Roma, 7 giu. (askanews) - Nuotare nella piscina dell'Aquatic Olympic Centre di Atene è una cosa naturalissima per Ibrahim Al Hussein. Questo atleta di origini siriane, 32 anni, punta alle Paraolimpiadi di Tokyo, un viaggio tutt'altro che semplice. Ibrahim ha infatti perso una gamba e ha un impianto di metallo inserito nell'altra in seguito a un bombardamento in Siria nel 2012. Agli altri rifugiati dice: "Niente è impossibile"."Se fossi rimasto nel mio paese sarei morto - ha raccontato in un fluente greco a France Presse - c'è molta carestia. Questo è il motivo per cui ho deciso di lasciare la Siria"."Se avessi ancora le gambe, il mio sogno era di partecipare alle Olimpiadi, ma non ci sono riuscito. Quando ho perso le mie gambe e ho iniziato ad allenarmi e a nuotare, sono riuscito a qualificarmi per le Olimpiadi. Ci sono riuscito senza gambe, con le gambe non ci sono riuscito"."Dopo cinque o sei anni molto duri, ho dimenticato tutto il dolore e le sofferenze nel momento in cui ho tenuto la bandiera a Rio (per il team degli atleti paralimpici indipendenti). Mi ha portato tanta gioia e felicità".Quando aveva 15 anni da Deir ez-Zor, in Siria, seguiva le imprese dei campioni Ian Thorpe e Michael Phelps alle Olimpiadi del 2004 nella capitale greca. Ibrahim, che ha imparato a nuotare in 5 anni, ha dovuto abbandonare il suo Paese, prima rifugiandosi in Turchia e poi in Grecia, dal 27 febbraio 2014, giorno in cui "sono nato una seconda volta", dice."Voglio mandare un messaggio a tutti i rifugiati dalla salute compromessa, soprattutto a coloro che ho visto in Turchia e in Siria. Tutto è possibile. Ovunque tu finisca, puoi fare quello che vuoi con la tua vita. Che tu sia compromesso o no, puoi fare quello che vuoi".