, così come i suoi pensieri sono anche immagini".E sono immagini importanti anche quelle dell'ultima sala, che raccontano la performance "Intellettuale" di Fabio Mauri del 1975, con la proiezione de "Il Vangelo secondo Matteo" sul corpo stesso di Pasolini. Quel corpo che poche settimane dopo sarebbe stato massacrato su una spiaggia. Ma alle pareti della mostra c'è anche una frase che forse può essere una sorta di speranza, con cui l'esposizione si chiude: "Non esiste la fine".