Cronache

Caso Unicredit, la verità di Bulgarella su Palenzona e Messina Denaro

di Lorenzo Lamperti
twitter11@LorenzoLamperti

Andrea Bulgarella, come sta vivendo queste settimane?

Sono settimane durissime. Non ho dormito per 23 notti consecutive. Sono momenti difficilissimi nei quali ci si interroga sul perché ti possano accadere certe cose anche quando si è sempre fatto tutto per bene. E' dura, anche perché stanno soffrendo tante persone che lavorano con me.

La decisione del Tribunale del Riesame la soddisfa?

E' un primo passo. Io non mi posso rimproverare nulla. Pur vivendo in un territorio difficile non ho mai ceduto. Sono 43 anni che lavoro in un'azienda che esiste da 115 anni. Un'azienda non qualunque, nella quale ancora ci sono operai che avevano lavorato con mio nonno o con mio padre. Qui non si licenziano le persone. E' un'azienda che mette il cuore in quello che fa e questa gente ha pianto perché da un momento all'altro si sono visti infangati e in mezzo a una strada, pur sapendo che noi eravamo a posto.

Eppure i pm hanno montato un'inchiesta molto dura su di lei dove si parla anche di rapporti con Cosa Nostra. Si è spiegato come mai?

Assolutamente no. Non ho mai trattato con mafiosi.  Io personalmente ero un sognatore, ma questa storia mi ha distrutto e ora non sogno più. Sono cresciuto sempre con due fari nella mia vita: le istituzioni e le banche. Ma le istituzioni e le banche sono fatte di uomini. Ci sono tanti uomini veri e ogni tanto, citando Leonardo Sciascia e il mio grande amico Damiano Damiani (il regista de Il giorno della civetta che ho avuto il privilegio di conoscere), ci sono quaquaraquà. Io ritengo che le istituzioni facciano sempre bene a controllare le persone e le aziende ma non devono essere superficiali. Non si può distruggere un'azienda di 115 anni. Credo che purtroppo essendo siciliano pago un prezzo altissimo. Non si può pensare che tutto ciò che viena dalla Sicilia debba avere a che fare con la mafia.

Qual è il suo rapporto con Palenzona?

Io Palenzona lo conosco come posso conoscere il Papa. Nel senso che l'ho visto da lontano un paio di volte ma non sono mai andato a cena con lui né ci ho preso il caffè. Il mio rapporto con le banche è molto cambiato negli ultimi anni, perché evidentemente le banche non esistono più, soprattutto in Sicilia. Noi troviamo grande difficoltà oggi a parlare con le banche. Fino al 2008 le banche davano soldi a tutti, compresi gli imbecilli, gli incapaci senza mestiere. Con la crisi sono sfuggite, invece di restare al fianco delle persone e degli imprenditori veri. Anzi, tutto il contrario: è da 7 anni che le banche non fanno altro che chiedere i rientri agli imprenditori veri. Oggi non si può programmare più nulla perché le banche non esistono più. Hanno distrutto l'economia reale non aiutando chi lo meritava e chi era realmente impegnato nel territorio. Da tempo non ho nessun rapporto con nessun banchiere.

La ristrutturazione del debito della sua azienda è finita sotto la lente dei pm. Qual è la situazione economica reale della sua azienda?

E' una delle aziende più sane d'Italia. Non ho mai avuto problemi. Semplicemente ho chiesto, da persona seria, di ristrutturare qualche mutuo per non dover licenziare nessuno. Questa ristrutturazione è durata 6 anni fino a quando 3 anni fa chiedendo i miei diritti ho fatto delle perizie scoprendo degli sbagli. Ho chiesto di verificare queste cose e chiedere indietro queste somme, soprattutto in un momento di poca liquidità.

E queste somme le ha avute?

No, la ristrutturazione e l'accordo non sono stati fatti ancora. Non c'è stato nessun impegno né niente.

Per quanto riguarda i presunti legami con Cosa Nostra che cosa si sente di dire ai pm?

Io non ho davvero nulla da nascondere. Come ho detto subito dopo la notizia dell'inchiesta ho immediatamente chiesto di parlare coi pm perché non ho assolutamente nulla da nascondere. Nel corso degli anni ho fatto tantissime denunce su alcuni eventi non limpidi proprio per evitare qualsiasi tipo di dubbio o sospetto. Come anche le pietre sanno, sono andato via dalla Sicilia proprio per sottrarmi al sistema affaristico degli appalti. Non ho mai fatto cortesie o favori, né chiesto una variante come strumento urbanistico. Non ho bisogno di queste cose e non ho mai sbagliato, anche se capisco che esista qualcuno che può sbagliare anche perché lo Stato non c'è. Io, insieme ai miei lavoratori, ho lasciato la mia terra proprio per poter lavorare con tranquillità. Abbiamo fatto davvero dei grandi sacrifici e non abbiamo mai sbagliato.

In un'intercettazione lei definisce Matteo Messina Denaro un "quaquaraquà". Come spiega questa sua affermazione?

Riprendo di nuovo la lezione di Sciascia e Damiani. Anche io ho imparato a dividere le persone in uomini, ominicchi, ruffiani e quaquaraquà. Un mafioso non può essere un uomo, solo gli ignoranti possono rivolgersi a Cosa Nostra. Ma io Messina Denaro non lo conosco né direttamente né indirettamente. Non sono nemmeno mai andato a Castelvetrano, che è a 150 chilometri da Erice, la mia città. Non ho mai fatto lavori fuori da Trapani.

Che cosa si aspetta dal proseguio dell'indagine e dal futuro?

Non mi aspetto nulla, ho finito di sognare. Ritengo di non poter più lavorare. Lo Stato non mi protegge e non si può combattere soli contro tutti. Spero solo di salvare la mia azienda e regalarla ai miei dipendenti.