Coronavirus

Covid, nuova terapia efficace: le cellule T. Immuni per anni, cura chi è grave

di Antonio Amorosi

Ricerca spagnola trova nuova terapia. Cellule T, facilmente riproducibili e iniettabili ai malati. Sistema immunitario difeso per anni con gli anticorpi...

La nuova strada per combattere il Covid si chiama cellule T. Lo studio spagnolo “Sars-CoV-2-Specific Memory T Lymphocytes From Covid-19 Convalescent Donors: Identification, Biobanking, and Large-Scale Production for Adoptive Cell Therapyche”, pubblicato sulla rivista specializzata Frontiersin, spiega come sia possibile riprodurre e dare a chi è colpito dalla malattia queste cellule che abbiamo nel nostro corpo, le cellule T, che possono combattere la Sars Cov 2.

Le cellule T (o linfociti T) sono componenti del sistema immunitario che aiutano a eliminare i virus e a stimolare la produzione di anticorpi. Una ricerca di Nature aveva già raccontato come le cellule T rimangono attive nel corpo umano di ognuno. Secondo l'immunologo John Wherry dell'Università della Pennsylvania a Filadelfia, possono non solo proteggere da gravi malattie, tra cui l’assalto dell’attuale virus, ma anche farlo per un tempo lungo. Sarebbero state proprio questo tipo di cellule a far sì che alcuni coreani si siano ritrovati, ad inizio pandemia, immuni dalla Sars-Cov 2, senza aver fatto nulla. Solo perché erano già stati colpiti da un'infezione di Coronavirus negli anni precedente. “La presenza di cellule T della memoria specifiche per un altro Coronavirus Sars”, scrivono gli autori spagnoli, “è stata riscontrata fino a 11 anni dopo l'infezione. Questa memoria immunologica crea una risposta immunitaria secondaria più rapida e robusta alle reinfezioni”.

Nel giugno dell’anno scorso ci aveva fatto intravedere la percorribilità di questa strada terapeutica per sconfiggere il Covid il professor Giulio Tarro: “Si è notato che nel 50% di chi ha avuto un contatto con altri Coronavirus si hanno queste cellule T che agiscono contro il Covid 19".

Appurato che le cellule T restano nella memoria del sangue dei soggetti convalescenti esse si possono riprodurre per ridurre la gravità dei sintomi del Covid-19, rispondendo rapidamente alle infezioni e fornendo una protezione immunitaria a lungo termine. I ricercatori spagnoli spiegano come sia possibile riprodurre queste cellule per inocularle ai malati facendolo su “piccola scala”, in modo “rapido ed economico” e con una manipolazione cellulare davvero minima.

“Queste cellule”, scrive lo studio, “possono essere conservate per l'uso in casi moderati e gravi di pazienti Covid-19 che richiedono il ricovero in ospedale, rappresentando così un farmaco vivente pronto all'uso”.

L’uso delle cellule T potrebbe rappresentare un trattamento efficace e a “differenza del plasma, dove la concentrazione diminuisce dopo l'infusione, i linfociti T della memoria si espandono e proliferano e dovrebbero quindi avere un effetto più duraturo”. Tradotto: con le cellule T riusciamo ad avere un’immunità che dura anni, a differenza del plasma dei convalescenti con grandi quantità di anticorpi (anche con il plasma iperimmune) che hanno un effetto positivo sui pazienti ma limitato nel tempo. Questa strada potrebbe risultare anche più efficace del vaccino che per forza di cose va usato in via preventiva e probabilmente con più inoculazioni all’anno e resta inutilizzabile come arma per i malati con infezione in corso.

In più le cellule T di memoria, efficaci contro la Sars-CoV-2 sono state trovate anche “in donatori convalescenti con sintomi lievi”, scrivono i ricercatori. E questa è una scoperta fondamentale perché ci permette di ampliare in modo vertiginoso il numero di cellule che potremmo utilizzare su larghissima scala, vista la disponibilità.

“Questi fattori rendono possibile la creazione di una biobanca o di uno stock dal sangue di donatori convalescenti”, racconta la ricerca, “che sarebbe immediatamente disponibile ‘off the shelf’ per i focolai successivi, aumentando le opzioni terapeutiche nell'attuale pandemia di Sasr-CoV-2”, e curare i pazienti lievi e salvare quelli gravi e ospedalizzati. Ora si tratta di capire se i governi e le aziende farmaceutiche decideranno di investire su questa terapia che sembra essere efficace e meno invasiva di altre azioni farmacologiche.