Cronache
Caivano, minacce di morte a Meloni. Intimidazioni ai parenti delle vittime
Nell’indagine scatta l’analisi anche degli smartphone dei famigliari, che avrebbero ignorato dettagli sulla vita delle bambine
Caivano, minacce di morte a Meloni
Dopo le minacce nei cortei, quelle via web. Alla vigilia della sua visita a Caivano per portare solidarieta' alle giovanissime vittime dello stupro di gruppo, rispondendo all'invito di Don Patriciello, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e' stata bersaglio di minacce di morte provenienti da alcuni profili social. Alla base delle minacce, stando a quanto affermano gli stessi haters, ci sarebbe la decisione del governo di sospendere l'erogazione del reddito di cittadinanza ad alcune migliaia di percettori ritenuti abili al lavoro.
Nei giorni successivi all'ufficializzazione della revoca del sussidio, ci sono state delle manifestazioni di protesta, concentrate soprattutto nell'area di Napoli, e nel corso di queste ci sono stati anche cori violenti e minacce di morte nei confronti del premier. Stamani, in alcuni commenti all'annuncio della visita a Caivano, sono tornate le minacce, stavolta virtuali, giustificate sempre con lo stop al reddito: "Io ti consiglierei di stare a casa", scrive una ragazza campana, aggiungendo "sei sicura che tornerai?". Piu' esplicita un'altra donna, che nei commenti scrive rivolgendosi direttamente al premier: "Speriamo rimani morta a Caivano", mentre dal profilo di un laboratorio artigianale, sempre nei commenti, esprimono la speranza che almeno Meloni vada via da Caivano "con qualche ammaccatura".
Stupri di Caivano, caccia ai video dell'orrore: analizzati anche i cellulari dei familiari delle vittime
Nuovi sviluppi sul caso di Parco Verde di Caivano, diventato tristemente famoso per i presunti stupri avvenuti ai danni di due bambine. Violenze reiterate su cui la procura di Napoli Nord sta indagando, e per cui ha dato 30 giorni a un perito per analizzare i cellulari dei due maggiorenni finora indagati nella vicenda, due ragazzi di 18 e 19 anni. La procura minorile invece indaga al momento su otto minori tra i 14 e i 17 anni. L’incarico è stato affidato all’ingegnere Giuseppe Testa, scrive Il Mattino, uno specialista esperto che già in passato si è occupato di casi simili; la procura gli ha chiesto la consegna della prima relazione entro un mese, e non due come avviene più frequentemente.
L’accelerazione è anche legata a chiarire il prima possibile i sospetti che man mano sono emersi dalle prime analisi degli smartphone degli indagati. L’obiettivo è innanzitutto recuperare chat e video scambiati all’interno del gruppo, ma anche all’esterno. Il sospetto è che le immagini raccolte dai ragazzini siano finite in vendita in determinati canali, dove gli acquirenti nel mercato dei video pedopornografici di certo non mancano. Il materiale che emergerà dagli smartphone dovrà chiarire anche i percorsi fatti dai video che una delle vittime avrebbe inviato a uno dei minori indagati. Immagini di autoerotismo scoperte dal padre del 16enne prima del sequestro dei carabinieri.
Altri chiarimenti dovranno essere fatti sull’altra vittima, la più piccola. Agli inquirenti la bambina di 10 anni ha raccontato di essere stata costretta dall’allora presunto fidanzatino a rapporti sessuali completi da quando aveva otto anni e mezzo. E le indagini riguardano anche i genitori delle due vittime, su cui gli inquirenti stanno cercando di verificare quanto le famiglie abbiano adottato il controllo genitoriale sulle ragazzine e quanto invece avrebbero ignorato nel corso del tempo.