Sonno e disturbi del linguaggio, così inizia la demenza
A Londra l'Alzheimer’s Association International Conference, la più importante conferenza mondiale degli scienziati impegnati nella ricerca su questa malattia
di Paola Serristori
I disturbi del sonno, del linguaggio, dell’ascolto possono essere sintomi dell’inizio del processo di malattia del cervello, che perde abilità e si deteriora sino alla demenza, di cui l’Alzheimer è la forma più grave. All’annuale conferenza mondiale Alzheimer’s Association International Conference (AAIC 2017) gli scienziati presenteranno a Londra (16-20 luglio) gli studi più avanzati per contrastare l’invecchiamento cognitivo. Tra i temi al centro dell’attenzione s’impone la qualità e durata del sonno. In particolare, nelle ricerche su persone ancora cognitivamente normali o con una lieve perdita di abilità l’apnea notturna appare collegata ad una maggiore quantità di accumuli delle proteine amiloide e tau, che “intossicano” i neuroni.
Invece una buona fase del sonno cosiddetto REM (in cui inconsciamente si verificano rapidi movimenti degli occhi), su cui si è incentrato il Framingham Heart Study, è importante per ridurre i rischi di demenza. I ricercatori di University of Wisconsin hanno scoperto che i cambiamenti del linguaggio e le difficoltà di ascolto sono legati al deterioramento cognitivo lieve. Tutte queste conoscenze su sintomi talvolta trascurati al primo incontro dai medici di base contribuiscono a comporre un quadro di prevenzione, che si spera possa essere imposto all’attenzione generale anche con programmi di salute nazionale.
Un terzo dei casi di demenza sarebbe evitato da uno stile di vita basato sulla prevenzione (The Lancet Commission report). Nelle diagnosi l’esame PET fornisce la migliore risposta iniziale ai clinici, evitando errori di diagnosi e di terapie. Il cervello è un organo complesso, che si adatta ai cambiamenti, ma anche registra gli eventi stressanti che possono averlo “danneggiato”. Un ambiente familiare e culturale svantaggiato indebolisce la mente, un trauma nei primi anni di vita equivale a quattro anni di invecchiamento.